IL FUCINO (il palazzo Torlonia)

Quando il palazzo Torlonia fu costruito era elegante e maestoso, a tre piani, con torre campanaria ed orologio che scandiva le ore della giornata, aveva una superba facciata con balcone che dava sulla prospiciente villa con fontana, lo stemma della famiglia Torlonia, ancora ben visibile sulle finestre. Di quella elegante struttura non e rimasta che una foto d’epoca in quanto il terremoto del 13 gennaio 1915 ridusse il tutto in un cumulo di macerie. Di fronte al bel palazzo si trova un’artistica fontana, come si può notare dalla foto. Fu donata alla città di Avezzano dagli eredi di Alessandro Torlonia, Anna Maria e Giulio, ”Ad ornamento della città ed il pubblico bene. Anna Mariu e Giulio Torlonia eressero e donarono”. Ed in un’altra iscrizione si legge ”Compimento cittadine aspirazioei le acque defluirono il giorno XXIII-IX-MDCCCXCIX” (23 settembre 1899). La maestosa e superba fontana fu collocata ai confini del vecchio abitato della citta di Avezzano e di fronte al monumentale palazzo Torlonia, in direzione del portone d’ingresso. Nella terza lapide si legge: ”L’anno del Signore 1899 Anna Maria e Giulio Torlonia allacciate e condotte le acque di Riosonno (n.d.r. sorgenti del Comune di Castellafiume-Cappadocia) alla città di Avezzano ed ui campi del Fucino accrebbero sulubritd e ricchezzu.” In fondo alla villa comunale fu eretto un busto al patrizio romano Alessandro Torlonia in ricordo della sua titanica impresa.

Dopo il terremoto del tredici gennaio 1915, inizio la ricostruzione. Il palazzo non fu ricostruito come era all’origine, perse un piano, la torre campanaria e l’orologio, oggi appare più schiacciato e più tozzo ma e sempre interessante sotto l’aspetto architettonico. Morto Alessandro, divennero principi ereditari del Fucino Giovanni ed il fratello Carlo, i quali si premurarono di rimettere in piedi l’edificio. Come ricorda una lapide posta sul palazzo all’interno della villa venne inaugurato nell’anno 1925. Un noto pittore ha decorato diverse pareti poste al primo piano del lato destro dell’ingresso. I dipinti si riferiscono al sacrificio dei primi pionieri che condussero a termine il prosciugamento del lago; contadinelle dei paesi sono state ritratte nel loro tipico costume tradizionale . L’autore che ha curato la realizzazione ha messo a confronto il lago di ieri e le terre emerse verdeggianti. L’artista non si e limitato solo ad un lavoro realistico o paesaggistico, e andato anche oltre con la sua fantasia creando alcune allegorie: donne o ninfe che prosciugano il lago. All’interno, al primo piano, e stato collocato un calesse tra il portone centrale e quello retrostante. L’elegante autovettura era un mezzo di trasporto riservato ad autorità o a personaggi del territorio. Si può ammirare sia per l’arte raffinata degli artigiani dell’epoca che per la snellezza e la leggerezza, e a due ruote e presenta un telo a forma di mantice che serviva per proteggere i viaggiatori in caso di cattivo tempo o di calura. Il calesse veniva tirato da un cavallo prelevato dalla stalla della ”Cavallereccia” (luogo adibito alla selezione e riproduzione di equini, ovini ….). Nella parte destra della stanga era d’obbligo fissare una targa di alluminio, che dimostrava il pagamento della tassa di circolazione, oggi corrisponde al bollo per auto.

