Il prof. Valletta sulla situazione culturale del paese: “è diventata un divertimento per casalinghe annoiate”

Degli insegnamenti ricevuti ha appreso e conservato tutto: l’altruismo, la voglia di aiutare chi è in difficoltà, il dispensare consigli, l’esaltazione dell’etica dei valori, del servizio verso gli Altri e del lavoro. Dialogare con il professor Sandro Valletta, docente in diritto delle migrazioni, vice presidente del centro studi per l’immigrazione a Roma, direttore del dipartimento di scienze dell’immigrazione dell’accademia leonina delle scienze e delle arti, accademico A.E.R.E.C (Accademia Europea per le Relazioni Economiche e Culturali) e operatore legale per i cittadini dei Paesi terzi, beneficiari del progetto “Di.Agr.A.M.M.I.”, è veramente gradevole. Ma il tratto più forte riguarda il rigore morale, il rispetto per ogni forma di vita e la correttezza, perché Sandro Valletta non è solo questo, ma un fine saggista, con 17 pubblicazioni all’attivo, e un eccellente scrittore, di cui l’Abruzzo è orgoglioso.

Una lezione di umanità tanto che, spesso, dichiara:”Ogni giorno è da vivere. Ogni istante ci viene dato da Dio e non ha nulla di troppo e nulla di non abbastanza e non possiamo trattarlo semplicemente come un foglio d’agenda”. Ultimamente gli è stata conferita la MENZIONE SPECIALE “Che fare? A Fontamara…”, nell’ambito della XXVI^ edizione del Premio Internazionale “Ignazio Silone”. Lo abbiamo intervistato riguardo alla situazione culturale del Paese, disquisendo anche su altre tematiche. 

Professore, qual è la situazione per quanto riguarda la cultura in Italia?

Il punto fondamentale è la sostituzione della cultura e dell’educazione con un’organizzazione burocratica che cresce su e serve solo a se stessa, che porta profitti – ad esempio dando lavoro agli enti formatori, non ultimo il creando carrozzone burocratico della “scuola di alta formazione” – indipendentemente dalla realizzazione o meno di quelli che dovrebbero essere gli scopi prioritari dell’istruzione pubblica: far crescere cittadini alfabetizzati, colti e consapevoli.

Stiamo di fronte ad un “dramma culturale”?

Il vero dramma, più ancora di quello della “formazione continua”, sarà quello del reclutamento: i futuri insegnanti, già all’università, prima ancora (e probabilmente invece) di approfondire le conoscenze fondamentali delle proprie discipline, prima di appassionarsi liberamente ad esse, dovranno preoccuparsi di “formarsi” tramite il sistema dei “cfu” sulla buro-pedagogia astratta che conosciamo bene, quella delle “metodologie” standardizzate di insegnamento che vengono imposte a priori, con una paradossale inversione mezzi-fini. Il rischio è che i futuri insegnanti non avranno più nulla da insegnare ai propri studenti, se non quattro formule vuote e burocratiche del totalitarismo didattichese, quello delle “unità di apprendimento” e della “certificazione delle competenze”, sonore banalità – che gli insegnanti hanno sempre messo in pratica – presentate con un pomposo apparato pseudo-teorico che serve a farle credere importanti, inevitabili e nuovissime e a distogliere l’attenzione da ciò che davvero conta nella scuola: la crescita umana e culturale degli studenti. A queste condizioni la cultura sta  diventando solo un divertimento per le casalinghe annoiate. 

Quindi, il futuro delle nuove generazioni non sembra così roseo?

Per ciò che riguarda il futuro delle nuove generazioni e della nostra società mi permetto di affermare che a pagare il prezzo saranno proprio gli studenti, che non verranno più istruiti. Vediamo già gli effetti di vent’anni di “riforme” dissennate, con la diffusione, tra i giovanissimi, di un drammatico analfabetismo.

Cosa pensa del momento storico che stiamo vivendo?

