Confagricoltura Abruzzo: “La mozione contro il prelievo cervi è un attacco all’agricoltura, ne chiediamo il ritiro”

Abruzzo – Riceviamo e pubblichiamo, di seguito, l’estratto della relazione che sarà presentata questa mattina da Confagricoltura Abruzzo all’audizione presso la 3^ Commissione consiliare Agricoltura, Sviluppo economico e Attività produttive
Mozione recante: Revoca della Delibera di Giunta Regionale n. 509 del 08 agosto 2024 “prelievo in forma selettiva del Cervo”


 

Buongiorno Presidente Buongiorno Commissari
Grazie per aver accolto l’invito della nostra Organizzazione a questa audizione.
Questa Commissione ha l’onere di dare un segnale di vicinanza al mondo produttivo agricolo in estinzione e un segnale di buon senso. Questa divisione destra/sinistra maggioranza/minoranza su questo tema è incomprensibile. Potremmo accettare solo l’obiezione di coscienza individuale, per cui chiediamo il ritiro di questa mozione.

Vedete non tutti gli agricoltori ed i cittadini hanno votato questa maggioranza, ma 132.000 firme raccolte con la petizione online dal WWF e da altre 20 associazioni sono poche se questa raccolta on line poteva attingere a un bacino di 59 milioni di cittadini italiani che benevolmente potremmo ridurre a 46 milioni che costituisce il corpo elettorale. Ma sulla rappresentatività di queste associazioni ci torneremo in seguito.

Nel ricorso al TAR si contestano alcuni specifici punti in particolare le modalità del censimento. Si ritiene inopportuno che siano gli stessi cacciatori in odore di conflitto di interesse a occuparsi del Censimento anche se, ovunque in Europa si fa così.

Ci si dimentica che i tre parchi nazionali si rifiutano di fare conteggi annuali. Gli unici censimenti cui si dedicano i parchi nazionali sono quelli dei 50 orsi, dei coleotteri, delle vipere e delle farfalle, evidentemente, eseguiti da strutture “terze” e con una solida preparazione scientifica, come si afferma nel ricorso al TAR adombrando che per i censimenti di cinghiali e cervi gli ATC utilizzano ignoranti cacciatori in conflitto di interesse.

Vogliamo ricordare che l’art. 31 della LR 10/2004 al comma 2 art 3 attribuisce ai Comitati di gestione degli ATC il compito, tra l’altro di “…rilevare la consistenza faunistica”.
Ma chi sono i componenti del Comitato di gestione?
L’Art. 32 della legge 10/2004 stabilisce
a) 6 rappresentanti alle associazioni venatorie;
b) 6 rappresentanti alle organizzazioni professionali agricole;
c) 4 rappresentanti alle associazioni di protezione ambientale;
d) 4 esperti dalla Provincia e dai comuni dell’ATC.

I membri a), b), c) sono designati, in base al principio della rappresentatività tra i soci delle associazioni stesse e il sistema di attribuzione dei seggi è il proporzionale puro. Ci chiediamo, ma i rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale non dovrebbero sentirsi coinvolti nella gestione di questi importanti compiti?

Invero assistiamo a un paradosso, il WWF organizzazione ritenuta leader tra quelle di protezione ambientale soprattutto per la sua visibilità data dalla presenza costante su tutti i media, quali compiti ha svolto per orientare il Comitato a gestire meglio il censimento e far applicare alla lettera tutte quelle prescrizioni indicate nel ricorso? Rispondiamo noi per loro. Nessun contributo perché non esprimono alcun rappresentante all’interno dei Comitati di gestione degli ATC abruzzesi, anzi non hanno neppure partecipato al bando pubblico.

Nel 2013 il WWF aveva concorso all’attribuzione dei seggi su tutti gli ATC del territorio regionale dichiarando 400 iscritti (ultima delle 5 associazioni concorrenti) ed ebbe, grazie al sistema proporzionale, il diritto a nominare un proprio rappresentante.

Nel 2023 il WWF non ha concorso al seggio lasciando tutti i posti alle altre sette associazioni. È chiara la strategia del WWF: avere mani libere in questo libero Stato dove la rappresentatività viene riconosciuta dalle apparizioni televisive e sui media e non soggiacendo alle leggi. Quelle stesse leggi che permettono giustamente a tutti di dire la propria e che permettono, non giustamente, di imporre il pensiero minoritario a quelli che la pensano diversamente soprattutto quando, con questo pensiero si cerca di influenzare e manipolare le masse con iperboli verbali utilizzando tutte le furbizie retoriche con un linguaggio illusorio, inattendibile al limite delle moderne fake news allo scopo di produrre disinformazione.

Il cervo è una specie non protetta, le ultime tre leggi quadro prevedono la sua cacciabilità sin dal 1954 in Val Venosta e, nell’Appennino settentrionale, dal 2000. I piani di prelievo ovunque in Europa comprendono anche “cuccioli-di-meno-di-12-mesi”. Da anni l’ISPRA fissa la soglia minima di battibilità a 2 capi per kmq.

