L’inizio della guerra, la miseria nella Marsica e l’inasprirsi della sorveglianza della polizia (maggio-giugno 1940)

Il federale Antonio Lacava con altri gerarchi marsicani||L’ispettore Pasquale Andriani dell’O.V.R.A. e Carmine Senise capo della polizia
Il federale Antonio Lacava con altri gerarchi marsicani

Osservando il primo comunicato ufficiale diffuso da tutte le segreterie europee, si evince l’inizio delle ostilità sul fronte francese, quando già Londra e Parigi proclamarono lo «stato di Guerra» e le truppe del Reich entravano a Varsavia (1). 

Il crollo della linea Maginot e l’aver tagliato in due le armate alleate provocando il disastro di Dunkerque, permisero alle forze tedesche di raggiungere altri successi. Ciò equivalse ad influenzare non poco l’opinione pubblica italiana: «Altre motivazioni e soprattutto altri stati d’animo presero corpo e si diffusero accavallandosi tra loro un po’ in tutti i ceti sociali e soprattutto nella media e piccola borghesia, in una parte del mondo operaio e tra i giovani in particolare», mentre nel pomeriggio del 28 maggio 1940 la decisione di Mussolini di entrare in guerra accanto alla Germania era stata già presa, con la convocazione del giorno dopo dei tre capi di Stato maggiore: Rodolfo Graziani, Domenico Cavagnari e Francesco Pricolo (2). Così il 30 maggio il duce informò Hitler della sua decisione, approvata anche da Vittorio Emanuele III e rinforzata dal linguaggio usato dalla stampa e dalla radio. Come è noto, alle ore diciotto del 10 giugno 1940, Mussolini, dal balcone di Piazza Venezia annunciò con un discorso rivolto ai combattenti «di terra, di mare e dell’aria!» l’avvenuta dichiarazione di guerra inviata alla Francia e all’Inghilterra. Lo stesso Führer rispose al duce: «I diritti di vita dei nostri due popoli saranno quindi assicurati per tutti i tempi» (3). 

Nella Marsica, proprio nel periodo dell’intervento, tra «miseria e stentata sopravvivenza […] s’inseriva un’ennesima controversia per la tara delle bietole, che il federale Antonio Lacava interveniva a risolvere con tutto il peso della sua autorità ora che lo zuccherificio, diretto ormai da un ventennio da Pio Berti, rimaneva come una delle pochissime strutture portanti dell’industria, e specialmente dell’occupazione operaia, in tutta la provincia». Questa ondata di preoccupazioni e disfattismo venne comunque tenuta a bada dall’inflessibile Pasquale Andriani: «il sagace ed attento ispettore generale che dirige la quarta zona dell’O.V.R.A.», il quale inviava continuamente rapporti settimanali molto inquietanti al questore Giambattista Brandi e alla segreteria particolare del capo della polizia Carmine Senise. Al centro delle sue osservazioni rimane l’attività clandestina della pericolosa cellula comunista avezzanese in stretto contatto quella francese di Parigi (4). In un’intervista del 1982, l’imputato Bruno Corbi, così ricordava le fasi  della sentenza numero 58 pronunciata il 16 maggio 1940 che lo condannò a diciassette anni di reclusione: «Sul banco degli accusati eravamo in tredici: Pietro Amendola, Nando Amiconi, Lucio Lombardo Radice, Aldo Natoli, Giulio Spallone, Renato Vidimari e altri intellettuali di Roma e di Avezzano, tutti comunisti. Il 16 maggio 1940 il Tribunale Speciale ci inflisse un bel po’ di anni di galera. A me ne toccarono diciassette» (5).

