Tagliacozzo – Come e perché Tagliacozzo entrò nella storia del film Roma città aperta di Roberto Rossellini. Abbiamo intervistato Caterina Capalbo l’autrice del libro Roma città aperta un film non del tutto svelato, Rubbettino editore.
Caterina Capalbo, nel suo libro “Roma città aperta un film non del tutto svelato”, edito da Rubbettino, uscito a ottobre 2022, lei ci rivela qualcosa che stentiamo a credere: afferma che Tagliacozzo con il suo territorio e la sua gente ha avuto un ruolo importante nella storia del film di Rossellini. Può spiegarci perché?
Nel libro racconto una storia non pubblicizzata dai suoi protagonisti e mai pubblicata finora ma da leggere e tenere a mente per chi, abruzzese o marsicano, volesse sapere perché nel film Roma città aperta di Roberto Rossellini, girato a Roma dal 18 gennaio 1945 e uscito nelle sale a settembre dello stesso anno, il paese di Tagliacozzo sia citato più volte all’inizio del film e con un significato particolare. Conoscendo Tagliacozzo, dove ho trascorso tutte le vacanze estive da ragazzina, e che, come fu per il grande Federico Zeri, nel suo ruolo di città d’arte ha dato un’impronta ai miei studi futuri, spinta dalla curiosità, mi sono fatta alcune domande sul film che, a mio parere, sono cruciali.
Ma perché all’inizio del film si parla dei partigiani delle montagne di Tagliacozzo? E chi sarebbero questi partigiani? Sarà esistito davvero quell’emissario dei bravi ragazzi sulle montagne di Tagliacozzo che alla stazione Tiburtina deve ricevere da Don Pietro (Aldo Fabrizi) un milione di lire per finanziare la lotta partigiana contro i nazisti? E perché tra tante località di lotta partigiana ci si concentra su un paese della Marsica?
Come si è data delle risposte?
Capii che qualcosa era stato trascurato. Cercai nelle bibliografie e nei testi ma non se ne faceva cenno. Solo Ennio Flaiano riferisce della permanenza di Rossellini in Abruzzo, nella Marsica. Ma lo sappiamo: Flaiano era un genio! Comunque non c’è stato un critico, uno storico o uno della famiglia Rossellini che ne abbia parlato con dovizia di particolari. Lo stesso Roberto Rossellini lasciò nel vago la sua permanenza a Tagliacozzo. Riferì soltanto nella sua autobiografia di essere stato, nel 1943, in un paese vicino ad Avezzano.
Per quali motivi Rossellini si recò a Tagliacozzo?
Rossellini, nei primi anni Quaranta, è un regista che si è affermato attraverso delle pellicole di propaganda sulla guerra e il valore del soldato italiano. Nell’estate del ’43 sta per iniziare un film diverso intitolato Scalo merci. I bombardamenti del 19 luglio, sullo scalo ferroviario Tiburtino e su san Lorenzo, provocano danni gravissimi e gli sottraggono il set dove avrebbe dovuto girare alcune scene in esterno. Il regista capisce quanto sia pericoloso restare a Roma ma vuole continuare il film che modificherà in una storia torbida e passionale, prima intitolata Rinuncia e poi Desiderio, sulla scia di Ossessione di Visconti. Si reca in Abruzzo, a Tagliacozzo, dove qualche anno prima, Carmine Gallone aveva girato alcune scene di Primo amore con Valentina Cortese e Osvaldo Valenti. Qui, lontano dal pericolo delle bombe, ma in collegamento con Roma attraverso la ferrovia e la via Tiburtina, organizza il set con Massimo Girotti e Elli Parvo tra i protagonisti. Purtroppo è costretto a interrompere la lavorazione. Dopo l’armistizio seguirà l’occupazione nazista e, nella totale mancanza di fondi, il cinema per tutti si fermerà. E, a quel punto, per sfuggire ai bombardamenti e alle retate naziste, Rossellini, con la moglie e i due figli, rimarrà a Tagliacozzo ancora a lungo.
Dal film Desiderio: le scene del matrimonio girate da Rossellini di fronte alla chiesa del Soccorso di Tagliacozzo con Massimo Girotti e Roswita Schmidt.
Anche gli attori resteranno a Tagliacozzo?
Buona parte del cast, fintanto che si girò il film, alloggiò in uno degli alberghi più funzionali del paese: il Moderno, ex Ciamei. E, da una cartolina indirizzata all’attrice Alida Valli presso l’hotel Excelsior di Roma, e firmata da Rossellini, da Massimo Girotti e sua moglie Marcella e dalle attrici protagoniste del film: Elli Parvo e Roswita Schmidt, abbiamo testimonianza di un clima di fuga dai pericoli che Roma attirava e di condivisione e di apprezzamento per l’ambiente rustico ma indenne e salutare del paese.