Il Magazzino ed il parco

Intento dell’imperatore Claudio di prosciugare il lago, Fucino era quello di farne il granaio di Roma, la caput mundi aveva bisogno di grano, farina, pane per sfamare gli abitanti. La crisi politica romana mise in crisi anche gli abitanti del Fucino. Non fu più possibile effettuare la manutenzione della galleria realizzata da Claudio ed il lago ritorno alle primitive dimensioni. Nel Medioevo vi furono vari tentativi per riattivare i canali e la galleria claudiana, ma le vicende storiche di quel periodo fecero nuovamente fallire ogni iniziativa. Il lago spesso straripava danneggiando terreni e paesi. La popolazione confinante ripetutamente supplico il Re di Napoli per eliminare i disagi. Il magnate Alessandro Torlonia riuscì a prosciugare il lago con impegno e tenacia, a rendere fertile la terra. Patate, barbabietole e grano furono i prodotti tipici del territorio. All’ interno del Parco Torlonia furono realizzati magazzini per conservare prevalentemente cereali consegnati dai mezzadri e dagli affittuari. Si narra che nell’anno 1898 vi fu una grande scarsità di grano in Europa ed in Italia. Il mancato raccolto provoco manifestazioni di piazza con tumulti, feriti e morti. Il pane scarseggiava anche nella Marsica, mentre i magazzini del Parco Torlonia erano stracolmi di grano. Gli amministratori comunali di Avezzano e quelli del casato Torlonia, dopo intense trattative, riuscirono ad evitare rivolte popolari. Gli abitanti del Fucino superarono la grave crisi. La città di Avezzano divento la capitale del territorio marso per le attività economiche del Principe.

Il giardino è la forma simbolica del paesaggio, un labirinto ricco di infinite suggestioni, una sintesi efficace di rapporti dialettici tra natura e società. Villaggi, fortezze, castelli, chiostri religiosi, avevano giardini che si affacciavano sul paesaggio. Il giardino rappresenta da sempre il paesaggio esterno, l’ambiente naturale. Il giardiniere medievale ripete il gesto creatore di Dio, conosce le norme sapienti che possono piegare la natura per ricreare quantomeno l’illusione dell’Eden perduto. Fin dall’antichità si sviluppa la rappresentazione ideologica di giardino come metafora di paesaggio e si fa una netta distinzione tra chi il giardino-paesaggio lo produce e lo vive quotidianamente, ma non ne coglie l’aspetto rilassante e rigenerante, e chi invece ne fruisce con un apprezzamento estetico ed artistico favorendone, per esempio, oltre che l’aspetto contemplativo, la fruizione turistica e quindi di ospitalità.

Il giardino ci difende dal reale, restituisce alla nostra sensibilità il tempo interiore. Il giardino inteso come paesaggio ha sempre ispirato l’idea del viaggio, del movimento attraverso le immagini. Le straordinarie creazioni artistiche che si svelano nel ”Viaggio in Abruzzo” di Edward Lear nel 1844, mostrano l’impianto simbolico e l’eleganza delle policromie dei nostri giardini campestri. Nell’Ottocento le memorie di viaggio costituiscono un genere letterario molto diffuso, in cui si cimentano scrittori di rilievo come Chateaubriand, Hugo, Stendhal, Nerval, Lamartine, George Sand. Cosi la Passeggiata nei parchi naturali, gremita di simboli e valenze, come racconta Gabriele D’Annunzio, si snoda attraverso movimenti tesi a definire in modo graduale lo stato d’animo dell’incontro. Definisce, ancora, un recupero della memoria, di impressioni ed evanescenze, in un atteggiamento contemplativo, cui non sarà estraneo l’idillio interiore. Il giardino e il recupero della propria storia, e il teatro dei giochi dell’infanzia, e il rifugio dal mondo esterno, e l’immaginario perduto, e la memoria collettiva. Le città oggi riproducono spazi verdi, oasi, parchi artificiali.

Noi possediamo uno straordinario percorso narrativo, ricco di suggestioni architettoniche, di elementi storici, tutelati con sensibilità ed intelligenza: stiamo entrando nel Parco Torlonia di Avezzano, all’interno del quale Alessandro Torlonia, ”Principe honoris causa” per aver prosciugato il Lago del Fucino, fece costruire tra il 1870 e il 1875 la sua residenza. Nel 1925, dopo il disastroso terremoto che colpi la Marsica nel 1915, furono Giovanni e Carlo, figli di Anna Maria, sorella del Principe Alessandro, a far ricostruire il palazzo modificandone la struttura a forma di ”C” (a significare casa di campagna). Tutt’intorno, una verde estensione di circa tre ettari, che riproduce fedelmente la struttura di un giardino romantico che rassembri il paesaggio dell’aperta campagna. ”Il tempo progredisce, e in esso avanzano sentimenti, opinioni, gusti, pregiudizi (…]. Nessuno si sente a suo agio in un giardino che non sembri un’aperta campagna; niente deve ricordare l’artificio, la costrizione; vogliamo respirare nella piena liberti naturale; avete idea voi, caro amico, che da questa condizione si possa ritornare in un’altra, in quella precedente?” (Le Affinità Elettive, W. Goethe). Si tratta di parole, di espressioni sature di significati nell’alba del nostro nuovo millennio, ci fanno riflettere però sul rapporto uomo-natura e uomo-mondo. Nella pratica quotidiana della progettazione e cura dei giardini non sono in gioco soltanto le scelte ornamentali e i piaceri di un hobby gratificante, ma il giardino mette in risalto un modo d’essere nel mondo.

