Le menzogne dei bollettini di guerra tra provvedimenti restrittivi e un  diffuso pessimismo dei marsicani (1941-1942)

Campo di Concentramento di Avezzano|
Campo di Concentramento di Avezzano

Per tutto l’anno 1941 centinaia di «Bollettini di guerra» diramati dal «Quartier Generale delle Forze Armate» italiane, informarono la popolazione sulle fasi della grande offensiva italo-tedesca sui vari fronti della Cirenaica, Africa orientale, Albania, Grecia, Francia e Russia. La generale convinzione diffusa anche nella Marsica di una «guerra breve», indusse a diffondere messaggi ottimistici come, per esempio: «Camicie nere e popolo strettamente uniti alle Forze Armate esprimono al Duce la volontà di combattere e la certezza della vittoria» (1).

Con i discorsi di Roma e Monaco, espressi con esaltazione, dai «due grandi Capi delle Potenze dell’Asse nasce l’assoluta certezza della vittoria che può arridere soltanto ai popoli giovani». 

Avezzano, Corso Umberto I

In questa drammatica fase di guerra, spesso Mussolini rincarava la dose comunicando alla popolazione italiana messaggi durissimi: «Gli eventi vissuti in questi mesi esasperano la nostra volontà e devono accentuare contro il nemico quell’odio freddo, cosciente, implacabile, un elemento indispensabile per la vittoria» (2). 

Tuttavia, di là dai fermi propositi di annientare subito due dei più odiati nemici del momento (francesi e inglesi), lo scenario dell’immane conflitto ben presto si presentò pieno di difficoltà, specialmente sul fronte libico-egiziano dove: «si sarebbe ben presto arrivati a una situazione di stallo, per le croniche deficienze dell’armamento italiano, soprattutto in mezzi anticarro e corazzati» (3). Chiaramente, leggendo tutti i bollettini di guerra (falsati ad arte in senso positivo dal governo fascista), anche durante le sconfitte italiane e tedesche, furono divulgati continui messaggi di vittoria oppure di fiera resistenza al nemico: «Truppe italiane e germaniche hanno dato fulgida prova del loro valore e del loro impeto offensivo». E così, per tutta la durata del conflitto, saranno emanati comunicati ufficiali per le varie fasi della guerra (4). 

Intanto, nella Marsica, al vecchio gruppo dei dissidenti anti-fascisti si aggiunsero nuovi accoliti appena giunti al confino avezzanese da altre zone, che diffondevano voci contrarie e preoccupanti. Quando i fallimenti dell’esercito italiano divennero sempre più evidenti, le diffide dell’ispettore dell’OVRA (Pasquale Andriani), si moltiplicarono verso «l’opera di propaganda subdola ed assai pericolosa» degli antifascisti, trasmettendo le denunce al questore dell’Aquila, Di Guglielmo (5).

Nella zona del Fucino, invece, dove la produzione agricola dei piccoli affittuari e dei più miseri coltivatori peggiorò durante questo periodo di crisi bellica causando alle donne e ai vecchi rimasti a casa enormi disagi economici, si seminava il grano: «anziché curare le colture bieticole, riservandosi di pagare la quota stagliare di bietole in denaro ricavato dal realizzo sul grano; ma, mentre fino all’inizio della guerra con un quintale di grano avevano pagato 9 o 10 quintali di bietole, dal 1941 in avanti, progressivamente, si trovarono di fronte all’amara sorpresa di poter pagare, con un quintale di grano, non più di 9 o 10 quintali di bietole, bensì soltanto 8 e poi 7 nel 1942» (6). 

In questo drammatico conflitto, la dinamica della retorica fascista occupò un ruolo essenziale, manifestandosi con le solite acclamazioni deliranti a ogni annuncio di vittoria diffuso attraverso la radio, la stampa o nei cinegiornali. Di fatto, notizie artefatte, spesso nascondevano le falsità del regime fascista per dominare le masse marsicane, abruzzesi e italiane. 

Del resto, Antonio Salandra nel suo libro di Memorie politiche (1916-1925), pubblicato nel 1951, tracciò un ritratto di Mussolini molto aderente al personaggio, descrivendolo come un: «Enigmatico miscuglio o alternativa di genialità e di volgarità, di sincera professione di nobili sentimenti e di bassi istinti di rappresaglia e di vendetta, di rude schiettezza e di istrionismo mal dissimulato, di pertinaci asserzioni e di mutazioni subitanee, di efficace e talora travolgente eloquenza adorna di cultura e di presuntuosa ignoranza espressa in linguaggio plebeo» (7). 

