“Sinfonia dei Cafoni” a 45 anni dalla morte di Silone e 90 anni dalla pubblicazione di Fontamara

Continua la fortunata tournée dello spettacolo ‘Fontamara’ del Teatro Lanciavicchio  che negli ultimi anni ha allestito l’opera tratta dal romanzo siloniano nei teatri di tutta  Italia: dopo Milano, Bergamo, Livorno, e nella Casa Museo Cervi a Gattatico (RE) (dove  l’opera ha ricevuto il premio FESTIVAL DI RESISTENZA) in questi giorni è al Teatro  TORDINONA di Roma, e ovunque riscuote entusiastici apprezzamenti da parte di  critica e pubblico. 

Lo spettacolo FONTAMARA, una produzione Teatro Stabile d’Abruzzo e Teatro  Lanciavicchio con la visionaria regia di Antonio Silvagni, ha la preziosa riscrittura di  Francesco Niccolini ( già autore di Marco Paolini, Vetrano e Randisi, Alessio Boni e altri  numerosi interpreti) che per l’adattamento teatrale ha ricevuto IL PREMIO SILONE. Gli  interpreti Angie Cabrera, Stefania Evandro, Alberto Santucci, Rita Scognamiglio e  Giacomo Vallozza riescono a dare vera vita e grande spessore ai personaggi di Silone,  trasmettendo profonde emozioni, regalando agli spettatori un’esperienza teatrale  indimenticabile. 

In un’epica dimensione di popolo prende vita il racconto di Fontamara, e modella da  subito un racconto corale, una sorta di sinfonia a più voci, in cui il mondo dei cafoni,  di tutti quei lavoratori della terra di ieri e di oggi si affolla sul palcoscenico per dare  testimonianza di una strage, forse di un genocidio. Come in una sorta di Giudizio  Universale, quattro cafoni sono immobili davanti a un cumulo di terra, la stessa che  hanno lavorato per una vita o dalla quale forse sono appena risorti, e si stagliano in  uno spazio vuoto, attraversato solo da nebbia, che li avvolge e a volte li nasconde. E  in questa atmosfera rarefatta, quasi mitica, danno la loro testimonianza ricostruendo  le prevaricazioni dei potenti del latifondo Torlonia e le violenze dei fascisti nel  paesino di FONTAMARA. Ma non sono soli. A richiamarli in vita, e a dare loro la parola,  quella che non hanno mai avuto in vita, è il personaggio che Silone nel romanzo  chiama ‘Il Figlio’: è un figlio dei cafoni del Fucino, ma oggi è un ragazzo con la pelle  scura che lavora quella stessa terra e approda al palco sceso chissà da quale barcone  del mare per rievocare quella strage lontana, ma ancora drammaticamente attuale.  

L’interpretazione straordinaria degli attori trascina l’attenzione del pubblico nella  storia di Berardo Viola e il suo sfortunato paese, e ha reso ancora più forte la potente  denuncia di ingiustizie sociali e la lotta per la dignità umana descritte nel testo di  Silone, temi purtroppo ancora attuali e universali  

Ma oltre agli spettatori dei teatri italiani, il Teatro Lanciavicchio che ha da sempre una  predilezione per le nuove generazioni alle quali dedica molto del proprio lavoro  artistico; quindi dopo aver incontrato al Teatro Flaiano di Pescara (con il Florian  Teatro) le scolaresche delle scuole superiori riproporrà lo spettacolo FONTAMARA  all’interno del Progetto TEATRO FUTURO, FORMAZIONE DEL PUBBLICO E EDUCAZIONE  ALLA VISIONE sviluppato in collaborazione con il Comune di Avezzano. 

L’appuntamento è al Teatro dei Marsi per il 1 dicembre alle ore 10,30; allo spettacolo  seguirà lo SPAZIO TALK, un momento di incontro tra studenti e un esperto dell’opera  siloniana quale il Professor Benedetto di Pietro, che risponderà alle domande degli  studenti e delle studentesse.  

Francesco Niccolini autore della riscrittura dell’opera siloniana racconta il valore che  ancora oggi rende il romanzo di Ignazio Silone attuale “Quando vent’anni fa ho avuto  la fortuna di lavorare con Marco Paolini e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno  dei capitoli più duri da studiare e al tempo stesso esempio di coraggio e forza  morale, è stata la lettura dell’arringa dell’accusa, scritta dall’avvocato Sandro  Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un autentico pamphlet,  che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a distanza di  tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che  questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di  raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro  stessi del Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e  quei fantasmi sul palcoscenico.»  