Di questa cartolina si è parlato già nel nostro giornale come cartolina delle attrici.
Mi fa piacere. Io però l’ho vista sotto un altro aspetto. E l’ho subito decifrata storicamente appena la vidi per caso sul web nel 2020. Capii subito che le firme non erano solo semplici firme di attrici riunitesi in un albergo di Tagliacozzo nell’estate del ’43 (come è detto nei vostri articoli) ma che erano il cast di Desiderio di Rossellini. Per me questa cartolina era una cosa un po’ più complessa rispetto a quanto è stato riportato sul giornale. Era come se gli attori su cui stavo indagando, e che erano tra le pagine del mio libro, ad un tratto mi venissero incontro concretamente nel pieno della loro avventurosa presenza a Tagliacozzo. Da storica dell’arte, il testo di questa cartolina e i dettagli di quelle firme, aggiungevano molto al mio racconto tanto che ho scritto un intero capitolo per spiegarla nel modo migliore – E questo già nella prima versione del mio libro uscita a luglio 2021 e presentata al teatro Talia di Tagliacozzo durante il festival di Mezza estate di quell’anno.
Può svelarci definitivamente di chi sono quelle firme e cosa significano.
Sì. Diciamolo una volta per tutte. Accanto alla firma del regista Rossellini ci sono quelle dello sceneggiatore del film Desiderio: Diego Calcagno. Quelle delle attrici Elli Parvo e Roswita Schmidt, di Massimo Girotti e sua moglie Marcella Amodio, sposini novelli. E quelle di una giovanissima Carla Del Poggio e della bellissima Luciana D’Avack, cara amica di Alida Valli tanto che, a Roma, l’aiutò a nascondersi quando i nazisti cercavano, casa per casa, i cineasti da trasferire forzatamente nella Repubblica di Salò perché aderissero alla campagna propagandistica del regime ormai sotto il totale controllo tedesco.
Questa cartolina è romanticamente piena di indizi e, nel libro, mi consente di spaziare sulla vita degli attori di quell’epoca. E non c’è dubbia che faccia pensare a quante belle donne stessero intorno a Rossellini, che era separato. ma aveva accanto l’ex moglie Marcella De Marchis e i due figli piccoli.
E con l’arrivo dei tedeschi cosa avvenne?
La paura, l’amore e i legami affettivi ebbero un ruolo. Rossellini rimase a Tagliacozzo nella casa di Alto la terra del signor Emilio Salciccia con la Schmidt, la sua nuova compagna e spostò l’ex moglie e i figli in un luogo poco distante e più sicuro: a Verrecchie, un piccolo borgo tra i monti, nella casa della governante della sorella minore di Visconti, Uberta, sposata con suo cugino, Renzino Avanzo.
E il resto del cast?
Tutti tornarono a Roma tranne Massimo Girotti. L’attore, già protagonista di Ossessione, per via della grande amicizia con Visconti, si fermò a Verrecchie con sua moglie Marcella. Poi, l’evolversi sanguinoso dell’occupazione nazista di Roma, indusse lo stesso Luchino Visconti, braccato dalla Gestapo per la sua attività clandestina in aiuto dei ricercati e dei perseguitati politici, a rifugiarsi a Verrecchie.
Lei racconta dettagliatamente della famiglia di Tagliacozzo che ospitò nel 1943 Rossellini quando stava girando in paese Desiderio e trascrive le parole di un testimone diretto, l’ingegner Osvaldo Salciccia, allora ragazzo di sedici anni.
Grazie a una fortunata coincidenza, l’Ingegner Osvaldo Salciccia, lo conoscevo bene: era un carissimo amico di famiglia. Anni fa gli chiesi un incontro e cominciammo a vederci spesso durante il periodo estivo e a scriverci. Mi tenne in grande considerazione ma non era il tipo a cui piacesse fare sfoggio dei suoi ricordi. Difatti, la storia che mi raccontò, non era conosciuta in paese. Per lui rappresentavo quella porta, mai chiusa del tutto, attraverso cui avrebbe ritrovato il tempo difficile ma felice di suo fratello Adelfo che tornava dal fronte e di Don Gaetano Tantalo, “giusto tra i giusti”, che, nella sua canonica, nascose delle famiglie ebree salvandole dalla deportazione. Il buon sacerdote frequentava la casa dei Salciccia e lo aveva preso a benvolere tanto che gli regalò una scatola di scacchi. Mentre guardavamo le foto che Osvaldo custodiva, e che ora sono nel libro, rievocò, con quel senso di gravità che si ha quando si pensa ai rischi vissuti da giovane, le azioni spericolate, che lui e i suoi fratelli, mettevano in atto per sfamare e nascondere in casa o nelle campagne vicine i tanti soldati inglesi, fuggiti dai campi di concentramento vicino Sulmona,
Mi descrisse i suoi genitori: suo padre Emilio e sua madre Candida. Mi parlò di quell’estate ancora serena del 1943 quando Rossellini stava girando, intorno al piazzale della chiesa del Soccorso, vicino la loro casa, il film Desiderio. Finché arrivò il buio dell’autunno seguente con l’armistizio, la fuga del Re, che molti videro passare in quel corteo di automobili sulla Tiburtina Valeria verso Pescara, fino all’arrivo dei tedeschi in paese e poi il plumbeo e drammatico inverno quando si visse di paura.
