Il 1° febbraio 1930 «Il Giornale d’Italia», pubblicò un articolo di Mussolini rivolto ai podestà e ai comandanti delle camicie nere, intitolato: «I problemi delle amministrazioni locali. Funzioni e doveri dei Podestà fascisti». Il capo del governo volle mettere subito in chiaro «due problemi specifici ed uno di massima». Occorreva stare più attenti alla costruzione di alloggi popolari, al dazio di consumo e, soprattutto, le amministrazioni comunali dovevano spendere meno. Oltremodo: «Bisognava evitare privilegi a favore di chi la casa l’ha già e sovraccarichi invece chi deve provvedersene. Anche il problema dei dazi chiusi deve essere pure, un giorno o l’altro, risolto. Non solo, contraddice all’unità di tutto il paese e risale allo Stato medievale dello Stato-città, provocando una quantità di sofisticazioni ed adulterazioni» (1).
In realtà, volle intendere, che non bisognava creare ostacoli alle famiglie meno agiate e alla formazione e socializzazione delle nuove generazioni. Lo stesso discorso investiva: «anche i ceti medi che, oltre tutto, rappresentavano pur sempre la parte della società italiana più fascistizzata o, almeno, più condizionata dalla propaganda di massa del regime, tutta tesa a prospettare la situazione italiana come, nonostante tutto, assai migliore di quella degli altri paesi, ad esaltare i provvedimenti e i successi del fascismo e a sbandierare i riconoscimenti che ad esso venivano dall’estero, anche da autorevoli esponenti dei paesi democratici» (2).
Tuttavia, nel 1930 i segni di una grave crisi socio-economica si fecero sentire anche nella Marsica, quando giornalmente disagi, preoccupazioni e malcontenti affioravano per vecchie questioni inerenti al territorio, determinate dalle basse retribuzioni. Carlo Migliavacca (segretario dei sindacati fascisti dell’agricoltura) ne addossava la colpa, specialmente nel latifondo del Fucino, ad una «marea incomposta ed indisciplinata» che faceva così il gioco del padrone, determinando esuberanza di mano d’opera (3).
Notizie non certo ottimistiche giungevano da Luco dei Marsi: «Ci risulta che il Podestà cav.Ciocci ha fatto nuove vivissime premure presso il Ministero dei Lavori Pubblici e presso il Prefetto per la sollecita costruzione delle case popolari, per le quali le pratiche amministrative sono da tempo ultimate e perfette, e per la costruzione dell’edificio scolastico». Venne altresì comunicato alla stampa per il censimento dell’agricoltura, che la commissione comunale con deliberazione del 30 gennaio, aveva già nominato gli ufficiali di censimento: Carlo Antonelli, Antonio Angelucci, Remo Proia, Filippo Alvisini e Giovanni Proia.
Anche il paese di Carsoli espresse al governo lamentele di abbandono: le scuole erano ridotte a sole cinque classi elementari, a fronte di una popolazione notevolmente aumentata. Misere aule, umide prive di luce ed aria, rendevano peggiore l’igiene della scolaresca. Occorreva, magari, in attesa di nuove costruzioni da realizzare, affittare altri locali a privati.
