L’Unione Agricola Marsicana in difesa dei coltivatori del Fucino (febbraio-marzo 1929)

Con la stipulazione dei patti Lateranensi, l’atteggiamento del mondo cattolico, che si era adeguato «al nuovo regime con una certa cautela e con qualche riserva», cambiò, permettendo al regime fascista di realizzarsi in tutti i suoi elementi.

In questa prospettiva, grazie alla «Conciliazione» con la Santa Sede, Mussolini riuscì a risolvere la spinosa «questione romana» che riteneva un fatto del passato. Tuttavia, pur rimanendo alcune questioni ancora aperte e per consacrare l’accordo raggiunto il 25 luglio 1929: «Pio XI usciva per la prima volta dal 1870 sulla piazza San Pietro», terminando quel lungo periodo di «prigionia tra le stanze del Vaticano» (1).

La questione fu accolta con favore anche nella Marsica: d’altronde, come abbiamo visto, trovava già un clero asservito al potere, sempre presente alle manifestazioni fasciste.

Meno conciliante, invece, si rivelò «La questione delle terre al Fucino». Infatti, nella riunione indetta il 12 gennaio 1929 presso il «Ministero delle Corporazioni», non si riuscì a risolvere «qualche punto ancora incerto della complessa e grave questione». Il rinvio dovuto all’esame di ulteriori e più difficili elementi, non poteva che «far piacere alle parti interessate, poiché denota con quanta cura e con quanta cautela le Autorità, sia locali che centrali, procedano e come vogliano rendersi conto dei minimi particolari prima di prendere una qualsiasi decisione che interessa tanta parte della nostra popolazione agricola lavoratrice». Poste tali posizioni, il corrispondente di Avezzano non mancò, tra l’altro, di sottolineare l’avverso clima stagionale come: «uno dei più rigidi inverni che a memoria di uomo si ricordi, neve e ghiaccio dovunque in Abruzzo ed al Fucino freddo siberiano». Il giornalista, nel suo articolo lanciava l’allarme della disoccupazione caratterizzata da «mesi duri, di privazioni e forse di fame!», accusando l’amministrazione Torlonia di imporre un nuovo aumento degli affitti, invece di diminuirli, poiché: «L’agricoltore fucense non è in grado di pagare l’odierno estaglio (e ne sono prova le generali insolvenze!) e si può pensare di aumentarlo? Seguiremo la questione e porteremo, come sempre, anche l’eco dell’opinione pubblica serena e cosciente».

Di fronte a una visione imprescindibile, rimaneva da vedere come si sarebbe evoluta la grave situazione esaminata attentamente dalle autorità competenti a cui andava, comunque «un elogio incondizionato» (2). Oltretutto, sempre nel mese di febbraio del 1929, furono resi noti i termini del nuovo contratto stipulato precedentemente tra i rappresentanti delle organizzazioni dei bieticoltori della Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo e quelli degli zuccherifici che si erano riuniti a Roma nei giorni 22-23-24 giugno dell’anno precedente. È dunque in questo contesto che l’accordo stabiliva per il coltivatore del Fucino di ricevere il 56% del prezzo di vendita dello zucchero «con garanzia di un minimo di L.12,50 per ogni quintale di bietole pagabile entro 30 giorni dalla chiusura della fabbrica». Il testo del nuovo contratto era stato già diramato tra i bieticoltori fucensi: «i quali non potevano che essere grati alla Federazione Nazionale dei Bieticoltori, che ha portato anche in questa importante zona bietolifera i concetti ed i sistemi che già da molto tempo regolano la bieticoltura nella Valle Padana». In effetti, vedremo come l’applicazione pratica del contratto, specialmente per la prossima campagna, non fu molto agevole, richiedendo un accordo diretto con lo zuccherificio: «il quale doveva predisporre tutti i servizi atti a garantire la piena tutela degli interessi dei bieticoltori e dei coltivatori, i quali dovranno prestarsi affinché, sia pure con le dovute garanzie e con i necessari controlli, i servizi di consegna, di pesatura, di analisi, ecc. che permetteranno lo svolgimento regolare in un ambiente perfettamente sereno». In effetti, rimasero molto delicate le successive fasi operative per mettere in pratica le clausole del contratto e per risolvere la questione nei modi adeguati. L’articolo terminò rimandando a tempo opportuno: spiegazioni, notizie, consigli e richiami, per permettere alle maestranze di vigilare e far rispettare le clausole contrattuali (3).