Sono sconcertato di fronte alla cecità del genere umano. Stiamo ad un passo dalla deriva e non facciamo nulla. L’obiettivo è lucrare su tutto, non di essere il più bravo o il più acculturato. 

Parafrasando Silone, quale, secondo lei, tra le righe, il testamento spirituale del “nostro” scrittore?

È  durante l’esistenza terrena che si deve diventare Uomini, prima per i valori, poi per il mestiere, tenendo sempre presente l’importanza della cultura rispetto alla smania di fare soldi, di studiare solo per lavorare. Silone è sicuramente amato da tutti perché la denuncia verso le ingiustizie del mondo, verso la natura e le istituzioni, anche in questo momento storico, lo rendono voce della sfiducia e sentimento di tutte le generazioni, in quanto dal suo vocabolario e stata sempre bandita la parola ipocrisia.

Cosa pensa della cultura mondiale dopo tutte queste vicissitudini?

Penso che questa cultura mondiale sia andata oltre i limiti, perché ha creato una tale adulazione verso il dio denaro, che siamo in presenza di una filosofia, e di una prassi, di esclusione dei due poli della vita che sono le premesse dei popoli: quella degli anziani e quella dei giovani. Uno potrebbe pensare che ci sia una specie di eutanasia nascosta, cioè non ci si prenda cura degli anziani, ma c’è anche un’eutanasia culturale, perché non li si lascia parlare e agire. Mentre, riguardo alla seconda, la percentuale che abbiamo di giovani senza lavoro, senza impiego, senza un titolo di studio è molto alta e abbiamo una generazione che non ha esperienza della dignità guadagnata con lo studio e il lavoro. Questa civiltà, cioè, ci ha portato ad escludere i due vertici, che sono il nostro futuro. Allora i giovani devono emergere, devono farsi valere, devono uscire per lottare per i valori, credo nei giovani perché sanno ancora Amare, e gli anziani devono aprire la bocca e insegnarci, per trasmetteteci la Cultura e la Saggezza dei popoli.

Quale il messaggio che gradisce comunicarci?

Il mio monito/invito è che dobbiamo lottare per dare una voce e un nome alla grande e alla piccola Cultura perchè è la radice profonda del sogno di cambiare e rendere il mondo migliore, sotto ogni punto di vista. 

Qual è la parola più bella che le viene in mente?

Una: preparazione culturale che ne comprende tre: dignità, amore e rispetto.

Un punto di riferimento culturale nella sua vita?

Credo che sia nella formazione culturale umana, professionale e familiare, quindi nelle regole, e nei doveri da rispettare. Questa proporzione, al giorno d’oggi, è un po’ saltata. Ho sempre cercato di imparare da tutti, ma non posso non menzionare lo stimolo di mio padre, che mi ha educato ai valori fondamentali dell’esistenza, e gli insegnamenti dei miei maestri di vita, i docenti universitari Pietro Putti e Raffaele Chiarelli, che hanno permesso di esprimere, continuamente, la mia volontà di migliorare la mia preparazione umana, sociale e culturale.

A un ragazzo che le chiedesse un consiglio per migiorarsi culturalmente e nella vita che cosa direbbe?

Cerca di sviluppare quelli che ritieni siano i tuoi talenti, con determinazione e senza scoraggiarti o, peggio, cadere nello sconforto di fronte alle sconfitte. Ogni giorno ricorda a te stesso quanto vali: tu, con le tue idee, i tuoi valori, i tuoi sentimenti, le tue mille forze e le tue altrettante debolezze. Sii sempre orgoglioso della persona che sei, perché la cosa più importante nella vita, è essere in pace con se stessi e potersi guardare ogni giorno allo specchio, senza alcun senso  di colpa.

Tutti abbiamo il cosiddetto “sogno nel cassetto”. Qual è il suo?

Migliorare l’esistenza di tutti gli esseri animati del Pianeta. coltivando l’Amore per la letteratura, per la poesia che, secondo me, è  la divulgazione dei sentimenti più nobili, per la storia, per l’arte e per il teatro, insomma per tutto ciò che riguarda la crescita umana e culturale. 

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