La così detta “mattanza di cervi” è di 465 capi su 6.700 con un tasso di prelievo del 7%, contro il 20-25% che si usa in Appennino settentrionale. Il prelievo viene eseguito dove si superano i limiti previsti dalla legge, in due areali dove ancora esiste un’agricoltura professionale e, quindi, abbondanza di cibo artificiale e gratuita per questi animali. A questo proposito nessuno accenna al fatto che il cervo sta mettendo a rischio la sopravvivenza del camoscio appenninico.

Prendiamo ora le proposte alternative al prelievo dei Cervi con la selezione, esse rientrano pienamente tra queste furbizie:

  • Le recinzioni: questo presidio è possibile per le coltivazioni specializzate, vivai, serre, tartufaie, zafferano, che si realizzano su piccole superfici o per l’agricoltura hobbistica, come orti e piccole attività per il consumo familiare. L’agricoltura svolta dagli imprenditori professionali, ha bisogno di superfici di decine di ettari che diventano centinaia proprio in quei luoghi ad agricoltura estensiva dove albergano cervi e cinghiali. Le recinzioni per queste aziende, a parte la fattibilità tecnica, si pensi alla frammentazione fondiaria, e orografica, hanno costi non sostenibili neppure con le misure di sostegno previste dal CSR.
    Le recinzioni, dove sono posizionate, deturpano la bellezza dei paesaggi.
  • Trasferiamo i cervi dove non ci sono: si potrebbe fare ma gli ambientalisti non ci dicono dove e come fare, devono inoltre sperare che qualche loro collega non organizzi, nel luogo del trasferimento, un comitato “non nel mio orto”.
  • Dissuasori luminosi e acustici, repellenti, rumori a parte i numerosi siti che vendono tutti questi prodotti e qualche sito che li ha sperimentati con le risorse del PSR non risultano evidenze e prove scientifiche sulla loro efficacia.
  • Corridoi faunistici: in una regione montuosa come la nostra dove le strade e autostrade corrono sotto centinaia di gallerie e migliaia di viadotti e ponti, in pratica migliaia di corridoi faunistici già esistenti, non pare proprio che sia necessario costruire altre costosissime strutture che vengono previste viceversa nelle ampie pianure del nord.

Che questi sistemi preventivi sono solo sperimentali lo affermano i ricorrenti al TAR quando scrivono “I sistemi preventivi sono noti e utilizzati da tempo in altri contesti (ma non ci indicano dove e quali risultati hanno conseguito): …ma che tali strumenti andrebbero sperimentati…”

I danni denunciati sono pochi e i danneggiamenti episodici.
La maggior parte degli agricoltori non denuncia più i danni subiti perché l’applicazione informatica sul sito dell’assessorato non prevede il prelievo automatico dei dati catastali dal fascicolo aziendale, per il costo della perizia preventiva di un tecnico, per il ritardo, 2-3 anni del pagamento dei danni, che, mediamente, non copre il 10/15% dell’effettivo danno subito per effetto di due meccanismi: le risorse stabilite nei limiti del bilancio regionale e il meccanismo del de minimis.

Il prezzo da pagare agli ATC per l’abbattimento dei cervi
Anche su questo aspetto si è polemizzato con le consuete furbizie retoriche e fuorvianti. Si informa che la delibera regionale “contiene anche un vero e proprio tariffario”. E dopo averlo illustrato si afferma “che tali risorse non saranno devolute alle comunità locali, agli agricoltori, alle aree protette… ma gli ATC!… che fanno profitto sulla fauna selvatica che dovrebbe essere patrimonio di tutti. Ma, aggiungiamo noi, allevata gratuitamente e prevalentemente con i prodotti dell’agricoltura.
Ricordiamo che il tariffario è stato adottato da altri 9 ATC in 6 regioni per i seguenti capi Emilia-Romagna 499, Lazio 34, Lombardia 0, Marche 0, Piemonte 3.026, Toscana 1.167, Friuli VG 2.212 e che le tariffe abruzzesi sono decisamente più contenute rispetto a quelle applicate in altre regioni ma dando priorità ai selecontrollori residenti in Abruzzo.

Lo scostamento al valore soglia è modesto:
Palesemente fuorviante, per coloro che difettano di conoscenze matematiche, l’affermazione secondo la quale il valore soglia riscontrato nel censimento è di pochissimo superiore al valore soglia stabilito per gli abbattimenti.

Anche solo un capo in più, che rappresenta il 50% in più della soglia prevista, altera l’equilibrio naturale.
A onore del vero i dati del censimento non tengono conto dei numeri calcolati dal Parco regionale Sirente Velino attraverso i droni e l’utilizzo di tecnologie molto efficaci ed economiche già impiegate in molte parti d’Europa.

Ci risulta che il Parco regionale stia concludendo la fase sperimentale e richiederà a breve la validazione scientifica dei risultati. I dati già raccolti dal Parco, in questa fase sperimentale, già dicono che il numero dei Cervi è di gran lunga superiore a quelli censiti con le procedure ammesse.

Chiediamo, pertanto, il ritiro della mozione anche in coerenza con il voto unanime dato all’approvazione del piano faunistico venatorio da cui discendono i provvedimenti conseguenti.

Comunicato stampa Confagricoltura Abruzzo

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