Avezzano – “Sì alla parità di genere, ma non per le elezioni nella scuola”. Lo afferma il Prof. Salvatore Braghini della Gilda Insegnanti della provincia dell’Aquila.
“Nelle elezioni del consiglio di istituto, componente studentesca, del Liceo “Torlonia-Croce” (il più grande polo umanistico della provincia), tenutesi la settimana scorsa, – spiega il Prof. Braghini – sono stati eletti 4 studenti (bravissimi) e nessuna studentessa. Ciò, si badi bene, pur essendo superiore, e non di poco, il numero delle studentesse. Mentre, per la componente insegnanti, sono risultate elette ben 8 su 8 validissime professoresse.
Tra i molteplici aspetti problematici (o comunque interessanti) che emergono da un tale esito ne individuo uno su cui riflettere, di particolare importanza alla luce della (da poco celebrata) “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, che, a mio modesto avviso, meglio dovrebbe intitolarsi “Giornata per promuovere il rispetto delle donne”. Il rispetto per le donne e per ciascun genere passa anche per l’attenzione alla rappresentatività di genere nelle istituzioni. In gioco è una cultura condivisa delle pari opportunità, quale elemento in grado di incentivare il reciproco rispetto tra i sessi, prima forma di prevenzione della violenza.
Ebbene, tornando ai risultati delle predette elezioni svoltesi a scuola, con cui si designano all’interno del Consiglio d’Istituto i rappresentanti di docenti, personale ATA, genitori e, appunto, studenti, viene in evidenza una notevole criticità, poiché in tali elezioni non si è tenuti a rispettare una quota di genere né riguardo alla composizione della lista né, conseguentemente, di voto. Si possono esprimere fino a due preferenze ma non vi è alcun vincolo nella scelta di genere.
Se penso all’estensione del principio giuridico delle quote ai vari livelli elettorali, noto una certa arretratezza del mondo della scuola rispetto alle altre comunità elettive, che da tempo hanno assunto, dalle consultazioni europee a quelle dei Comuni, un tassativo rispetto delle quote.
La strada percorsa dagli enti locali, ad esempio, rende conto molto bene dell’avanzamento inesorabile di una sensibilità di genere. Una legge del 2012 ha stabilito infatti due principi. In base al primo, nei comuni con più di 5 mila abitanti nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi (una sentenza della Corte costituzionale di marzo 2022 ha poi stabilito che questo vincolo deve valere anche nei comuni con meno di 5 mila abitanti, ma senza sanzioni). In base al secondo principio, nei comuni con più di 15 mila abitanti vale la “doppia preferenza di genere”: si può esprimere la preferenza a due candidati, a patto che siano di sesso diverso (pena l’esclusione della seconda preferenza). Una legge del 2014 ha poi stabilito che nelle giunte dei comuni con più di 3 mila abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 percento. Si può discutere se queste regole abbiano conseguito o meno lo scopo di incentivare la partecipazione assortita di uomini e donne.
A giudicare dai numeri della presenza della componente storicamente meno rappresentata nelle assemblee elettive ed esecutive, cioè le donne, mi sembra proprio di sì.
Mi domando allora, perché proprio la scuola trascura un adeguamento normativo che assuma meccanismi perequativi di rappresentatività elettorale riferita agli organi collegiali?
E già, proprio la scuola, che dovrebbe essere cuore pulsante e propositivo di buone prassi che valorizzino le pari opportunità, sembra invece il fanalino di coda. Eppure stiamo parlando del luogo in cui si educa anche alle pari opportunità, in cui si riceve e si plasma la cultura e la cittadinanza. Dunque, del luogo in cui non possono mancare norme, regolamenti, linee guida e prassi intese a realizzare, in ogni contesto, didattico-formativo e non, quell’uguaglianza, senza distinzione di sesso, formale e sostanziale, mirabilmente scolpita nell’articolo 3 della Costituzione.
Auspicando che presto il problema sia sollevato nelle alte sfere, spero che, come spesso accade, siano le singole istituzioni scolastiche, e in particolare studentesse e studenti, a sollecitare buone prassi che assicurino un’equa rappresentatività di genere. È in gioco il rispetto di ogni persona, a prescindere, e anche a motivo, del genere cui appartiene”.