Ci troviamo di fronte ad un approccio alla vita di ampio respiro. Pietro Verri nel 1764, in un articolo sul ”Caffe” (periodico di cultura), esalta come ideale scelta di vita il vivere in una villa-giardino, o perlomeno, il trascorrere una buona parte del proprio tempo ”tra le delizie della Villa”. Dal 1400 al 1700 i Giardini d’Europa sono lo specchio dei regni. In Inghilterra, in Italia e in Francia forte e l’attenzione rivolta alla cura dei giardini (Versailles e la Reggia di Caserta). Rousseau, nostalgico di un paesaggio naturale, incorrotto, selvaggio, esalta il giardino esotico, il mondo naturale, primogenio, incontaminato, con tutto il fascino dell’esplorazione e della scoperta. Ma l’uomo deve seguire la civiltà, la ragione, e l’Ottocento riorganizza in modo razionale i giardini delle Ville, reintegrando anche elementi classici. Villa Torlonia rappresenta l’ideale ”giardino romantico”. Ricco di varietà arboree, di fiori di campo e di erbe spontanee, custodisce le siepi secolari di ”buccus nanus” e i tassi, entrambe piante autoctone e secolari, facenti parte dell’architettura del giardino della fine dell’ottocento.

La messa a dimora dei tassi nelle ville ottocentesche aveva un forte valore simbolico: il tasso e da sempre chiamato ”pianta della morte” per via dei suoi aghi altamente tossici e per questo fu pianta combattuta senza tregua, odiata dai pastori perché di quella tossicità morivano soprattutto pecore e capre e quindi fu eliminata da quell’Europa pastorale che per molti secoli domino il Continente. Ai merli e ai tordi dobbiamo la riproduzione naturale dei tassi. Essi infatti ne mangiano in maniera ingorda le bacche rosse autunnali e ne spargono i semi dappertutto, consentendo uno dei più antichi modi di diffusione. Il Romanticismo reintegra il tasso nei giardini per esorcizzare la morte stessa ed esaltare la vita attraverso la sua maestà e la sua longevità che ancora oggi si può ammirare nel Parco Torlonia. Salvaguardato, immerso nella quiete del suo popolo, tutelato dall’A.R.S.S.A. che vi risiede, il Parco Torlonia di Avezzano e il simbolo di paesaggio artistico della città. Su un fianco dell’antico palazzo vive la sua unicità un angolo di ”Giardino all’Italiana” di ispirazione cinquecentesca, con il suo gioco labirintico di siepi coniche.

La curiosità e l’eccitazione di improvvise scoperte consente di assaporare sempre nuovi piaceri nella durata continua di un percorso pittoresco e artistico che tiene desta la vista attraverso la successione incalzante di mutevoli scenari. Un sentiero, finemente creato in selci bianchi, ci conduce alla Ghiacciaia del Principe, una costruzione perfettamente mimetizzata con l’ambiente circostante. Di ispirazione romana, fu costruita artificialmente con pietre e malta per conservare per tutto il corso dell’anno i prodotti alimentari di facile deperimento e per avere d’estate il privilegio di gustare bevande fresche. A pianta circolare, ha una camera cilindrica sormontata da una volta con occhio centrale che consentiva, d’inverno, di immettere la neve al suo interno, cosi da assicurare una costante refrigerazione a tutti i prodotti posti nel corridoio ad anello che la circonda. Nulla all’esterno lascia trasparire una si fatta opera architettonica: manto erboso e varie specie arboree ne ricoprono la sommità, tanto da far sembrare la Ghiacciaia del Principe una silente collina. Tra i viali alberati, maestosi stanno i granai, che un tempo ospitavano immense quantità di cereali e quant’altro la fertile e vergine terra del Fucino donava e dona ancora oggi con religiosa continuità.

