Presenza del lupo appenninico nel Parco nazionale d’Abruzzo tra fattori di disturbo come uomini e cani

Presenza del lupo appenninico nel Parco nazionale d'Abruzzo tra fattori di disturbo come uomini e cani

Abruzzo – Per valutare l’occupancy, la presenza, la distribuzione e le interazioni tra il lupo, le altre specie di mammiferi e le attività antropiche sono stati utilizzati dati di presenza basati sullo snowtracking (il rilevamento di piste di lupo su neve lungo percorsi prestabiliti chiamati transetti) e il fototrappolaggio.

Ogni campione biologico fresco ritrovato lungo i transetti (escrementi, carcasse, urina su neve e peli) è stato raccolto e campionato per le analisi genetiche con l’obiettivo di verificare lo stato di ibridazione del lupo (ossia l’incrocio con i cani) all’interno del PNALM.

Il progetto, nato dalla collaborazione tra PNALM e il Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate dell’Università degli Studi dell’Insubria è stato oggetto di una tesi di laurea della Dottoressa Marta Lagger. Il campionamento si è svolto nell’inverno 2022-2023 ed è andato avanti anche nella stagione invernale appena passata.

All’interno dell’area di studio sono state individuate 9 celle di campionamento in ognuna delle quali sono stati disegnati due transetti di lunghezza variabile a seconda delle caratteristiche del territorio, lungo i sentieri del Parco per un totale di 18 transetti. Per ogni transetto sono state posizionate da 1 a 2 fototrappole.

Ciascun transetto è stato percorso con una media di 2-3 volte al mese tra ottobre e marzo.
Grazie alle immagini delle fototrappole è stata redatta una checklist, ossia un elenco, dei mammiferi presenti lungo i transetti confermando la ricca biodiversità del PNALM, tra cui le prede del lupo (ungulati) e i possibili fattori di disturbo (esseri umani e cani).

Analizzando gli orari delle immagini è stato calcolato il ritmo di attività circadiana in cui emerge che il periodo di maggiore attività del lupo è crepuscolare e notturno e coincide con quelli delle sue prede, mentre è opposto a quello degli esseri umani che è diurno. Questo dato, che potrebbe essere considerato scontato, va interpretato invece nella capacità del lupo di adattarsi alla presenza dell’uomo sul territorio, adattando i propri ritmi circadiani ai disturbi antropici.

I dati di occupancy, ottenuti sia con le immagini delle fototrappole, sia con i segni di presenza rilevati lungo i transetti hanno messo in evidenza che il lupo occupa una vasta porzione di territorio preso in esame, simile a quella degli ungulati selvatici come capriolo, cervo e cinghiale. Anche la presenza umana è risultata elevata e simile a quella dei lupi, ma la sua detecatbility, ossia la probabilità di essere rilevato dalle fototrappole, è risultata più elevata. La presenza e la rilevabilità di cani domestici, invece è stata inferiore rispetto alle altre specie.

Durante il lavoro di campo sono stati raccolti 87 campioni, ma solo per 19 è stato possibile determinare il genotipo. Di questi, 12 sono risultati maschi e 7 femmine, ma tutti di Canis lupus. Oltre a questi, sono stati genotipizzati 5 campioni di muscolo provenienti da carcasse rinvenute nell’area contigua e/o esterna al PNALM.

Di questi, 3 sono risultati lupi, 1 un ibrido e 1 un lupo introgresso. In questo caso, con il termine introgressione i genetisti indicano geni di cane che sono stati integrati nel genoma del lupo e, di conseguenza, vengono trasmessi alle generazioni successive, manifestandosi anche a livello morfologico (ad esempio i lupi neri americani).

Sebbene si tratti di un fenomeno che è alla base dei processi evolutivi ed è molto diffuso in natura tra tutte le specie animali e vegetali, sembra avvenire più frequentemente nei territori altamente disturbati dall’uomo, in quanto sono più frequenti le occasioni di incontro tra lupo e cane. Ad oggi il fenomeno dell’ibridazione del lupo è ampiamente dibattuto, specialmente per quella che deve essere la gestione degli ibridi e quali possono essere gli effetti dei geni canini sulla fisiologia e sull’ecologia del lupo.

Quello che sappiamo è che può rappresentare una minaccia per la conservazione di questa specie, e che alcune risposte le potremo avere dalla ricerca e dal monitoraggio. E’ comunque evidente che i cani vaganti non gestiti e lasciati liberi di muoversi sul territorio sono una minaccia per la conservazione del lupo e della fauna in generale sia dal punto di vista ecologico, sia da quello sanitario e genetico.

Fonte: PNALM

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