16 agosto 1924 – 16 agosto 2024: 100 anni dal ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti, ucciso dai fascisti 2 mesi prima

«Pellegrino del nulla» appare a noi Giacomo Matteotti quando consideriamo la sua vita e la sua fine in relazione con tutte le circostanze che dànno ad esse un valore non più «personale», ma di indicazione generale e di simbolo” (Antonio Gramsci).

Il 16 agosto di 100 anni fa il corpo di Giacomo Matteotti fu ritrovato dal cane di un guardiacaccia nelle campagne del comune di Riano, in zona Quartarella, a circa 22 km da Roma. Ad ucciderlo circa 2 mesi prima, il 10 giugno, fu una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini, membro del gruppo segreto Ceka agli ordini del Partito Nazionale Fascista (diverso dal servizio segreto sovietico).

Dùmini, insieme a Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo, sequestrarono Matteotti. Nella fase più concitata del sequestro, Giuseppe Viola prese un pugnale e colpì Matteotti sotto l’ascella ed al torace, provocandone la morte. In seguito, i membri della banda girovagarono per la campagna romana e arrivarono alla macchia della Quartarella dove seppellirono sommariamente il cadavere.

A scatenare l’ira di Mussolini e dei fascisti fu il discorso pronunciato da Matteotti alla Camera dei Deputati il 30 maggio, nel quale denunciò una nuova serie di comprovate violenze, illegalità e abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le precedenti elezioni. Il giorno seguente il suo sequestro e omicidio era previsto un altro discorso sulla corruzione del governo, in particolare sulla vicenda delle tangenti della concessione petrolifera alla Sinclair Oil.

100 anni fa, il 16 agosto 1924, fu la cagnetta Trapani a ritrovare il cadavere, dando tragicamente fine alle ricerche con un esito purtroppo scontato. Il primo a vedere il corpo fu Ovidio Caratelli, brigadiere dei Carabinieri in licenza e figlio di un guardiano della tenuta. Il clima estivo e l’ambiente boschivo contribuirono a far decomporre in maniera importante il cadavere, al punto da rendere necessaria una perizia odontoiatrica per il riconoscimento. Solo qualche giorno prima, il 12 agosto, il cantoniere Alceo Taccheri consegnò alla stazione dei Carabinieri di Scrofano (oggi Sacrofano) una giacca crivellata dai proiettili, sporca di sangue e di fango e mancante di una manica, che aveva trovato in uno scarico d’acqua lungo la Via Flaminia; la manica mancante fu rinvenuta il giorno successivo durante un’ispezione dello stesso scarico. Fu accertato che la giacca apparteneva a Matteotti.

La mattina del 16 agosto, alle 10:00 circa, giunsero a Riano le automobili dei magistrati della sezione d’accusa. A breve distanza di tempo arrivò anche il collegio di difesa degli imputati. I parenti del compianto deputato arrivarono alle 10:15; la vedova non fu invitata per risparmiarle l’orribile visione del mucchio di ossa a cui era ridotta la salma.

Fra gli esponenti del governo serpeggiò il timore di disordini, tanto che il ministro Federzoni, su ordine di Mussolini, apparecchiò un treno affinché il corpo venisse trasferito nel paese natale, Fratta Polesine. Il convoglio partì il 19 agosto alle 18 da Monterotondo e giunse alle 6 del mattino del giorno successivo.  Il trasporto notturno fu imposto dal governo contro i desideri della vedova (che intendeva partire la mattina dopo) per impedire manifestazioni pubbliche al passaggio del treno. Nonostante ciò, lungo il tragitto, migliaia di persone con il cappello in mano, la testa chinata e in rigoroso silenzio, omaggiarono Matteotti. La bara fu ricoperta di garofani rossi.

Nel prendere accordi con il ministro dell’Interno Federzoni per il trasporto della salma, la vedova di Matteotti, Velia Titta, chiese che durante il trasporto e durante il funerale non fossero presenti esponenti del Partito Nazionale Fascista e della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (camice nere).

Chiedo che nessuna rappresentanza della Milizia fascista sia di scorta al treno: nessun milite fascista di qualunque grado o carica comparisca, nemmeno sotto forma di funzionario di servizio. Chiedo che nessuna camicia nera si mostri davanti al feretro e ai miei occhi durante tutto il viaggio, né a Fratta Polesine, fino a tanto che la salma sarà sepolta. Voglio viaggiare come semplice cittadina, che compie il suo dovere per poter esigere i suoi diritti; indi, nessuna vettura-salon, nessun scompartimento riservato, nessuna agevolazione o privilegio; ma nessuna disposizione per modificare il percorso del treno quale risulta dall’orario di dominio pubblico. Se ragioni di ordine pubblico impongono un servizio d’ordine, sia esso affidato solamente a soldati d’Italia“.

I funerali furono molto partecipati: in tantissimi salutarono per l’ultima volta il deputato assassinato. Al termine della cerimonia la bara fu posta temporaneamente nella cappella della famiglia Trevisan. La salma fu esumata il 12 ottobre 1928 per essere tumulata nella tomba della famiglia Matteotti, una cappella intonacata di grigio chiaro; il sarcofago in marmo nero fu donato tramite una sottoscrizione di lavoratori socialisti belgi.

La brutalità della sua fine rendono ancora oggi Giacomo Matteotti un martire della libertà, il suo coraggio e la sua devozione riecheggiano insieme alla sua memoria negli ideali in cui credeva.

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