Origini delle maschere

L’origine delle maschere è molto antiche, addirittura da ricercarsi nell’era preistorica. In molti graffiti di quell’epoca sono rappresentate delle figure umane danzanti, camuffate con pellicce di animali. Gli stregoni si coprivano con le pelli degli animali e propiziavano la caccia con balli rituali. Ancora oggi molti popoli primitivi usano mascherarsi per spaventare gli spiriti maligni. Nell’antica Grecia, invece dall’uso religioso si passò a quello teatrale.

E dal mondo greco, per mezzo delle colonie della Magna Grecia, le maschere giunsero anche nel territorio italiano. Verso il terzo secolo avanti Cristo, cominciarono a girare per le città delle compagnie di attori girovaghi, probabilmente provenienti da Atella in Campania, e perciò chimati atellani. Essi facevano uso di maschere ed i loro personaggi presero presto piede diventando riconoscibili. Fu verso la fine del XVI secolo che si diffusero in Italia le maschere che sono giunte fino a noi e questo grazie alla Commedia dell’Arte.

Questa forma di teatro è stata la culla di tutte le maschere a noi note. A Parigi, per oltre due secoli, esse ebbero un teatro a loro disposizione e poterono vantarsi del titolo di Comèdiens du Roi (Attori del Re). Il declino del teatro delle maschere si deve proprio ad uno dei più grandi commediografi italiani: Carlo Goldoni. Egli abolì dai testi delle sue commedie l’importanza di questi personaggi rilegandoli al ruolo di comparse. Scomparsi dal teatro le maschere sopravvissero solo nelle piazze, durante le feste. Tra queste da ricordare:
Arlecchino, nato nel 1572 a Bergamo. Parla un dialetto veneziano, Bergamo allora era dominio veneziano; ha un bastone con il quale colpisce chi non vuol sentire le sue . E’ un servitore astuto,ficcanaso, attaccabrighe, scansafatiche, ingordo e goloso.
Pulcinella, è l’Arlecchino di Napoli. Ha un carattere bonario, rassegnato e meditabondo.
Brighella, è anch’esso bergamasco. Agisce spesso con Arlecchino anche se è più ingenuo e quindi paga spesso per il suo compagno.
Balanzone, è la maschera di Bologna e perciò satireggia il tipo del dottore, del sapientone. Il suo abito è quello dei medici del 1600. In realtà è un ignorantone che vuol darsi le arie di erudito e perciò snocciola a sproposito lunghi discorsi nei quali infila un po’ di tutto. Il suo dialetto è un miscuglio di latino, italiano e bolognese.
Capitan Fracassa, è preso in prestito dalla Spagna, capitano fanfarone e pieno di boria, squattrinato e molto attento alla propria pellaccia. Quando si muove produce un suono di ferraglia, a causa delle armi e dello spadone che porta alla cintola. Ha la voce tonante, lancia terribili minacce a tutti ma in realtà è molto funo e niente arrosto.
Colombina, ritrae il tipo della servetta allegra, vanitosa e pettegola. Con le sue moine conquista il cuore di Arlecchino. Colombina prende anche il nome di Smeraldina o Corallina.
E poi ci sono Meneghino a Milano, Gianduia a Torino, Rugantino a Roma, Scaramuccia a Napoli, Sandrone a Modena, Gianguardolo in Calabria, Capitan Spaventa a Genova, Stenterello a Firenze, Fagiolino a Reggio Emilia, Gioppino a Bergamo, Beppe Nappà in Sicilia.

Oggi queste maschere sono quasi sparite per lasciare posto a personaggi dei cartoni animati, meteore di passaggio nello scenario carnevalesco. Bello sarebbe se si ritrovasse lo spirito di queste antiche maschere e si rifacessero vivere come facevano le nostre mamme e le nostre nonne, che cucivano in casa i costumi, ed erano di una bellezza intrisa di amore che non ha paragoni con quelli di oggi.

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