E Osvaldo come interpretò i riferimenti a Tagliacozzo in uno dei film più importanti del cinema italiano? Come se li spiegava?
Non avanzò nessuna ipotesi ma sottolineò, e questo mi commosse, che tra il regista e suo fratello maggiore Dante Adelfo, ufficiale degli alpini, arruolatosi tra le fila dei partigiani della Brigata Maiella, e uno degli eroi della liberazione di Napoli, nacque una fraterna amicizia. Mi narrò di come Rossellini, una volta interrotto il film, che aveva iniziato a girare in paese durante l’estate, restò nella loro casa con la nuova compagna nonostante i rimproveri di un tradizionalista cattolico come suo padre. Mi raccontò molti episodi, drammatici che ho trascritto nel libro. E non voglio trascurare di dire che mostrò un certo rammarico perché, dopo il rientro a Roma del regista e la lavorazione del film Roma città aperta, e poi il successo che ne derivò, Rossellini si dimenticò della vita nella loro casa a Tagliacozzo e non si fece più sentire. Ma, Osvaldo, di questo non si meravigliava, era nelle cose della vita dimenticare, ed era anche necessario. E, da marsicano doc, non trascurò di dirmi: “Quando vidi il film per la prima volta capii che Rossellini non ci aveva dimenticati”. E io direi che un grande regista sa come ricordare. E, dal canto mio, non ho fatto altro che raccogliere in tempo le parole di Osvaldo e capirne l’importanza. Il racconto che mi fece toccava il dolore per la guerra, rievocava le difficoltà e la forza di resistenza di quelle persone schive, riservate ma concrete e disinteressate che fanno della Marsica una terra straordinaria.
Mi sarebbe piaciuto far incontrare Osvaldo con Renzo, il figlio minore del regista, (bravissimo regista e produttore internazionale), che all’epoca aveva due anni e mezzo, ma, grazie alla sua memoria straordinaria, aveva mantenuto di quel periodo dei vividi ricordi che ho trascritto. A Tagliacozzo, durante il Festival di Mezza estate del 2021, il Sindaco Vincenzo Giovagnorio, assieme a numerose personalità e a eminenti critici cinematografici presentò il mio libro al Teatro Talia. Vennero anche la figlia e i nipoti di Osvaldo e fu una bellissima serata rievocativa. E da allora, devo ammettere, che c’è stato un notevole interesse intorno alla storia che ho raccontato.
Con l’occupazione tedesca che avvenne nel paese?
Fra il 1943 e il ’44 i tedeschi pattugliavano tutta la zona e requisivano i pochi viveri di un’economia di sussistenza. Il paese era sorvegliatissimo. C’erano continue perlustrazioni casa per casa per catturare partigiani che si nascondevano. Nonostante la paura c’era solidarietà tra la popolazione. Vennero protette delle famiglie ebree e salvati e sfamati molti soldati angloamericani fuggiti dai campi di concentramento dopo i tafferugli dell’8 settembre con la firma dell’armistizio.
E i partigiani?
Nel paese di Tagliacozzo vivevano brave persone e il cibo non mancava. Qui esistevano gli eroi semplici. Quelli che avevano nel cuore la patria e la famiglia nel senso più vasto. C’erano dei giovani partigiani apolitici che avevano ben chiara la tragica situazione italiana e Rossellini, in Roma città aperta, dovendo evitare qualsiasi riferimento all’attentato di via Rasella e alle frange più estremiste dei GAP, vedrà proprio in questi partigiani d’Abruzzo la bussola geo-politica verso quella nuova “primavera” che verrà.
Dunque chi sono i bravi ragazzi di Tagliacozzo citati nel film?
