Abati di Pagliara

Testi tratti dal libro Pagliara Dei Marsi dalle origini ai tempi moderni
(Testo a cura del Prof. Don Ezio Del Grosso)

I parroci di Pagliara vengono denominati con l’appellativo di Abati. Evidente l’eco dei Benedettini, che è confermata dal titolo primitivo della chiesa parrocchiale che venerava S. Benedetto come Patrono ed è confermata anche dai Beni Parrocchiali, una buona parte intitolati “Sante Benedetto”.
La presenza dei Benedettini è rilevabile anche dall’architettura di alcune chiese della Valle, es. di Cappadocía e Castellafiume. Si nota in esse l’incontro della cultura Benedettina con la Valle Roveto e la Valle di Nerfa, incontro da collocare nel processo formativo autoctono del mondo contadino, differenziato dal mondo Cassinese, ma da esso influenzato. Nelle chiese della valle, vi si nota la continuazione di maestranze che hanno operato senza sollecitazioni culturali straniere (leggi Cassinesi). (29)

Non è pensabile che gli stessi indirizzi benedettini abbiano sfiorato Pagliara che è stata frazione sia del comune di Cappadocia che del comune di Castellafiume. “La regola Benedettina poneva a capo delle sue comunità monastiche un abate (dal siriano Abba = padre), reggitore e arbitro assoluto del cenobio, eletto dalla collegialità dei monaci. Nella gerarchia ecclesiastica medioevale, gli abati venivano dopo i Vescovi della propria Diocesi e avevano nei loro monasteri l’assoluta giurisdizione sui sudditi. In genere, quando i parroci possono fregiarsi del titolo di abate, significa che la loro Chiesa, con tutti i beni stabili e mobili ad essa annessi, va considerata un’abbazia”. (30)
Il nome di “abate”, quindi si collega alla presenza dei Benedettini anche se probabilmente dell’ordine Vallombrosano, ma evidentemente come “titolo” e non di dignità episcopale come sono ancora oggi gli Abati di Subiaco e Montecassino.

Del resto la presenza dei Benedettini è attestato anche nel Regesto di Pietro Diacono (1127-1137), cronista di Montecassino. Costui ha ricopiato documenti e pergamene esistenti al suo tempo riguardanti le concessioni fatte ai Benedettini. Tra queste enumera le chiese antice della valle di Nerfa che risalgono ai tempi antecedenti “al catalogo dei baroni” del 1173. (31)
E’ questa un’altra prova di nuclei abitativi in Pagliara prima della organizzazione politica e di denominazione, dei tempi, delle contee compresa quella di Tagliacozzo da cui derivò quella di Corcumello che assoggettò il territorio di Pagliara con i De Pontibus e i Vetoli. Gli “ABATI” di cui si conoscono i nomi partono dal 1719. Non esistono libri parrocchiali antecedenti tale data per cui non si hanno notizie sui parroci. 1710: resse la parrocchia, prima come economo, poi in qualità di abate un certo don Antonio Rosa. Rimase in parrocchia fino al 1740. Alla morte di don Antonio Rosa successe don Michele Ferrazza, probabilmente oriundo di Cappadocia. Costui era spesso assente dalla parrocchia, per cui fu nominato come coadiutore un certo Costanzio De Costanzi, al quale successe come economo il canonico Domenico De Amicis di Cese.

Nel 1750 venne in qualità di economo curato Sebastiano De Rossi fino al 1753 e da questa data fino al 1757 come abate, vincendo il concorso nel 1753.
Nel 1757 troviamo registrato Reginaldo Anzini della terra di Scurcola.
Dopo dieci anni, nel 1767 fu nominato economo Michele Eleuteri, divenendo “abate”, dopo 5 anni, nel 1799. Don Michele Eleuteri era nativo di Pagliara, di famiglia benestante. Era versatile in pittura ed in intagli, esperto ebanista. Fece di proprio pugno varie pitture e il bel archivio-bancone in dotazione alla parrocchia. L’archivio e bancone per gli arredi sacri, è tutt’ora Il nome di “abate”, quindi si collega alla presenza dei Benedettini anche se probabilmente dell’ordine Vallombrosano, ma evidentemente come “titolo” e non di dignità episcopale come sono ancora oggi gli Abati di Subiaco e Montecassino.
Del resto la presenza dei Benedettini è attestato anche nel Regesto di Pietro Diacono (1127-1137), cronista di Montecassino. Costui ha ricopiato documenti e pergamene esistenti al suo tempo riguardanti le concessioni fatte ai Benedettini. Tra queste enumera le chiese antice della valle di Nerfa che risalgono ai tempi antecedenti “al catalogo dei baroni” del 1173.(31)
E’ questa un’altra prova di nuclei abitativi in Pagliara prima della organizzazione politica e di denominazione, dei tempi, delle contee compresa quella di Tagliacozzo da cui derivò quella di Corcumello che assoggettò il territorio di Paglìara con i De Pontibus e i Vetoli.

