La costante mobilitazione delle masse marsicane nel processo di integrazione fascista (marzo 1937)

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Celano

Lo studioso che oggi volesse ripercorre gli anni dal 1937 in poi «è portato a scorgervi tutta una serie di sintomi, maggiori e minori, di crisi, di quella crisi che maturerà nel triennio successivo». Sostanzialmente, anche se le mancanze, le disfunzioni e le contraddizioni del regime non corsero alcun rischio, dopo la conquista d’Etiopia il governo fascista ottenne sempre più consensi, facendosi largo tra i contadini meridionali, i disoccupati, alcuni settori operai e nella classe dirigente del mondo economico che, tuttavia, cercava di difendere strenuamente «gli equilibri sui quali si era fondato il compromesso realizzato con il fascismo in occasione della Marcia su Roma e ribadito dopo la crisi Matteotti». Pochissimi, infatti, speravano in un mutamento di regime ed erano profondamente avversi alla dittatura mussoliniana. In vasti settori dell’opinione pubblica, seppure crescesse il costo reale della vita e la situazione economica divenne sempre più preoccupante, aumentarono, invece, le preoccupazioni suscitate dalla politica estera del fascismo che trovava comuni ideologie con la Germania di Hitler (1).

Nella terza riunione del Gran Consiglio (anno XV, 3 marzo 1937) sotto la presidenza del duce, furono ribadite alcune direttive per il potenziamento demografico del paese: premi di nuzialità e di natività, esenzioni fiscali, sussidi dotali, agevolazioni di viaggio agli sposi e regali distribuiti ogni anno per ricompensare le famiglie numerose. Tutte questioni davvero importanti, finalizzate a potenziare la nazione a livello demografico (2). 

A fronte di queste necessarie operazioni, le solite questioni inerenti al territorio agricolo marsicano seguitavano a mettere in luce interventi critici nel Fucino, con la partecipazione dei sindacati che si assumevano: «compiti di mediazione, oppure di rappresentanza degli affittuari alle bascule e nei contraddittori ufficiali per la tara e per la scelta dei campioni o per la definizione del grado di polarizzazione», mentre la situazione debitoria dei coltivatori raggiunse proprio in questi anni proporzioni notevoli. Insieme ai gravi problemi che incombevano ancora sulle terre di Torlonia, si discusse nelle sedi interessate di Avezzano e in quelle provinciali, in particolare sulle: «condizioni precarie della bonifica, delle strade, della impossibilità di costruire e d’irrigare; dei coltivatori diretti e degli affittuari non agricoltori, nonché dei fini superiori dell’economia nazionale» (3). 

Di contro, però, in altre sedi il regime continuava a promuovere iniziative sportive capaci di dimostrare la forza giovanile del fascismo. Per esempio, a Ovindoli, considerato «gran Centro di sport di masse», il 26 febbraio 1937 fu organizzata la gara per la «Coppa del Prefetto di Aquila». Scrisse l’inviato speciale che i «treni della neve» giunsero da Roma per trasportare «una folla autentica: da Avezzano, Pescina, Celano, Cerchio, S.Pelino, Paterno è venuta quassù una moltitudine allegra, fragorosa, variopinta di Balilla» (4). 

Parallelamente, diverse manifestazioni, che esaltavano ancora una volta il valore dei soldati marsicani in Africa, si svolsero a Capistrello, dove fu concessa dal maresciallo Graziani la «Croce al valore militare sul campo» a Fierano Venditti (aiutante di battaglia), con la seguente motivazione: «Mutilato di guerra, volontario in Africa orientale in un lungo ciclo operativo nella Regione dei Laghi dava prova costante di slancio e coraggio. Partecipava a varie ed ardite ricognizioni dimostrando elevato senso del dovere e sprezzo del pericolo nel giugno-dicembre 1936» (5). 

