Cesare Borsa “Il cantore della gente dei Marsi”

Cesare Borsa "Il cantore della gente dei Marsi"|
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Marsica La Società Operaia di Mutuo Soccorso, nel contesto della Maratona natalizia di beneficenza Telethon Italia, ha allestito, presso la propria sede in viale Duca Degli Abruzzi, da sabato 11 al 17 dicembre, la personale dell’artista Cesare Borsa. Di lui e della sua pregiata opera pittorica, hanno scritto intellettuali della Marsica come Vittoriano Esposito, Angelo Melchiorre, Ugo Maria Palanza, Giovanni Pagani, Antonio De Angelis, Giuseppe Buccella, Sergio Mazzei, Mario Guidotti e Gina Basso mettendo in risalto l’amore per la sua terra.

Nato nel 1937 a Lecce dei Marsi, ha vissuto gli anni tragici della seconda guerra mondiale, condividendo con i conterranei povertà ed emarginazione con l’ansia del riscatto esistenziale e sociale. Il suo impegno artistico si fa universale quando nella ricostruzione coscienziale dei valori presenti nel mondo agro pastorale trova la forza per l’emancipazione delle masse contadine oppresse da un’ingiustizia che grava sui poveri in ogni parte del mondo. Ed ecco le immagini dei braccianti curvi sulle zolle nei campi, lo sconforto dei volti intorno alle tavole vuote, la solitudine degli anziani e la precoce crescita dei fanciulli, gli emigranti stretti nell’ultimo abbraccio prima del congedo, i pescatori con le reti vuote, la donna gravata dalla cesta sulle spalle.

Accanto al dolore e alla disperazione nei dipinti dell’artista, tuttavia, i personaggi, i paesaggi, le nature morte, i ritratti, sono circondati da un’atmosfera serena e rassicurante. La vita patriarcale si fa archetipo di consolazione con gli affetti familiari più intimi: un popolo oppresso dallo stesso destino ma anche sollevato dalla stessa dignità. La delicatezza morale dei suoi colori e dei segni grafici nobilita ed eleva ogni essere vivente al di là delle amarezze. Anche gli oggetti rappresentati in un contesto antropico si riempiono di significati che trascendono l’uso pratico. Anche la rappresentazione dei paesi marsicani nella visione onirica conserva l’anima dei suoi abitanti. Si può dire che col disvelare le condizioni esistenziali nella gentile espressione del sentimento l’arte di Cesare Borsa si fa poesia.

A colpire nella sua pittura è la delicatezza delle sfumature, la luminosità che delinea le forme in una straordinaria raffinatezza e lirismo, da cui emerge la catarsi delle sue sensazioni e di quelle di una intera generazione. Uno dei suoi meriti, infatti, è di sapersi accostare alla realtà con sincera partecipazione, inserendosi quasi nel vibrante manifestarsi dei fenomeni per comprendere il senso del loro esistere. In molte opere, quando la luce si fa simbolo di ricerca interiore che va oltre l’immaginario e regala al fruitore uno scenario dalla forte serenità, la metafisica del divino entra nella quotidianità e avvolge nel mistero. Le sue maternità rappresentano, a mio avviso, la necessità profonda di ognuno di noi di esprimere il sentire più che il vedere.

Le contadine che abbracciano i loro piccoli diventano Madonne dalla sacralità altamente poetica che esalta la femminilità in tutta la sua bellezza: non divinazione dell’essere donna ma simbolo di tenerezza. Quando le donne occupano la centralità della tela, la mestizia del volto che volge lo sguardo intensifica la comunicabilità della speranza di una possibile liberazione dall’indigenza. Un lavoro quello del contadino che scivola con le sue vanghe nel ventre di una terra che fu lago ma che guarda oltre i monti all’orizzonte sognando una conquistata felicità.

Il grande merito della pittura di Cesare Borsa è proprio nella capacità di dialogare tramite le sue creazioni con l’uomo nel suo travaglio empirico e nel contempo con Dio, che è sempre presente nella sua opera in virtù di una fede sostanziale ed intima, contraria ad ogni integralismo. Proprio in virtù del suo stile, che sa trascorrere dalla rappresentazione realistica alla pittura suggestiva del suo sentire, al di la del male, nella purificazione da ogni sopruso, il suo messaggio parla ai contemporanei affascinando gli occhi e la mente. Il suo intento pedagogico sembra essere una denuncia sociologica, secondo i canoni veristi; ma le sue opere mostrano un temperamento di narratore che attua l’istintiva ricerca della vita reale dei contadini, non tanto nell’analisi ideologica delle strutture sociali, come in Silone, quanto nello studio sottile di linee e colori nelle atmosfere psicologiche della vita interiore dei personaggi, specialmente femminili.

Sicuramente l’arte di Cesare rappresenta un modo unico ed originale di guardare e riprodurre sulla tela delle emozioni il mondo che lo circonda depurandolo d’ogni elemento superfluo. Se le sue mostre hanno avuto spontanei consensi, riconoscimenti critici, premi artistici e attenti e numerosi fruitori spetta a noi tutti onorare la sua arte riconoscendo la valenza etica dell’artista ma soprattutto dell’uomo Cesare. Congedandomi, mi sia concesso salutare affettuosamente la moglie del pittore, Maria Teresa Rubeis e i figli Silvia e Marco custodi del suo talento.

La moglie di Cesare Borsa, Maria Teresa Rubeis, Mauro Petricca e Maria Assunta Oddi alla presentazione della mostra

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