Rossellini a Tagliacozzo, attraverso il fratello maggiore di Osvaldo, Dante Adelfo, sa come si muove la trama organizzativa dei volontari partigiani sulle montagne d’Abruzzo. Sono bande che cresceranno di numero fino a diventare un vero esercito addestrato che compie azioni di sabotaggio e crea una rete di protezione per i prigionieri alleati fuggiti dopo l’armistizio dai campi di concentramento intorno a Sulmona. Vede la tenacia di Dante Adelfo, il suo ardore, ha prova del suo coraggio. Parla con lui a lungo. Probabilmente questo lo sprona come artista a fare la sua parte, a declamare questo patriottismo in un film appena fossero chiaro all’orizzonte un nuovo destino per l’Italia.
Roma città aperta racconta dell’occupazione nazista di Roma, avvenuta tra settembre del 1943 e il 6 giugno del ’44, e viene girato all’inizio del 1945 ancora in un clima di guerra civile tra chi voleva una vera e propria rivoluzione dello Stato in senso socialista e chi voleva una pacificazione collettiva che avrebbe consentito la rinascita. C’era un pericoloso conflitto tra l’Italia della repubblica di Salò, in mano ai tedeschi, e l’Italia liberata dagli alleati.
Citare, attraverso Tagliacozzo e le sue montagne, le bande partigiane abruzzesi che si accorperanno alla Brigata Maiella, e che erano dichiaratamente apolitiche, consentiva a Rossellini di non accendere risentimenti e odio in un’Italia ancora divisa e di passare indenne la censura anglo-americana. Così, dal ricordo autobiografico del periodo trascorso nel paese, il regista ne trasse con genialità un’efficace strategia comunicativa.
Potremmo dire che nella Marsica il neorealismo trova la sua terra ideale perché, mentre Rossellini gira il film Desiderio a Tagliacozzo, sta già pensando al futuro Roma città aperta?
Una cosa è certa: i due film sono strettamente legati. Desiderio, interrotto dagli eventi bellici, venne poi completato, dopo la liberazione, da Marcello Pagliero, uno dei protagonisti di Roma città aperta, ovvero il partigiano Manfredi, colui che mette in atto l’azione di aiuto economico per i “bravi ragazzi” sulle montagne di Tagliacozzo e che finirà arrestato, condotto a via Tasso, torturato e ucciso.
In Desiderio, Tagliacozzo, nella parte alta del paese con la chiesa del Soccorso, fa da sfondo scenografico e naturalistico alla storia. Due anni dopo, in Roma città aperta Tagliacozzo diventerà, attraverso una metafora autobiografica, l’elemento chiave per iniziare il racconto.
Nel libro lei parla anche di Visconti?
Visconti è fondamentale per la storia che narro. Non ci sarebbe stato un cambiamento nel cinema di Rossellini senza Ossessione di Visconti, il primo film che fu definito “neorealista”. Luchino, già con Ossessione, si era schierato con i principi antifascisti tanto che si era visto requisire la pellicola dalle sale. A Roma, subito dopo l’8 settembre, aveva abbracciato la causa della resistenza, e nascondeva nella sua casa di via Salaria, partigiani e ricercati dalla Gestapo. Lui stesso per sfuggire alla cattura, che avverrà nella primavera del 1944, in una città dove per pochi denari si tradiva chiunque, si rifugiò, come ho già accennato, a cinque chilometri da Tagliacozzo, a Verrecchie.
ossellini e Visconti, uniti in quei territori di pascoli e boschi montani, nel freddo inverno del ’43, si incontrarono spesso e ragionarono sulla situazione politica e sul futuro del cinema. Ed è facile immaginare i due grandi del cinema italiano infreddoliti davanti al fuoco acceso di un camino e pieni di ardore e di nuovi propositi artistici nonostante i pericoli e le privazioni.
Caterina, lei ha scritto un libro affascinante e minuzioso, frutto di un grande lavoro anche per tutto l’apparato fotografico. Può spiegare ai nostri lettori di Terre Marsicane a chi è rivolto e perché è importante leggerlo?
Il libro è rivolto a tutti, sia a chi vuole ricordare i tempi della guerra che a chi, molto più giovane, vuole conoscere il passato. A chi ama il cinema e ama la storia. Ho cercato soprattutto di creare curiosità intorno a storie dimenticate e spero di aver centrato l’obiettivo suscitando l’interesse dei marsicani perché la Marsica è la scintilla della storia del film. L’innesco di un fuoco grande che nel film diventa il progetto dell’Italia dei nostri padri, democratica e libera.
Noi della redazione l’abbiamo letto tutto d’un fiato e così sarà per i nostri lettori che vorranno leggerlo. E, per chi fosse interessato, il libro si acquista nelle librerie e attraverso i migliori siti online.
diretto: https://www.store.rubbettinoeditore.it/catalogo/roma-citta-aperta/