LO SPETTACOLO FONTAMARA del Teatro Lanciavicchio/ ecoprodotto con il Teatro Stabile d’Abruzzo  E’ STATO PREMIATO 

Premiato al FESTIVAL DI RESISTENZA 2019, Casa Museo Cervi  

PREMIO SILONE 2019 a Francesco Niccolini per la riscrittura dellopera siloniana 

FONTAMAR

dal romanzo di IGNAZIO SILONE  

adattamento e drammaturgia FRANCESCO NICCOLINI  

una produzione TEATRO STABILE DABRUZZO- TEATRO LANCIAVICCHIO  

con la collaborazione del CENTRO STUDI SILONE 

 COMUNE DI PESCINA, COMUNE DI AVEZZANO 

con ANGIE CABRERA, STEFANIA EVANDRO, ALBERTO SANTUCCI, RITA  SCOGNAMIGLIO, GIACOMO VALLOZZA  

disegno luci CORRADO REA 

tecnica GIANCARLO TOZZI, MIRKO TALLIUSSI  

musiche originali GIUSEPPE MORGANTE  

documentazione video FRANCESCO CIAVAGLIOLI  

sartoria SORELLE MARCELLI 

scenografia e costumi SCENOTECNICA IVAN MEDICI’  

regia ANTONIO SILVAGNI

«Torno a Fontamara 35 anni dopo il mio primo viaggio. Allora avevo 15 anni: la forza  disperata dei tre testimoni protagonisti del capolavoro di Silone non mi ha mai abbandonato.  Quello stile piano, colmo di dignità e al tempo stesso di umiliazione, l’ironia della scrittura e  la ferocia dei potenti. I privilegi dei ricchi, la loro ingordigia, la presa in giro spietata di un  mondo destinato al genocidio. Perché un genocidio è stato. Solo che allora non avevo gli  strumenti per capirlo. Quando vent’anni fa ho avuto la fortuna di lavorare con Marco Paolini  e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno dei capitoli più duri da studiare e al tempo  stesso esempio di coraggio e forza morale, è stata la lettura dell’arringa dell’accusa, scritta  dal- l’avvocato Sandro Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un  autentico pamphlet, che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a  distanza di tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che  questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di  raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro stessi del  Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e quei fantasmi sul  palcoscenico.»   Francesco Niccolini ( autore della riscrittura) 

Note di regia  

Fontamara è un romanzo spietato. Questa assenza mi ha suscitato da sempre un certo  fastidio in questo straordinario romanzo, che ho amato, che dovevo amare, raccontava della  mia terra, ma …qualcosa mi allontanava da Silone. Sentivo che la commozione che io  provavo per i cafoni, non intaccava minimamente Silone e questo lo trovavo inspiegabile,  ma anche insopportabile. Silone non lascia trasparire mai la pietà per la situazione  miserrima dei cafoni, che pure vivono in condizioni disumane, vengono imbrogliati,  sbeffeggiati, sfruttati, violentati, uccisi, ma l’autore tira avanti dritto nella sua strada  narrativa, senza indugiare un momento in considerazioni sul loro dolore, in descrizioni della  loro afflizione. 

Malgrado quello che accade ai fontamaresi, Silone non è mai indulgente con loro, con i loro  difetti, le loro meschinità dettate dall’ignoranza e dalla miseria. Poi – colpevolmente in  ritardo- ho capito che una delle forze del romanzo è proprio questa assenza di indulgenza  da parte dell’autore, questa scelta di sradicare ogni forma di pietà dalla narrazione di una  storia così terribile, quella spietatezza nella cronaca di fatti duri, cruenti, immorali che ci  accompagna all’ ineluttabile destino di morte è il solo modo di raccontare una società che  per affermarsi ha bisogno di sbeffeggiare l’ingenuità, sbeffeggiare l’ingenuità, calpestare i  più deboli.L’ assenza di commozione è la strada che intraprende Silone per commuovere,  per commuoverci… ‘farci muovere verso’… E muovere qualcuno e far muovere qualcosa  attraverso l’arte in un momento storico di coscienze assopite come quello che ha vissuto  Silone, era un grande obiettivo. A lui è riuscito, e riesce ancora a quasi un secolo di  distanza. 

Abbiamo cercato con il nostro spettacolo di essere il più possibile vicini a Silone, abbiamo  cercato uno spettacolo asciutto, rigido, duro. Uno spettacolo senza pietà. Senza pietà per i  cafoni e la loro storia. Senza pietà per gli attori inchiodati sul posto a dar vita a cento vite. Senza pietà per quegli spettatori abituati a ammiccamenti e moine. Senza pietà per i figli dei  cafoni di Fontamara e le loro storie d’oggi.   Antonio Silvagni (regista dello spettacolo)

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