Nella condizione tragica delle donne iraniane, a cui era preclusa la letteratura persiana simbolo di identità di un popolo libero, Forugh Farrokhzad, nata nel 1935 a Teran, fa della poesia una Finestra da cui guardare come atto vitale il mondo femminile in modo divergente dall’opinione comune.
Mi piace commentare la scrittrice,che per aver scelto la poesia alla famiglia perse per sempre il diritto di vedere il figlio, con le parole di Edoardo Sanguinetti ”Ma alla realtà, attraverso la finestra dell’ipotesi fantastica possiamo e dobbiamo accedere poi tutti, a qualunque età” Del resto per Forugh “La finestra poetica” rappresentò il primo passo per modificare la società tramite una grammatica esistenziale alternativa allo stato di fatto. La sua poesia, composta fin dall’età adolescenziale, è la finestra di un’anima, prima ancora che di un luogo fisico: “ Quando ti guardo/ è come guardare dalla finestra/ il mio albero solitario, pieno di foglie, /io parlo/Se verrai a casa mia, oh mio caro/ portami una luce/ e una piccola finestra/ per guardare/ la stradina affollata e felice”. Uno sguardo quello poetico nel tempo della dittatura islamica giudicato “scandaloso” per i riferimenti alla poesia persiana sensuale e a volte erotica: “Con il corpo dalla pelle tesa/ con i seni duri e pieni/ si può inquinare/ nel letto di uno sbronzo, un randagio, un folle/ la purezza di un amore”. In un Iran che entrava nell’epoca della dinastia dei Pahlavi, era considerato rivoluzionario comporre sia poesie a tema sociale-politico che fare riferimenti alla tradizione lirica persiana che vuole una donna capace di amare in modo disinibito e libero.
Sull’onda delle emozioni e dei desideri la poetica di Forugh, essendo caratterizzata da una sensibilità personale ed intimistica, si fa moderna e universale. I suoi versi che indagano sulla bellezza della natura spesso con accenti mitici sostano compiaciuti nel mistero dell’amore. Ma nel cogliere le gioie dell’incontro con l’amato vive in lei la consapevolezza della provvisorietà della vita terrena e con essa l’angoscia della morte vissuta come menzogna. Muta lo sguardo dalla finestra della sua coscienza quando osserva i legami familiari spesso cristallizzati in maschere : ”L’intera vita di mia madre/ è un tappeto di preghiera/ steso sulla soglia spaventosa dell’inferno/ mia madre in fondo a ogni cosa/ vede le orme del peccato/ e pensa che la bestemmia di una pianta/ abbia infettato il giardino/ mia madre prega tutto il giorno,/ mia madre per sua natura è peccatrice,/ e per esorcizzare/ soffia sui petali e sui pesci/ soffia su se stessa/ mia madre aspetta la venuta del Promesso/ e le grazie che discenderanno”. Nel disagio esistenziale anche il cortile della sua casa è percepito come un luogo di guerra dove l’antico giardino dell’Eden risuona di risse e battaglie annunciate: “Il cortile della nostra casa è solo/ il cortile della nostra casa è solo/ tutto il giorno, dietro la porta, si sente il fracasso/ di esplosioni e di cose frantumate/ i nostri vicini coprono/ le vasche dei loro cortili/ e senza volerlo le vasche di maiolica/ diventano depositi di polvere da sparo/ e i bambini del quartiere/ riempiono le loro cartelle di piccole bombe/ il cortile della nostra casa è stordito/ dalla paura/ (…)/ e il cuore del giardino si sta gonfiando sotto il sole/ e la sua memoria si svuota lentamente/ del ricordo del verde”.
Forugh perde la vita il 13 febbraio del 1967 a soli trentadue anni per un incidente stradale ma la sua poesia continua a risuonare e a scuotere una comunità che ancora oggi dietro la retorica di una falsa occidentalizzazione resta legata ai dettami teologici del califfato integralista. In una cultura patriarcale che considera la donna inferiore all’uomo la poesia riesce a commuovere le intelligenze e i sentimenti dei fruitori non offrendo una sterile consolazione ma ispirando la volontà di eliminare la differenza di genere per combattere le disuguaglianze e le ingiustizie.
La eco della sua voce ancora vibra nella storia di mille donne in ogni parte della Terra a cui non è concesso vivere nel rispetto dei diritti umani. Tra tutte ricorderemo la violenza subita due anni fa da Mahsa Amini, la ventiduenne che morì a causa delle percosse subito per non aver indossato correttamente l’hijab e quella di Malala Yousafzai ferita gravemente per aver affermato il diritto all’istruzione.
L’acuta liricità dei poeti del dissenso è sempre intrisa di tensioni che sconvolgono e modificano il presente.
Per questo è importante, a mio avviso, ascoltare i versi di Forugh ancora oggi mentre per le strade di Tehran le donne sono oggetto di discriminazioni.
Le donne, operatrici di pace, da sempre attraverso la poesia e la parola, testimoniano la loro condizione per dare voce a coloro che meritano di essere ascoltati.
Lasciatemi concludere con una poesia di Forugh aperta alla speranza.
Ascolta
Ascolta la mia voce lontana
nella nebbia densa dei salmi mattutini
e guardati nella quiete degli specchi
vedi come ancora, con i resti delle mie mani
sfioro la profondità oscura dei sogni
e tatuo il mio cuore come una macchia sanguinea
sulle candide felicità dell’essere