Abruzzo – Il disastro di Rigopiano, avvenuto il 18 Gennaio 2017, ha segnato una delle tragedie più drammatiche nella storia recente dell’Italia. Una valanga travolse l’hotel Rigopiano, causando la morte di 29 persone.
La Corte di Cassazione, con la sentenza dello scorso 3 Dicembre, ha confermato la responsabilità di vari imputati e ha ribadito la possibilità di prevenire l’evento, evidenziando le gravi omissioni che hanno contribuito alla tragedia.
Secondo la Cassazione, la prevenzione del disastro sarebbe stata non solo possibile, ma anche dovuta. Le motivazioni della sentenza ribadiscono che l’identificazione di Rigopiano come sito ad alto rischio di valanghe avrebbe dovuto avvenire ben prima dell’evento tragico.
La Corte ha sottolineato che non si sarebbe dovuto aspettare che il disastro si verificasse, né che fosse imminente. La classificazione di Rigopiano come sito valanghivo avrebbe infatti comportato il divieto di accesso alle strutture del resort durante la stagione invernale o, almeno, l’imposizione di misure restrittive per garantire la sicurezza delle persone.
Questa analisi della Corte riflette una visione di prevenzione che considera la protezione delle persone come la priorità assoluta.
La prevenzione, infatti, è definita dalla Cassazione “la regina per l’incolumità individuale e collettiva“, un principio che avrebbe dovuto guidare le azioni delle autorità competenti, ben prima che la tragedia avesse luogo. Se Rigopiano fosse stato classificato come sito pericoloso e se fossero state attuate misure adeguate, il tragico evento sarebbe stato evitato.
La Corte ha anche messo in evidenza un altro elemento cruciale: se la strada che conduceva al resort fosse stata liberata dalla neve la mattina del 18 Gennaio 2017, molti degli ospiti che cercarono disperatamente di fuggire avrebbero potuto farlo in tempo, evitando così la morte e le lesioni.
In questo contesto, la Cassazione ha rimarcato l’importanza di monitorare e assicurare la disponibilità di mezzi spazzaneve per garantire la viabilità delle strade. Un’adeguata gestione delle risorse e una rapida reazione alle condizioni meteo estreme sarebbero state determinanti per proteggere la vita delle persone.
Il percorso giudiziario, tuttavia, non è ancora concluso. La sentenza ha disposto un appello bis per dieci imputati, tra cui il sindaco di Farindola, il tecnico comunale, e diversi dirigenti della Regione Abruzzo e della Provincia di Pescara, i quali dovranno rispondere dei reati di omicidio colposo e disastro colposo.