Nei primi giorni di marzo, in vista di nuove soluzioni, ad Avezzano ebbe luogo un’importante riunione nei locali «dell’Unione Provinciale dei Sindacati Fascisti dell’Agricoltura», a cui parteciparono con interesse moltissimi agricoltori e affittuari del Fucino: rappresentanze delle organizzazioni dei lavoratori della Marsica, dirigenti, sindacati coloni e piccoli affittuari. Luigi Di Benedetto, Luigi Fracassi, Pietro Angelini (direttore del patronato nazionale dell’Aquila), l’agronomo Aldo Aureli (direttore dell’unione provinciale dei sindacati dell’agricoltura), Giuseppe Leonardi (commissario delle organizzazioni sindacali dell’Aquila) e De Ambris (agente della direzione generale dell’unione agricola centrale), intervennero al dibattito seguendo le indicazioni di Aureli, che illustrò lo scopo dell’assemblea, per riassumere i programmi proposti dall’unione agricola. Poi, alla presenza di un notaio, si stipularono i patti fondamentali per la costituzione dell’Unione Agricola Marsicana «alla quale hanno aderito un fortissimo numero di piccoli affittuari e coltivatori. Procedutosi alle nomine dei componenti del Consiglio e Collegio dei Sindacati ed effettuato il versamento delle prime quote, si sono iniziate le prime sottoscrizioni per il fabbisogno dei prodotti e attrezzi dell’annata granaria». Intervenne anche il dottor Leonardi, spiegando dettagliatamente gli scopi e le funzioni dell’Unione che mirava soprattutto a tutelare gli interessi dei lavoratori e dei loro quotidiani bisogni. A tal fine: «il Dottor Leonardi, ha ampiamente riferito sull’avvenuta stipulazione del Patto Bieticolo ed ha dato ampie e dettagliate notizie in merito alle discussioni sul patto di affittanza del Fucino che trovasi in esame al Ministero delle Corporazioni. Ha tenuto a precisare l’opera su tale proposito svolta dalla Confederazione dei Lavoratori Agricoli ed in nome di essa dall’on. Razza e dall’on. Angelini le cui assidue cure e l’animosa attività sono rivolte incessantemente a tutelare gli interessi generali dei coltivatori del Fucino». La sua lunga relazione fu accolta dagli intervenuti con ripetuti applausi e tutti riaffermarono «la loro incrollabile fede e fiducia nel Sindacalismo Fascista e nel Regime». Alla fine degli animosi interventi, furono inviati telegrammi all’onorevole Razza, all’onorevole Angelini e alla direzione generale dell’unione agricola centrale. A conclusione dell’intesa giornata: «Il Dottor Leonardi, assistito dall’Agronomo Aureli, ha ricevuto varie rappresentanze delle organizzazioni marsicane raccogliendo i loro voti e dando istruzioni relativamente all’inquadramento ed alla prossima discussione dei patti riguardanti i coloni a compartecipazione, i braccianti ed i salariati fissi» (4).

NOTE

  1. R.De Felice, Mussolini il fascista, II. L’organizzazione dello stato fascista, 1925-1929, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, La Conciliazione, pp.382-436.
  2. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno XI – Num.853 – Roma, 7 Febbraio 1929, p.2, La questione delle terre al Fucino.
  3. Ivi, Anno XI – Num.854 – Roma, 10-11 Febbraio 1929, Il nuovo contratto bietole al Fucino.
  4. Ivi, Anno XI – Num.860 – Roma,7 Marzo 1929, Corriere di Avezzano. Un’importante riunione agricola e sindacale ad Avezzano. Costituzione dell’Unione Agricola Marsicana.

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