La marea cartacea. Libri senza lettori

Nonostante la crisi, una delle tante malattie del nostro tempo è la proliferazione di libri di ogni genere, poiché la stampa digitale permette di tenere in catalogo pubblicazioni a rotazione bassa, stampando poche copie solo e se servono. La rete ha creato un mercato di nicchia, che porta sì a un allargamento della cultura ma anche al soffocamento di un’area di vendita incapace di digerire l’abbondanza di argomenti spesso oziosi, frivoli, alla moda e poco documentati.

L’Associazione Italiana Editori da molti anni pubblica i principali dati di riferimento dell’editoria, attraverso sondaggi che l’ufficio studi realizza sul settore e su particolari “trend” del mondo editoriale. I risultati dovrebbero essere strumenti utili a far riflettere editori, librai e giornalisti per comprendere com’è cambiata (attraverso i numeri) l’editoria dagli anni Novanta a oggi.

A una prima stima forse gli elementi potrebbero essere imponenti ma non devono comunque trarre in inganno: la marea cartacea prodotta in Italia si colloca ben alle spalle di quella europea. Il problema è che da noi quest’oceano culturale crea un’enorme confusione dove i libri di ricerca, saggistica e storia trovano pochissimi lettori anche tra addetti ai lavori, che leggono distrattamente e poco.

In Italia escono circa 159 libri il giorno, per un totale di 3000 novità il mese. Il 60% della produzione (anche locale) vende solo alcune copie: molte sono regalate ad amici, parenti e uomini politici.

In questa situazione, occorre tener presente che gran parte dei volumi esposti nelle librerie finisce al riciclo, mentre gli editori adottano tattiche diverse per “galleggiare” su un mercato ormai asfittico.

Di solito si adotta la strategia della pentolaccia: batti e ribatti recuperi laddove cinque libri andati bene, ti ripagano di cento fallimenti (è il caso dei libri del sottoscritto venduti da Controcorrente Edizioni di Napoli).

La maggioranza delle case editrici, poi, per risparmiare fa leggere i manoscritti a persone che non sono qualificate per settore, come invece accadeva un tempo. In realtà sono studenti freschi di laurea, sottopagati, con contratti a termine (quando ci sono)  e quindi poco motivati.

Oggi il libro cartaceo deve vendere in fretta: nelle librerie potrà essere esposto al massimo alcuni mesi e poi tornerà indietro, perché la cultura del best-seller ha soppiantato quasi del tutto quella più rigorosa di saggistica e storica. Addirittura, la narrativa straniera prodotta da nomi già affermati, nonostante costi di più rimane la più gettonata. Talvolta, infatti, si risparmia sulla traduzione che viene finanziata da istituti di cultura estera. Oltretutto, diventa più facile creare il caso editoriale o la curiosità intorno a un autore che in America o in Europa ha già venduto milioni di copie. Le case editrici spesso per stampare un libro ricorrono anche agli sponsor (ossia banche), associazioni o istituzioni, oppure pubblicano solo dietro pagamento dello scrittore (a volte in modo corretto, altre meno).

Purtroppo, i libri stampati con un contributo finanziario da parte dell’autore hanno breve vita perché privi di un’adeguata distribuzione. Addirittura lo scrittore può essere obbligato ad acquistare un numero di copie capace di compensare le spese di stampa, nonostante i bassi costi del digitale. D’altronde, in questo periodo di crisi dove il libro e la cultura assumono un carattere davvero marginale rispetto ai bisogni giornalieri, la parola d’ordine in Italia è: arrangiarsi per “campare” sulle velleità della marea infinita di scrittori esordienti. Ormai tutti scrivono e pochi leggono.

Benvenuti, quindi, nel fruttuoso affarismo italiano dell’editoria a pagamento e dei tipografi travestiti da editori che ne tengono le redini!

Per il resto il 2014 è stato un anno ancora di “segno meno”, dove si è ristretto (ancora) il bacino dei lettori (-3,4%, sono 848.000 in meno). Si ridimensiona il mercato (-3,6%), si conferma l’andamento negativo nel numero di titoli pubblicati (-3,5%); diminuiscono le copie vendute di “carta” (-6,4%); ma non sappiamo quanti download di ebook sono stati realizzati (giacché Amazon non fornisce i dati al riguardo).

Un periodo sicuramente negativo ma da decifrare con attenzione perché dietro ad esso potrebbe nascondersi una qualche trasformazione che il settore sta attuando per sopravvivere.

Qui riportiamo i principali indicatori del 2014, dando uno sguardo sul primo semestre 2015 ripreso dal Rapporto AIE: innanzitutto crescono gli editori piccolissimi; sono 1.190 le case editrici che hanno pubblicato più di dieci libri nel 2014 (+0,3%). Troppe per un Paese con indici di lettura così bassi? Forse, ma da più parti si sostiene: «Non è anche questo un indice del cambiamento, di nuovi progetti editoriali che si affacciano sul mercato, che propongono mix inediti tra carta, digitale e servizi? Non è forse un indice di vitalità del settore che esplora nuovi generi e nuove letterature?»

Ai circa sessantamila nuovi titoli su carta apparsi nel 2014, si aggiungono cinquantamila ebooks: diminuiscono i primi, forse aumentano quelli digitali. Scende ancora nel 2014 la produzione di titoli di vario genere: è -3,5% rispetto all’anno precedente.