Nonostante tutto, nel gennaio del 1942, in occasione del XVII annuale (la storica data fu rievocata a Bologna dal conte Ciano), si seguitò a parlare alle camicie nere di vittoria della rivoluzione fascista in questi termini: «In Russia, in Cirenaica, sulla terra, sul mare e nel cielo le nostre gloriose armi sono impegnate in una dura battaglia senza tregua», mentre il duce presiedeva il comitato interministeriale degli approvvigionamenti per la distribuzione e per i prezzi, secondo cui il governo doveva favorire le esigenze della popolazione, contenendo il costo delle derrate alimentari, laddove tutti gli accaparratori venivano minacciati di comparire davanti al Tribunale Speciale. La razione di pane elevata nel periodo invernale di cinquanta grammi per i ragazzi dai nove ai diciotto anni e per i lavoratori, fu affiancata da una distribuzione straordinaria di patate, con un aumento delle assegnazioni di marmellate e delle razioni di zucchero per i bambini fino a tre anni.  Provvedimenti presi con enormi sacrifici, poiché la stagione era stata sfavorevole. La disciplina annonaria e la distribuzione dei beni di primo consumo divennero tanto inefficaci che, varie circolari del ministero dell’Interno, raccomandavano ai prefetti di evitare applicazioni troppo dure delle pene ai trasgressori. 

Seguendo la cronaca dei soliti giornali di partito, possiamo costatare le continue denunce di crudeltà rivolte al comportamento delle truppe britanniche in Cirenaica; citando poi diverse altre situazioni, si affermò in più pagine della cronaca, che i tedeschi fecero prigionieri duecentoquarantamila russi, tra cui: «molti furono trovati incatenati alle mitragliatrici» (vista la disperata resistenza dei sovietici, forse questo era vero). 

Dopo tutto, sia la sconfitta di Tobruk sia quella di El Alamein, come di consueto, furono minimizzate dal «Bollettino n.756», mentre la storica data del XXIV annuale della fondazione dei fasci di combattimento, fu esaltata e ampiamente diffusa dalla radio. 

   Ad Avezzano e in tutta la provincia dell’Aquila «Camerati designati dal segretario del partito», avrebbero dovuto illustrare l’importante avvenimento alla popolazione (8). 

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Campo di Concentramento di Avezzano

Per avere un quadro completo anche dei marsicani inviati su vari fronti della guerra, occorre specificare che, in Italia: «Secondo le fonti ufficiali, nell’ottobre del 1942 il numero dei mobilitati raggiunse i due milioni e mezzo con oltre 180.000 precettati civili. Nel dicembre dello stesso anno i mobilitati superavano i cinque milioni». Oltretutto, dal novembre del 1940: «tutti i dipendenti degli stabilimenti ausiliari vennero sottoposti alla giurisdizione militare». 

In conformità a questa situazione, sin dall’aprile del 1940 il ministro delle Corporazioni, Renato Ricci, aveva segnalato l’importanza di conoscere il fabbisogno complessivo della manodopera, limitandosi a garantire la copertura dei posti lasciati vacanti dai richiamati alle armi. Donne, ragazzi ed ebrei, rappresentarono in questo difficile momento, la nuova forza lavoro per le fabbricazioni di guerra. Oltretutto, la confederazione fascista dei lavoratori dell’agricoltura, a sua volta, osservava nel marzo 1942 che, la deficienza di mano d’opera agricola, almeno quella bracciantile «sulla quale pesano i grandi lavori stagionali di semina e di raccolta, non raggiungerebbe limiti tali da pregiudicare seriamente l’andamento dei lavori colturali, se la diminuzione quantitativa potesse essere proporzionalmente ripartita sulla massa del fabbisogno normale». 

Per questo ad Avezzano, nel luglio del 1941, furono utilizzati anche i prigionieri di guerra (numerosi gli indiani presenti al Campo di Concentramento), in lavori di sterro, agricoli, stradali, ecc. (9).

Invano il radiomessaggio diffuso alla vigilia di Natale (mercoledì, 24 dicembre 1941), dal papa Pio XII: «Superare le degenerazioni e le involuzioni della nostra civiltà riscoprendo i valori evangelici su cui fondare un nuovo ordine mondiale», raggiunse il suo scopo.

NOTE

  1. Il Messaggero, Anno 63° – NN.1-2, mercoledì 1° gennaio – giovedì 2 gennaio 1941.
  2. Ivi, Anno 63° – N.50, Giovedì 27 Febbraio 1941. A Roma e a Monaco è suonata la Diana della riscossa.
  3. R.De Felice, Breve storia del fascismo, Il Giornale, Biblioteca Storica, A. Mondadori, Milano 2000, p.107. Dalla «guerra parallela» alla guerra tedesca.
  4. Il Messaggero, Anno 63° – N.311, Mercoledì 31 Dicembre 1941. Bollettino n.576.
  5. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza. Divisione polizia. Sezione prima, Affari Generali di polizia giudiziaria. Anni 1920-1945, b.48. ottobre-dicembre 1941.
  6. A.Pizzuti, cit., p. 76.
  7. A.Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Neri Pozza Editore, Vicenza 2021, p.446. Cfr. Il nuovo Corriere della Sera, Anno 74 –  N. 4,   Milano, 4 gennaio 1949.
  8. Per tutti i più importanti avvenimenti del 1941, abbiamo consultato vari giornali, tra cui Il Messaggero, Anno 64° – NN.4-311.
  9. P.Ferrazza, La mobilitazione civile in Italia 1940-1943, in «Italia Contemporanea», n.214, marzo 1999, pp.25-34.

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