Le dottrine fasciste osannate da Ermanno Amicucci in occasione del Plebiscito (24 marzo 1929)

Il 24 marzo 1929: «gli italiani furono chiamati da Mussolini e dal fascismo ad esprimere, come voleva la nuova legge sulla rappresentanza politica approvata l’anno prima, il loro voto pro o contro la lista dei quattrocento deputati designati dal Gran Consiglio del fascismo. La consultazione, che nel linguaggio politico fascista fu definito il plebiscito, doveva servire ad eleggere la prima Camera del regime e soprattutto a sancire solennemente, attraverso appunto un voto il più possibile plebiscitario, il consenso, l’adesione del paese alla politica mussoliniana, al fascismo e al regime stesso» (1).

Durante la propaganda elettorale, che si svolse anche nel comprensorio marsicano, l’onorevole Ermanno Amicucci dal balcone del palazzo municipale di Avezzano, pronunciò un solenne discorso rivolto a tutti i «Camerati, Cittadini di Avezzano, Popolo della Marsica». Dopo aver ringraziato il podestà e le altre autorità intervenute per l’affettuosa accoglienza, si rivolse alla folla accorsa in gran numero, dicendo: «Fra i tanti miracoli, il Fascismo ha compiuto anche quello di distruggere i campanili. Intendiamoci bene, il Fascismo ha rimesso in onore i campanili veri, quelli delle nostre Chiese, in cui le nostre anime si comunicano con Dio; ed ha abbattuto senza pietà, i falsi campanili, che erano il segnacolo di una lotta assurda e perniciosa fra paese e paese, fra città e città, fra regione e regione, fra popolo della stessa razza e della stessa nazione. Tutta la Marsica, con i suoi uomini e le sue forze migliori ha contribuito alla ricostruzione di Avezzano, dopo la furia devastatrice del terremoto. L’uomo ha avuto ragione della natura ed oggi Avezzano è risorta, più bella, più grande, più popolosa, più prospera di prima. Bisogna continuare nell’opera intrapresa, con lo stesso entusiasmo e con rinnovata fede. Salutiamo l’avvenire di Avezzano, che è certo. Auspichiamo alle fortune di Avezzano e della Marsica, che sono immancabili, perché s’identificano con le fortune dell’Italia Fascista». Il suo discorso fu interrotto per alcuni minuti dagli applausi della popolazione, per poi riprendere elogiando il duce: «Comunque, non è ai 400 candidati, né a questo o a quel candidato che voi dovrete dare, domenica prossima, il voto. Si vota per un’idea, per un simbolo; per un Uomo, che questa idea incarna, che questo simbolo ha esaltato, col suo genio, nel mondo. Si vota per Benito Mussolini, nel segno del Fascio Littorio. Il carattere del Plebiscito è dunque chiarissimo, né può esserne dubbio l’esito […] È necessario votare. È necessario che affluisca alle urne il maggior numero possibile di elettori […] Domenica prossima, 9 milioni di elettori dovranno riaffermare di fronte al Mondo questa grandiosa realtà. Camerati, cittadini, recatevi, domenica prossima, disciplinati, inquadrati, compatti, con i vostri gagliardetti e, le vostre musiche, in testa a compiere il vostro dovere, recatevi alle urne come ad un rito, a celebrare solennemente la grandezza dell’Italia fascista, a salutare festosamente l’avvenire luminoso del popolo italiano» (2). I risultati della consultazione costituirono indubbiamente un grande successo per il fascismo.

Con un titolo in grassetto che esaltava la vittoria delle elezioni: «Magnifica affermazione fascista nella giornata plebiscitaria del 24 marzo», riportata sulle pagine del Risorgimento d’Abruzzo e Molise, si volle dimostrare un risultato importante. Non meraviglia, dunque, dalle affermazioni dei protagonisti, conoscere alcuni pareri molto indicativi espressi dall’elettorato marsicano. 

La popolazione di Luco dei Marsi, fornì prova della sua devozione al duce, votando compatta la lista con i colori nazionali: elettori iscritti e presenti 918, votanti 918, voti favorevoli 908, contrari 10: «Si ritiene per certo che le dieci schede negative siano state introdotte nelle urne solo per errore dei votanti», questo il commento del cronista. Addirittura si affermò che, tutta la cittadinanza con sincero entusiasmo, contribuì al trionfo della lista nazionale e anche parecchi ex socialisti, spontaneamente, votarono per il «si», fieri di dimostrare la propria adesione «al Regime e il genio del suo Capo». A detta del corrispondente, l’instancabile podestà Paolo Ciocci, aveva illustrato all’intera popolazione il significato del Plebiscito, incitando gli elettori a compiere il proprio dovere: «Ottimo il servizio prestato dall’Arma dei RR.Carabinieri al comando del solerte maresciallo Donatelli e quello della Milizia Nazionale che era brillantemente diretta dal Comandante rag. Umberto D’Amario».