Ugo Maria Palanza e le condizioni demografiche della Marsica

Correlati al concetto di potenza e al pensiero di “Patria” come sistema, furono i discorsi fatti a Celano dall’ispettore del partito nazionale fascista Stefano Bonfiglio (3 marzo 1937). Accompagnato dal segretario federale dell’Aquila e da altre autorità del capoluogo marsicano, l’onorevole rivolse ai reduci d’Etiopia parole di elogio del duce, dopo aver reso omaggio al monumento dei caduti. La sua arringa rispecchiava, ancora una volta «la circolarità fra mito, rito e simbolo», come condizione utile a mantenere viva la fede collettiva nel territorio. Infatti nella cronaca di quel giorno, altrettanto venne messo in rilievo dal giornalista che, con enfasi scrisse: «E mentre da tutti i cuori si elevava sacro il pensiero al Duce, una fiamma per l’Italia immortale, si confondeva con quella dei fuochi accesi sulla Montagna nostra per dire a tutta la Marsica che Celano aveva vissuto una giornata indimenticabile». 

Alcuni giorni dopo (9 marzo), l’ispettore raggiunse la città di Avezzano accolto dalla banda della legione Monte Velino, percorrendo le maggiori strade della città e «suscitando viva ammirazione». L’alto esponente del partito elogiò il comportamento svolto dal nuovo segretario politico Giocondo Cipollone e quello della segretaria del fascio femminile Jole Pennazza, cui si doveva l’inquadramento «delle masse rurali e l’ottimo funzionamento delle due sezioni del refettorio materno» (6). Eppure, in quei frangenti, Ugo Maria Palanza ebbe il coraggio di denunciare al governo fascista gravi disagi. Muovendo dai presupposti sulla natalità già acquisiti, scrisse un articolo drammatico, deferendo le precarie condizioni delle popolazioni marsicane. L’insigne letterato avezzanese illustrò le cause che impedivano un effettivo aumento demografico: ben distinse la mentalità dei borghesi, cioè quella del «figlio unico, o dei due figli, o del senza figli, o dello scapolo addirittura» in contrapposizione con quella del contadino cui mancavano spesso le risorse essenziali: «Vi sono paesi in cui si vive con notevole disagio. Ortucchio, a pochi chilometri da Avezzano, si trova ancora pressoché nelle stesse condizioni dell’estate del 1915, pochi mesi dopo, cioè, del terremoto, e la popolazione è pressoché raddoppiata, costretta a vivere in una promiscuità indecorosa. È interesse dello Stato fare in maniera che la campagna non venga disertata a favore della città» (7).

NOTE

  1. R.De Felice, II. Lo stato totalitario 1936-1940. Il regime di fronte al proprio futuro: il «totalitarismo» fascista,  Giulio Einaudi editore, Torino 2019, pp.3-9.
  2. Il Messaggero, Anno 59° – N.55, Venerdì 5 Marzo 1937. Direttive enunciate dal Gran Consiglio per il potenziamento demografico.
  3.  A.Pizzuti, cit., p.69.
  4. Il Messaggero, Anno 59° – N.50, Sabato 27 Febbraio 1937. Festa della neve ad Ovindoli!
  5. Ivi, Anno 59°- N.63, Domenica 14 Marzo 1937, p.4. Ricompense al valore dei reduci del Battaglione «Baccarini».
  6. Ivi, Anno 59° – N. 54-59 (4-9 marzo 1937). Una giornata di fede a Celano per la visita dell’on. Bonfiglio e del Segretario Federale; L’ispezione del comm. Stefano Bonfiglio (rimase in carica fino al 22 novembre 1939).
  7. Il Messaggero dell’Abruzzo e Molise, Anno 59° – N.67, Venerdì 19 Marzo 1937, p.6. Se esiste, ed in che senso un problema demografico abruzzese. Ugo Maria Palanza, critico letterario, saggista, giornalista e poeta, scrisse tra l’altro: Introduzione alla letteratura contemporanea, Società Editrice Dante Alighieri,1969; Il Cinquecento, La letteratura italiana: storia e pagine rappresentative, Milano, Società editrice Dante Alighieri, 1968; Il nichilismo di Ignazio Silone, in «Rivista abruzzese», Rassegna trimestrale di cultura, Anno 32 (1979), n.3-4, pp.107-115; Lungo antiche mura, Edizioni dell’Urbe, Roma, 1985. Il letterato avezzanese è morto nel 1992.

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