L’ispettore Pasquale Andriani dell’O.V.R.A. e Carmine Senise capo della polizia
L’ispettore Pasquale Andriani dell’O.V.R.A. e Carmine Senise capo della polizia

Le tragiche vicissitudini della seconda guerra mondiale, sono così esemplificate da Adriano Pizzuti che, parlando della situazione locale, scrisse nel 1953: «Come già cinque lustri prima, anche stavolta le genti della Marsica davano quello che loro si chiedeva, ma, a differenza di allora, il Piave fu in tutti i fiumi d’Italia, ad uno, ad uno, e l’aspra voce del cannone rintronò fin dentro le piccole case dei contadini fucensi. Quando poterono, si recarono sugli appezzamenti le donne e i ragazzi, per strappare alla terra i modesti raccolti di coltivazione più che mai frettolose e insufficienti, mentre gli ammassi obbligatori incombevano e le requisizioni a catena imperversavano» (6). Poche ore dopo l’ultimatum dell’Italia alla Grecia e il passaggio della frontiera albanese delle truppe italiane e mentre «L’Italia fascista protesa verso nuove vittorie celebra il XVIII Annuale della Marcia su Roma», a Firenze si incontrarono Mussolini e Hitler per intraprendere un lungo colloquio alla presenza dei rispettivi ministri Ciano e Ribbentrop (7). 

Non sappiamo con sicurezza se il vescovo dei Marsi (Pio Marcello Bagnoli), che in questo momento mostrava un certo zelo patriottico, fosse veramente favorevole alla guerra e di sicuri sentimenti fascisti ma, altresì, nemmeno se lo stesso rimase fedele alle direttive del governo e delle autorità locali, oppure in grado di controllare l’indirizzo politico di tutto il clero marsicano. Conosciamo, invece, quello che scrisse nella sua pastorale: « Alla vittoria di questa nostra Italia, alla sua nuova era di potenza e di gloria, tutti dobbiamo portare il nostro contributo di attività e di preghiera» (8). D’altronde, molto più in alto, le direttive non troppo chiare emanate durante questo infuocato periodo dalla Santa Sede, sono ancora oggi oggetto di intenso dibattito. In tempi recenti, il «gran rifiuto» e «i silenzi» eloquenti di Pio XII che rifiutò di pronunciarsi contro il nazismo, fecero partecipare all’acceso dibattito anche La Civiltà Cattolica (storica rivista dei gesuiti), con articoli che assunsero un ruolo sempre maggiore nella discussione storiografica. Certamente, andrà specificato che, dopo l’enciclica papale «Summi Pontificatus» del 1939 diffusa anche in Germania, il governo tedesco applicò per la sua diffusione misure di polizia sempre più restrittive (9).

NOTE

  1. Il Messaggero, Anno 61° – N.210, Martedì 5 Settembre 1939. Dal conflitto tedesco-polacco alla conflagrazione europea; Anno 61° – N.214, Sabato 9 Settembre 1939.
  2. R.De Felice, cit., pp.818-834.
  3. Il Messaggero, Anno 62° – N.140, Mercoledì 12 Giugno 1940. La grande ora dell’Italia. Il Duce assume per decisione del Re Imperatore il comando delle truppe operanti su tutti i fronti.
  4. R.Colapietra, cit., pp.189-190. Edite per la prima volta nel 1946, in epoca molto vicina agli eventi narrati, le memorie di Carmine Senise raccontano in modo dettagliato e lucido gli eventi di cui fu un testimone chiave e mostrano come abbia sempre cercato di preservare il ruolo autonomo della polizia rispetto al regime. 
  5. Per tutte le vicende riguardanti il nucleo dei comunisti marsicani si veda:  A.Vallocchia, Ricordo di  Bruno Corbi, in «Rivista Abruzzese di Studi Storici», Anno IV NN.2-3, Luglio-Novembre 1983, p. 256.
  6. A.Pizzuti, cit., pp.73-74.
  7. Il Messaggero, Anno 62° – N.257, Lunedì 28 Ottobre 1940. Il Duce e il Führer s’incontrano oggi a Firenze. Nell’articolo di fondo si riportano nei dettagli tutte le fasi dell’intensa giornata.
  8. R.Colapietra, cit., pp.190-199, dal Bollettino diocesano dei Marsi ad datam.
  9. R.A. Graham S.I., L’Enciclica «Summi Pontificatus» e i belligeranti nel 1939. La “strana neutralità” di Pio XII,  in «La Civiltà Cattolica», Anno 135, 1984, vol.IV, pp.137-151.

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