Tuttavia, il dato generale mostra un andamento in controtendenza che riguarda un segmento dei libri per bambini e ragazzi (esclusi Young Adults), esso è cresciuto del 5,9% nel 2014. I titoli del settore educativo aumentano invece del +84,1% (un incremento dovuto a fattori esogeni e a quelli di mercato).

Il commercio del libro continua a scendere. È giunto ormai fino a quota 2,6 miliardi di euro il fatturato complessivo del mercato nel 2014, con una flessione del -3,6% sull’anno precedente. Sono 97,5 milioni di euro di minori introiti.

Il peso della lunga crisi si evince meglio in un confronto con il 2011: da 3,1miliardi a 2,6. In questa stima non sono considerate le vendite di libri allegati a quotidiani e periodici (circa 42,9 milioni di euro, -20% rispetto al 2013). Se prendiamo in considerazione anche i mercatini e le fiere dell’usato, dove la vendita dei classici della narrativa costituisce parte importante e crescente per l’equilibrio economico, il calo si attenuerebbe leggermente per effetto di merceologie integrative del libro: -2,2% rispetto al 2013.

Il mercato, però, non è più fatto solo di libri e file di ebook da scaricare da una piattaforma internet: per leggere serve uno strumento in più (e-reader, ma anche tablet e tra un po’ smartphone), servizi elettronici che dovrebbero entrare quindi direttamente nella “spesa della lettura” degli italiani.

Così tra 2013 e 2014 (considerando solo gli e-reader) la spesa degli italiani per acquistare libri non cala del -3,6% ma dell’1,3%.

Tutto questo potrebbe significare che occorre guardare in modo diverso nel campo dell’editoria e operare ancora meglio, tenendo presente nuovi potenziali clienti e lettori che arrivano ai contenuti (libri o ebook o materie Internet) lungo percorsi molto diversi rispetto a quelli di qualche tempo fa. Più che altro ci riferiamo alla fascia dei giovani (pochi rispetto alla popolazione anziana, ancora legata al cartaceo).

Indubbiamente scendono i prezzi di copertina, sia dei libri di carta (-6,4%) sia degli ebook (- 6,1%) al netto dell’Iva. Infatti, dietro questa politica di pricing, che è iniziata nel 2011 e si è progressivamente accentuata negli anni successivi c’è da una parte la volontà delle case editrici di sostenere la lettura in un contesto economico di minor disponibilità delle famiglie alla spesa, comprimendo i margini ma cercando al tempo stesso di recuperare efficienza (e quindi costi) nei processi produttivi e distributivi.

Da altra prospettiva occorre incentivare la leva del prezzo per creare un effettivo mercato digitale (quello dell’ebook) moderno ed efficiente.

Statistiche alla mano (non sappiamo se attendibili) ci fanno apprendere che i lettori di ebook nel 2014 sono 5 milioni (l’8,7% dei lettori di libri). Nel 2011 erano 1,1milioni e nel 2013 1,9 milioni. Nel 2014 la crescita è stata per la prima volta modesta (appena un +1%). Forse il dato riguarda solo la fascia giovane della popolazione (dai 15 ai 44 anni) dalla quale si può dedurre che questo modo di leggere è significativamente superiore alla media nazionale.

Infine, uno sguardo sul 2015. Il mercato nei primi sei mesi dell’anno riduce l’incidenza del segno meno ma (considerando solo i canali trade) non è ancora in grado di trasformarlo in un “più”: meno 2,8% il fatturato nei canali trade (dati Nielsen per AIE), – 4,8% le copie.

La percentuale si traduce in circa 2 milioni di libri venduti in meno (per la precisione 2,156 milioni in meno) e 15,8 milioni di euro in meno di fatturato.

Nel 1980 si pubblicavano 140 milioni di copie: meno di quante oggi se ne stampano di sole novità. Recentemente, dai 25.521 libri dei primi sei mesi del 2013 (ultime e nuove edizioni) si sono stampati 30.961 titoli pubblicati tra gennaio e giugno di quest’anno.

Il cambiamento produttivo più evidente avviene però con la crescita di libri in formato ebook: Un aumento del 50% tra l’intervallo gennaio-giugno 2014 e il corrispondente periodo di quest’anno. Erano 7.858 gli ebook pubblicati nel 2012; 13.403 (+70,6%) nel 2013; 14.684 nel 2014 e 26.908 nei primi sei mesi del 2015. Purtroppo, l’incidenza che l’ebook ha sulla produzione di carta ha raggiunto ormai la soglia dell’86,9% (era del 28,8% solo quattro anni fa).

Tornando al cartaceo, occorre affermare che lo smercio a stock dell’invenduto garantisce in qualche modo un introito pari al 5-7% del prezzo di copertina. D’altronde, come abbiamo spiegato, la stampa digitale ha permesso di tenere in catalogo libri a rotazione bassa (si vedano tutti quelli editi nella Marsica), stampando solo le copie necessarie.

 

Note

M.Targa, Libri: troppi, cari, fugaci (Fonte AIE), dicembre 2011
AIE, Associazione Italiana Editori, Rapporti sullo stato dell’editoria in Italia 2015.

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