L’Aquila – L’Ordinanza del Consiglio di Stato n. 04249/2024, appena pubblicata, ripristina finalmente la legalità, sospendendo la Deliberazione della Giunta Regionale Abruzzo che avrebbe condannato a morte centinaia di cervi e smentendo clamorosamente la precedente Ordinanza n. 00181/2024 del Tribunale Amministrativo Abruzzo del 09/10/2024.
Con quell’Ordinanza il T.A.R. aveva rigettato la richiesta di sospensiva degli abbattimenti, basando la sua decisione su alcuni fatti non dimostrati o addirittura palesemente falsi:
(1) gli abbattimenti sarebbero un valido sistema di prevenzione degli incidenti stradali (in realtà, secondo il Piano Faunistico Venatorio Regionale del 2020, solo il 12% degli incidenti registrati in Abruzzo con il coinvolgimento di ungulati è attribuibile ai cervi, mentre nella maggior parte dei casi sono coinvolti i cinghiali);
(2) il parere dell’ISPRA sul Piano di abbattimenti escluderebbe “effetti indiretti su altre specie ed un impatto negativo sulla biocenosi” delle quali i cervi fanno parte (in realtà tale parere si limita ad accertare il superamento della cosiddetta “densità soglia” della popolazione di cervi, senza esprimersi per nulla sull’incidenza degli abbattimenti, per la quale occorrerebbe invece apposito Studio di incidenza ambientale, peraltro non di competenza dell’ISPRA).
La decisione del Consiglio di Stato, ora, ha ribaltato questa decisione, riconoscendo la fondatezza dell’illegittimità del Piano di abbattimento dei cervi e scongiurando, almeno fino alla nuova pronuncia di merito del T.A.R., un’inutile strage di animali.
In particolare, il Consiglio di Stato afferma che “la Regione può comunque valutare, coerentemente con la responsabilità civile sulla stessa gravante, l’adozione di misure per la prevenzione di incidenti stradali, come l’apposizione di recinzioni e la realizzazione di attraversamenti faunistici”, riconoscendo quindi implicitamente che quello degli abbattimenti dei cervi non è un valido sistema di prevenzione degli incidenti stradali.
Anche secondo il Manuale (“Linee guida per la gestione degli ungulati”) n. 91/2013 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale “in termini gestionali l’attenuazione del conflitto è perseguibile attraverso l’utilizzo sinergico ed attentamente modulato della prevenzione del danno e della regolazione della distribuzione spaziale e della densità delle popolazioni.
Il controllo numerico può essere correttamente attuato solo successivamente ad un processo di monitoraggio, di analisi e di valutazione critica del fenomeno conflittuale e quando nessuna alternativa indiretta si sia dimostrata efficace e conveniente. Il controllo si configura dunque come un intervento con requisiti di straordinarietà e di urgenza che lo rendono inadatto ad essere inserito fra gli strumenti contemplati nella pianificazione faunistico-venatoria ordinaria”.
Quindi, la caccia di selezione tramite abbattimenti, secondo l’ISPRA, è ammissibile solo in casi straordinari ed urgenti, e mai come strumento ordinario di gestione della fauna selvatica, come è stato invece postulato e deliberato dall’Amministrazione Regionale dell’Abruzzo.
La soglia fissata dall’ISPRA di due animali al km2, inoltre, non può essere considerata un motivo sufficiente per pianificare la caccia selettiva al cervo senza considerare tutti gli altri fattori in gioco sul territorio, antropici e naturali, inclusa la presenza di habitat e specie rigorosamente tutelate dalla Direttiva UE Habitat.
Un sistema efficace (ed anche obbligatorio per legge) per valutare tutte componenti che potrebbero subire conseguenze negative dall’attuazione del Piano di abbattimento del cervo è quello di attivare la procedura di Valutazione di Incidenza Ambientale, cui il predetto Piano non è mai stato sottoposto, con la motivazione pretestuosa che il preesistente Piano Faunistico Venatorio Regionale del 2020 è stato già approvato e sottoposto alla procedura di V.Inc.A.: in realtà tale Piano non prevedeva alcuna misura operativa finalizzata al controllo della popolazione di cervo, con l’indicazione delle relative modalità, delle quantità, dei tempi e dei luoghi, prevedendone soltanto “la verifica della fattibilità, ed eventuale avvio del prelievo in caccia di selezione”; inoltre, tale Piano non può applicarsi alle azioni di abbattimento previste nel 2025, in quanto è limitato al periodo 2020-2024.
Appennino Ecosistema chiede ora all’Amministrazione Regionale di riconsiderare la propria decisione, attivando al più presto la procedura di V.Inc.A., con il conseguente approfondimento su basi scientifiche delle conseguenze ecologiche della stessa e la possibilità di partecipazione del pubblico al procedimento, come previsto dalla normativa vigente.
Comunicato stampa Appennino Ecosistema