Anche il corrispondente di Magliano dei Marsi, pubblicò il suo resoconto, scrivendo: «Tra il più schietto entusiasmo dei cittadini di ogni ceto si sono svolte in questo Comune le elezioni plebiscitarie e con orgoglio di Maglianesi e di fascisti ne comunichiamo i risultati: elettori iscritti 1130; votanti 1080; voti favorevoli 1080; percentuale votanti 95%». Durante lo svolgimento delle operazioni elettorali giunse in paese l’onorevole Ermanno Amicucci, accolto con entusiasmo dal podestà Tomassetti e dai membri del comitato, tra il suono degli inni patriottici eseguiti dalla banda del dopolavoro: «Egli poté costatare de visu l’animata affluenza degli elettori e i servizi di trasporto, con automezzi, diligentemente predisposti dal Comune e dal Comitato elettorale, affinché gli elettori delle frazioni potessero giungere agevolmente al Capoluogo per il compimento del loro dovere. Magliano ha saputo dare in questa occasione mirabile prova della sua compattezza e della sua devozione al Duce e al Regime». 

Anche a Carsoli le votazioni avevano raggiunto un successo notevole, con grande partecipazione di elettori, svolte in una città completamente imbandierata: «Numerosissimi i manifesti affissi, degni di menzione quello della Sezione del P.N.F., a firma del segretario politico, sig. Tullio De Angelis, e quello del Comune a firma del Commissario Prefettizio cav. Luigi Gatti. Alle ore 18, giusto le disposizioni emanate dal Capo del Governo, tutte le campane delle nostre torri civiche hanno, per mezz’ora, suonato a festa mentre le sirene dei nostri maggiori stabilimenti si univano in una dolce eco ai melodiosi rintocchi delle campane» (3).

Senza negare che ci furono anche dissensi, manifestati da piccoli gruppi marsicani di socialisti, repubblicani, anarchici e genericamente liberal-democratici, lo storico Colapietra, riprendendo le notizie da «Il Popolo d’Abruzzo» del 25 marzo 1929, affermando che: «un risultato del 100% essendosi realizzato soltanto a Cerchio, mentre altrove si è stati al di sopra del 90% ma a Pescina, dove Ippoliti, come sappiamo, non è inattivo si è scesi all’82% ed a Gioia addirittura al 69%, un risultato che, in regime fascista, equivale a una mezza disfatta» (4).

Queste indicazioni locali, non devono far dimenticare come l’opposizione antifascista fosse ormai circoscritta a pochi gruppi arroccati nelle «regioni politicamente più mature e dove i partiti antifascisti avevano avuto i loro punti di forza», mentre i risultati generali della consultazione costituirono un indubbio grande successo per il fascismo. L’alta percentuale dei votanti (89,63%) rimane in sé scarsamente espressiva e pochi «furono coloro che ebbero il coraggio di esporsi ad una facile accusa di antifascismo» con un numero limitatissimo dei «no» (5). In questa fase gli onorevoli Alessandro Sardi ed Ermanno Amicucci furono riconfermati come onorevoli: «il primo nell’industria cinematografica, l’altro alla direzione della Gazzetta del Popolo» (6).

Di là dalle Alpi, non si possono omettere le opinioni espresse dalla stampa clandestina. L’Avanti!, pronto a cogliere tutte le occasioni per riaffermare la sua presenza attiva tra le masse, giudicò il Plebiscito come: «la farsa più grottesca del regime». Tra l’altro, mettendo in risalto il congegno attivato nelle elezioni plebiscitarie, precisò:«Abolito il suffragio universale, sono elettori soltanto coloro che pagano un contributo ai sindacati fascisti (contributo che è obbligatorio per legge per gli operai, impiegati, contadini, professionisti), coloro che hanno una data rendita, i datori di lavoro aderenti ai rispettivi sindacati fascisti padronali, i preti». Oltretutto, da questi importanti rilievi, nell’articolo di fondo si legge: «Sui muri appare la scritta: chi si asterrà dal voto sarà considerato traditore. I fascisti percorrono città e villaggi cantando e gridando minacce contro i nemici del fascismo. Le liste preparate dai podestà esclusero circa 4 milioni di elettori: e cioè coloro che erano ritenuti antifascisti. Di 13 milioni, quanti erano nelle vecchie liste, appena 9 milioni rimasero» (7).

NOTE

  1. R.De Felice, Mussolini il fascista, II. L’organizzazione dello stato fascista, 1925-1929, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, p.437.
  2. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno XI – Num.865 – Roma, 28 Marzo 1929, p.3, La Marsica fascista risponde con mirabile compattezza all’appello del Duce. Un forte discorso dell’onorevole Ermanno Amicucci.
  3. Ivi,  Anno XI – Num.866 – Roma, 31 Marzo 1929, Magnifica affermazione fascista nella giornata plebiscitaria del 24 marzo.
  4. R.Colapietra, Fucino Ieri, 1878-1951, Ente Fucino, Stabilimento roto-litografico «Abruzzo-Press», L’Aquila ottobre 1998, p.163.
  5. R.De Felice, cit., p.438.
  6. R.Colapietra, cit. p.171.
  7. Avanti!, Bollettino del Partito Socialista Italiano, Anno XXXIII – N.14-15 – Domenica, 7-14 Aprile 1929, Che cosa è stato il Plebiscito fascista.

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