Dopo aver dato l’esame di terza media, si presenta a tutti i ragazzi il grosso problema: continuare gli studi (e quali?) e trovarsi magari disoccupati dopo cinque anni oppure mettersi subito alla ricerca di un lavoro e assicurarsi così un futuro? Oggi, poi, con l’aumento della disoccupazione e la crisi economica, la prospettiva di lunghi studi incute una certa preoccupazione. Eppure, pensano molti, nella società attuale chi ha una scarsa cultura non può certo sperare di imporsi e raggiungere alti livelli sociali.
D’altra parte i disoccupati diplomati o laureati stanno a dimostrare il contrario. Insomma oggi non è più vero quello evidente parecchi anni fa, quando titolo di studio significava un buon lavoro. In questa situazione confusa, la scelta fra due possibilità viene affidata al caso, alle indicazioni dei professori, alle aspirazioni dei genitori, alle preferenze dei ragazzi. In ogni modo ciascuna soluzione presenta aspetti positivi e aspetti negativi. Chi sceglie di studiare, sa che, bene o male, riuscirà ad approfondire almeno in parte la sua preparazione culturale. Sul suo capo pende, però, lo spettro della disoccupazione e di una dipendenza economica dai genitori a tempo indeterminato. Tutto ciò rappresenta certamente per lo studente un peso, una situazione contraddittoria, che lo vedrà adulto, o quasi, dover chiedere ancora a i genitori di essere mantenuto. Ecco allora nascere la figura dello studente -lavoratore part-time. Il problema è che diventa sempre più difficile anche trovare un lavoro di questo genere, che lasci al ragazzo la possibilità di studiare. Così impegnato nel lavoro, lo studente finirà per prolungare gli anni accademici all’infinito, rimanendo per molto tempo in una situazione di semi-studente e semi-lavoratore.
La condizione di studente lo isolerà dalla vita concreta per troppo tempo, la maturità psicologica avverrà in una sola direzione, quella culturale, mentre dal punto di vista pratico il giovane rimarrà in ritardo rispetto al suo coetaneo lavoratore. Quest’ultimo, messo molto presto a contatto con le difficoltà della vita, coi problemi di lavoro, acquista una maturità precoce, ribadita dall’indipendenza economica che lo spinge a crearsi una famiglia molto prima del giovane studente. La sua crescita culturale, d’altra parte, repressa dagli impegni di lavoro, rimane spesso bloccata a quel livello di scuola media a cui si è fermato. La crescita culturale comunque è molto importante nella società di oggi e la scuola, nonostante tutte le arretratezze e incongruenze, rimane pur sempre l’unico stimolo allo studio, l’unico veicolo di cultura davvero reale per i giovani sottoposti a infinite distrazioni. Se però lo studio deve diventare fatica o, addirittura, dramma, è molto più positivo il lavoro. Ognuno deve scegliere sulla base delle sue personali aspirazioni e capacità. (V.L.)