Problemi e tematiche sociali nella Marsica tra vecchie e nuove divergenze (1760-1770)

Al fine di informare la platea dei lettori, di studiosi e appassionati di storia meridionale, stiamo esaminando da qualche tempo notizie di carattere locale per un approfondimento del cosiddetto «spirito pubblico» vigente nella Marsica, durante la fase di grande cambiamento che il regno di Napoli attraversò nella seconda metà del Settecento. È in tale ottica che abbiamo raccolto utili informazioni per mostrare temi sociali molto accentuati, proponendo una visione quanto più aperta possibile e spingere alla riflessione su argomenti, problemi e soggetti in parte non ancora superati, visto che l’attenzione di molti è ancora rivolta allo “splendore di una Marsica in crescita”, coronata da un lago di Fucino non considerato strettamente sottoposto a vincoli di ogni genere, con un concetto retrivo di analisi e di appartenenza al territorio alquanto campanilistico. 

Tuttavia, non si può negare che i “lumi” di una rinnovata cultura diffusa nei grossi centri urbani e nelle classi medie, si preparavano a recidere i vecchi legami del passato proprio quando erano apparse le prime dissertazioni dei riformatori meridionali (Giannone, Vico, Genovesi).

D’altronde, Giuseppe Maria Galanti «Visitatore Generale del Regno», attraverso inchieste e relazioni di viaggio nei feudi, che coprono un arco temporale compreso fra il 1780 e il 1794, ben evidenziò il problema della corruzione degli amministratori, l’immoralità dei costumi fra gelosie meschine e particolaristiche non esente da confusione legislativa che complicavano il quadro appena descritto in molte province periferiche. Queste notizie presentano tratti concreti e reali che corrispondono perfettamente alle circostanze, quando Galanti affermò, tra l’altro: «Le cause sono lucrose per molti, anche pel Fisco, che non curava ricomprare dove non vi era profitto». Aggiunse in tempi recenti lo storico Giuseppe Galasso: «tuttavia in tali vertenze, ampiezza, durata, risonanza, andamento del processo, vigore polemico e raffinatezza erudita delle argomentazioni giuridiche, venivano determinati, più che dall’oggettiva portata della posta in gioco, dal suo rilievo politico, dalla forza degli interessi in campo, dall’intensità delle tensioni sociali e della lotta politica del momento, dal vario dispiegarsi, insomma, nelle varie congiunture, dei rapporti di forza tra Corona, baronaggio, pubbliche magistrature, vari ceti del regno e interferenze dei clericali». Oltretutto, l’ampia diffusione del latifondo feudale (si veda Colonna e Sforza Cesarini) condotto a coltura estensiva e lavorato da semplici fittavoli temporanei, non interessati certo a favorire la produzione perché non proprietari, era individuata ovunque come la principale delle cause di arretratezza. D’altra parte: «il contadino per lo più non è in libertà di macinare il suo grano dove e come gli piace. Quasi da per tutto egli è obbligato a pagare una nuova decima nel mulino feudale. Tal è la miseria in cui vive il coltivatore in questa provincia, che non potendo, per povertà, cuocere il pane nel forno, usa le focacce cotte sotto la cenere» (1).

Del resto, dopo la grande carestia del 1764, diverse sventure colpirono ancora la popolazione marsicana. Un’invernata freddissima, caratterizzata da forti gelate, causò la morte di grandi quantità di bestiame (1765-1766). Per questo, il regio tesoriere dell’Aquila (Don Gaetano Minichino) fu incaricato di indagare sulla quantità di pecore morte a causa dell’ipotermia; mentre, l’amministratore fiscale (Don Carlo Crisso), coadiuvato dal luogotenente della «Regia Doganella di Celano», si occupò di rilevare l’effettiva consistenza degli animali rimasti ancora in vita (2).

Questi disastrosi aspetti s’intrecciarono con altri rilievi a carattere religioso. Per esempio, dal 1764 al 1769 si ripropose all’attenzione delle autorità civili e religiose il vecchio problema delle riparazioni da apportare alla chiesa collegiata di S. Bartolomeo di Avezzano, ancora priva di campanile. Per ordine del governatore, Don Ignazio Mezzanotte (2 luglio del 1769), dopo svariate riunioni furono incaricati di procurarsi le somme occorrenti atte a completare almeno la facciata, i benestanti della città: Don Vincenzo Minicucci, Don Filippo Jatosti, Don Giovanni Colacicchi e Don Ladislao Mattei, coadiuvati da sette deputati. Considerando i tempi, occorreva però tener conto la mancanza di denaro presente nelle casse comunali. Infatti, a causa di altre impellenti spese, fu necessario: «che ogni cittadino secondo le sue forze concorra con le opere personali, tanto nel carriaggio delle pietre che nello scavo delle medesime, e in tutt’altro […]».