Nuovi rilievi, non meno gravi, furono esternati dalle autorità di Pescina e riguardavano direttamente la situazione della «regia Pretura». Il corrispondente scrisse in proposito: «È una delle più importanti nella giurisdizione del Tribunale di Avezzano ed è antica forse più di questo. Prima del terremoto 13 gennaio 1915 il lavoro civile e penale era rilevante, e, ad espletarlo, era destinato un Pretore di carriera; due vice Pretori onorari; un Cancelliere, un Vice Cancelliere e due Applicati; tre Ufficiali Giudiziari. Dopo il terremoto uno dei Vice Pretori, il Notar cav.Macarone, si dimise per incompatibilità di funzioni, avendo accettato per il bene del paese in quei primi tempi successivi al disastro, l’ingrato ufficio di Delegato Speciale del comune. Non si è più provveduto alla sua sostituzione. I Pretori titolari, venuti in questa residenza a lunghi intervalli, sono stati meteore fuggenti; sono rimasti appena per il tempo necessario a tenere qualche udienza civile di ripartizione delle cause; in qualche anno non si è potuta avere neppure una sentenza civile, nonostante le migliaia di vertenze perdenti o necessariamente cancellate dal ruolo per scandaloso numero di rinvii, a distanza di quindici anni di inattività. Nel campo penale l’attività dei vari giudici è stata assorbita in un lavoro di declaratorie per estinzione di azioni penali o prescrizione per varie amnistie; circa settemila processi seppelliti, con danno irreparabile della giustizia, di interessi pubblici e privati e della locale classe forense, che pur ha diritto di vita. Le amministrazioni comunali del vasto mandamento, sei comuni ed altrettante importanti frazioni, sono completamente esautorate per l’applicazione dei regolamenti; i privati non hanno più coraggio di invocare la tutela dei loro diritti offesi; l’impunità è assicurata ai contravventori, ai rei, ai mancatori di fede nei loro impegni civili o commerciali. Tale deplorevole condizione di cose ormai ha toccato il fondo». Ben due giudici inviati a Pescina, Vito Mannini Caracciolo (poi trasferito ad Alessandria) e Giovanni Scotti (giunto da Bologna), rimasero impotenti di fronte a tale confusione e non riuscirono a smaltire alcuna pratica per mancanza di personale, anche se erano amati da tutta la cittadinanza. Si attendevano, perciò, dal governo, provvedimenti adeguati «senza ulteriore ritardo, nell’interesse pubblico, reso manifesto rispettosamente alle superiori gerarchie fasciste anche dalle autorità amministrative e politiche del mandamento» (4).
Nel frattempo, mercoledì, 23 aprile 1930, il duce insediava il nuovo «Consiglio Nazionale delle Corporazioni con un discorso di ampia portata economica e politica», vista la grave crisi che attanagliava il paese (5).
Il 1° maggio 1930, invece, si svolsero in tutta la Marsica le celebrazioni della quarta «leva fascista» e furono caratterizzate, in tutti i paesi del comprensorio, con dimostrazioni di «esercizi ginnico sportivi» realizzate dai balilla, avanguardisti e giovani italiane al grido di: «A Noi!» (6).
Invece, la cronaca del capoluogo (L’Aquila) di venerdì 6 giugno 1930, ci informa di un’importante riunione dei direttori e dei presidenti delle casse di risparmio abruzzesi, ricevuti dall’onorevole Cristini (presidente della federazione fascista regionale). Oltretutto, l’illustre personaggio parlò ai numerosi agricoltori intervenuti (molti i marsicani presenti) della «vigile premura del Governo per la produzione fondamentale dell’economia», ricevendo un’accoglienza entusiastica (7).
NOTE
- Il Giornale d’Italia, Anno XXX – N.28 – Sabato, 1° Febbraio 1930. Il capo del Governo parla ai Podestà e di Comandanti delle Camice Nere.
- R.De Felice, Mussolini il duce, I. Gli anni del consenso, 1929-1936, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, pp.100-101.
- R.Colapietra, Fucino Ieri, 1878-1951, Ente Fucino, Stabilimento roto-litografico «Abruzzo-Press», L’Aquila ottobre 1998, p.173.
- Il Messaggero, Anno 52° – N.85 – Mercoledì, 9 Aprile 1930, Cronaca degli Abruzzi, Marche e Molise, p. 7, Da Pescina. La Regia Pretura, Pescina 8.
- Ivi, Anno 52° – N.96 – Mercoledi, 23 aprile 1930.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno VIII – Roma, 1° Maggio 1930, Celebrazioni della IV leva fascista.
- Il Messaggero, Anno 52° – N.134 – Venerdì, 6 Giugno 1930.