Oggi ospita degustazioni e promozioni di prodotti tipici abruzzesi, fiere dell’agricoltura, rassegne cinematografiche, mostre archeologiche e artistiche, rappresentazioni teatrali e musicali, che godono di un’ottima acustica in uno spazio di circa 1000 mq. Nel 2001 ha ospitato il Tesoro del Lago, una mostra archeologica di grandissimo successo. Un sentiero fitto di erbe e di fiori campestri ci avverte che tra breve si aprirà alla nostra vista qualcosa di inaspettato. Ma prima, sul limitare del colorato percorso, immobili, stanno le vecchie e ferrose macchine che per prime violarono quella terra un tempo lago. La durezza di quelle immagini svanisce tra gli odori dei fiori e delle erbe spontanee che sospingono i sensi a seguirne l’intenso profumo, in ogni stagione, come se quel sentire volesse destarci dall’apparire in lontananza di un prospetto di antica architettura levigata dal tempo. E’ un Casino di Caccia, tutto in legno di larice e castagno, a pianta ottagonale, con tetti a spiovente che coprono vestigia perfettamente tutelate. Un portico, adornato da intrecci di rami, e percorso tutt’intorno da selci bianchi, le cui sponde sono arricchite da pietre marine, i cui fossili impressi lasciano all’immaginario il ricordo delle acque che un tempo inondavano anche questa parte del Giardino. Costruito da falegnami romani della ditta Frosini e Boccaccini nel 1891, il Casino di Caccia fu acquistato da Alessandro Torlonia che lo volle nella sua Villa per abbellirne il complesso architettonico e all’interno del quale amava esporre i reperti archeologici emersi durante il prosciugamento del lago.

Indenne al terremoto del 1915, necessitò di un restauro agli inizi degli anni ’80. Pasquale Di Fabio, apprezzato artista avezzanese, nel 1984 restauro le pitture della volta con straordinaria capacita e si preoccupo anche della ristrutturazione dell’intero Casino. Sensibilmente tutelato dall’A.R.S.S.A., il Casino di Caccia ospita oggi il museo permanente della Civiltà Contadina. Gli strumenti della fatica e dell’operosità contadina hanno trovato posto ideale in un ambiente che nella storia e stato appannaggio esclusivo della nobiltà. Sulle pareti inedite immagini fotografiche del Lago del Fucino e dei paesi ripuari che vivevano dell’abbondante pescosità delle acque. Ancora rappresentazioni ottocentesche del Lear che ritraggono finemente, a china, gli scenari paesaggistici della Marsica. In questo Giardino, dove natura e arte vivono un connubio idilliaco, l’occhio disvela il paesaggio, liberando rappresentazioni storiche costruite attraverso il tempo. Lo sguardo rivolto con meraviglia al Giardino Torlonia, con sempre nuova curiosità legata ad una tutela dinamica, protrae l’interesse e con esso il godimento, a segnalare una via, illuminata, di riappropriazione, da parte dell’uomo, di quanto meccanismi distorti tendono ad espropriare e distruggere, della propria progettualita e di un rapporto integrato con la propria memoria storica.
Torlonia, famiglia di origine francese (Tourlonias du Puy-de Dome) stabilitasi a Roma nel 1750 con Marino il cui figlio Giovanni (1755-1829) ricco banchiere, fu fatto patrizio romano, Principe di Civitella Cesi e più tardi Duca di Poli e Guadagnolo. Il figlio Alessandro (1800-1886) prosciugatore del lago del Fucino, aggiunse il titolo di Principe di Fucino. Leopoldo Torlonia (1853-1918) più volte deputato e poi senatore, fu sindaco di Roma nel 1887. Giovanni Torlonia (1873-1938), pure senatore, bonifico la zona di Porto. Anna Maria, figlia di Alessandro, andata sposa a Giulio Borghese, diede inizio, alla morte del padre, al ramo Torlonia Borghese.

Ricettività e servizi