Con sfumature diverse, sempre nello stesso anno, l’Università di Avezzano alle prese con enormi problemi socio-economici, propose un’estrazione a sorte delle «Cartelle di tutti i cittadini» per assegnare nuovi terreni da coltivare in prossimità della sponda avezzanese del lago (località Pontarella del Parco fino a Via Nuova e S.Maria di Casa). La ventura favorì 675 coloni (3).

A conclusione dell’anno 1770, siamo in grado di conoscere altri gravi episodi avvenuti nella Marsica, che dimostrano ancora una volta la precaria situazione estesa in gran parte del territorio. In località Le Salere (tenimento di Ortucchio), si scontrarono violentemente i pescatori di Ortucchio contro alcuni cittadini armati di Collelongo, sorpresi mentre erano intenti a «tagliare le frasche, e ad affascinarle per uso della pesca sul lago». I sacerdoti Nicolò Bisegna e Giovambattista Basi condussero l’impetuoso attacco, provocando una dura colluttazione tra le parti avverse, con esplosione di colpi di «schioppo». Infine, la superiorità numerica degli ortucchiesi, prevalse sugli uomini armati che, malconci, furono tradotti innanzi al governatore (4).

Altro avvenimento che contrappose diversi soggetti fu la denuncia esternata da Felice Antonio De Angelis di Luco dei Marsi, contro «la bizzarra Compagnia impropriamente detta dello Spirito Santo». Lo zelante accusatore segnalò alle autorità superiori una strana cerimonia caratterizzata da «scandalosa carnevalata», che si celebrava da qualche anno nel periodo di Pentecoste, con affollata partecipazione di ecclesiastici, secolari e cittadini. Di fatto, dopo la tradizionale processione diretta verso la chiesa di S. Maria delle Grazie, al ritorno, preti, frati e popolazione si recavano a festeggiare l’avvenimento in una bottega affittata a uso di macelleria, con evidenti «gozzovigli, crapuli e baccanali». La delazione, inviata direttamente al re, fece subito scaturire un’inchiesta affidata al vescovo dei Marsi, incaricato di riferire l’intera vicenda attraverso immediati e repentini accertamenti. Il presule, don Benedetto Mattei (nativo di Avezzano), dopo accurate indagini, così rispose al sovrano: «In Luco non siasi affatto la Congregazione dello Spirito Santo, e che la Compagnia che si da questo titolo abbia rendite proprie, ma solennizzi la Festa dello Spirito Santo con danaro che ritrae dalla questua, impiegandolo indi in pranzi, e baccanali per corso di quattro giorni, non senza provocare disordini per concorso di gente di ogni sesso». In seguito, temendo risse e tumulti, con un editto affisso al portone della chiesa collegiata e in piazza, il vescovo vietò drasticamente «ipso facto» a tutti gli ecclesiastici di partecipare alla scandalosa cerimonia sotto la minaccia «d’altre rigorose pene, alle quali a nostro arbitrio saranno soggetti» (5).

NOTE

  1. G.M.Galanti, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, a c. di F.Assante e D.Demarco, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1969, vol. II, pp.191-240. L’opera, ampliata sotto la denominazione di Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, fu concepita dal 1781 con l’approvazione del re, ma fu pubblicata solo a partire dal 1787, quando venne stampato il primo volume; cfr., G.Galasso, Napoli spagnola dopo Masaniello. Politica, cultura, società, Napoli 1972, p.116.
  2. Archivio Storico del Comune di Avezzano, Libro dove si registrano tutti i Dispacci Reali, ed altri ordini de’ Presidi, Tesorieri, Capitani della Regia Grascia, ed ogn’altro.
  3. Archivio Diocesano dei Marsi, Libro de’ Consegli di Avezzano, Fondo B, Anni 1723 1784.
  4. Ivi, Fondo C, b.43, fasc.976, Collelongo 1770.
  5. Ivi, Fondo C, b.43, fasc.977, Luco 1770. Il trascorrere del tempo, però, ha dato ragione ai «Signori dello Spirito Santo» che tutt’oggi celebrano in paese tale ricorrenza.

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