Gli “ABATI” di cui si conoscono i nomi partono dal 1719. Non esistono libri parrocchiali antecedenti tale data per cui non si hanno notizie sui parroci.
1710: resse la parrocchia, prima come economo, poi in qualità di abate un certo don Antonio Rosa. Rimase in parrocchia fino al 1740. Alla morte di don Antonio Rosa successe don Michele Ferrazza, probabilmente oriundo di Cappadocia. Costui era spesso assente dalla parrocchia, per cui fu nominato come coadiutore un certo Costanzio De Costanzi, al quale successe come economo il canonico Domenico De Arnicis di Cese. Nel 1750 venne in qualità di economo curato Sebastiano De Rossi fino al 1753 e da questa data fino al 1757 come abate, vincendo il concorso nel 1753. Nel 1757 troviamo registrato Reginaldo Anzini della terra di Scurcola. Dopo dieci anni, nel 1767 fu nominato economo Michele Eleuteri, divenendo “abate”, dopo 5 anni, nel 1799.
Don Michele Eleuteri era nativo di Pagliara, di famiglia benestante. Era versatile in pittura ed in intagli, esperto ebanista. Fece di proprio pugno varie pitture e il bel archivio-bancone in dotazione alla parrocchia. L’archivio e bancone per gli arredi sacri, è tutt’ora all’ammirazione di chi lo vede, nella sacrestia. Si spera di poter restaurare anche detto armadio, essendo si deteriorato un po’, con l’andare del tempo.

Gli anni 1799/1858 sono nella piena oscurità e non sappiamo i nomi degli abati, perché i libri parrocchiali furono richiesti dal Tribunale dell’Aquila per una vertenza sorta tra gli eredi dell’ultimo abate precedente, certo Gìuseppe Forte dì Antrosano. Costui aveva retto la Parrocchìa prima del 1858, per venti anni.
Dai documenti risulta che don Giuseppe Forte fu uomo di grande ingegno, ricco di beni, ma non lasciò ricordi di benefici alla Chiesa. Gli eredi Giuseppe De Rubeis e Rosa di Marzio, sopra la sua tomba, posero una modesta memoria, come ancora oggi può essere vista, nella chiesa parrocchiale in cormi Evangelii. Nel 1858 troviamo, come abate don Emidio Masci di Corcumello. Vi rimase per venti anni. Nel 1876, dovette ritirarsi nella propria casa in Corcumello, per “eccesso di esaltata mente” (don Urbano U.).
Già con Masci, ormai al tramonto, nel 1873 resse la chiesa come economo curato don Lorenzo Fratticci di Forme. Sotto di lui furono tagliati boschi che la Chiesa di Pagliara aveva nella contrada del “Cerreto”. Con quel che ne trasse, fu fatta l’orchestra (cantoria), l’organo, il pulpito e la balaustra. Don Fratticci mise le Via Crucis, fece un ostensorio assai bello, ed altri oggetti necessari. Peccato che nel 1879, dopo solo 5 anni dovette fuggire dal paese, non si sa per quali motivi.

A Fratticci, successe nel 1879 don Torquato Morzilli di Castellaffiume, ma come economo curato vi rimase per 11 anni, dando ottimo esempio di sacerdote e pastore. Nel 1891 fu presente per pochi mesi un certo don Francesco Zangrilli di S. Stefano. Nello stesso anno, il 1891, alcuni parrocchiani di Pagliara residenti a Monte Porzio Catone, riuscirono a portare in parrocchia un ex Camaldolese, che divenne abate, ma ben presto se ne tornò in patria “vuoi per la bizzarria del paese, vuoi per l’indole girovaga di lui (don Urbano U.). Per nove mesi la parrocchia rimase vacante e veniva di scavalco, nelle feste, don Ignazio Rosati di Castellafiume.

Il 29 Settembre 1894 si recò a Pagliara, su richiesta di paesani, don Urbano Urbani, ex passionista, nativo di Cerreto Romano, figlio del dott. Latino da Belmonte Piceno e Prosperi Elena di Vallepietra. Don Urbano fu contrastato dalla Curia di Pescina, per l’ardire dei pagliaresi che avevano richiesto il sacerdote, e, nella mora del diniego, portarono con forza il don Urbano.
Per questi contrasti don Urbano fu sospeso a divinis ed ottenne la facoltà di celebrare solo dopo sei mesi. Rimase, così, come economo. Solo nel 1896, divenne abate, per concorso. Rimase “abate” fino alla morte, 29. 5. 195 1, lasciando buon ricordo in tutti Il don Urbani ha registrato tutte le attività svolte. (32) Alla morte di don Urbano resse la chiesa, don Serafino Ferrazza che proveniva da Petrella Liri, dove era parroco. Il suo apostolato durò fino alla primavera del 1952, esautorato dal popolo che reclamava un sacerdote “fisso”. Dalla Pasqua del 1952, veniva di scavalco, il parroco di Verrecchie, don Francesco Di Domenico, ben voluto e stimato. In qualche occasione fu presente don Alfonso Moscatelli e un frate di Corcumello. Il I’ Agosto 1952 fu nominato “abate” il sac. novello don Ezio Del Grosso, ancora in attività.

Piace ricordare, qui, la figura di un grande sacerdote di Pagliara, P.
Giovanni Michetti, dei “Giuseppini”, ammirato anche in tutta la Marsica
per la sua attività squisitamente pastorale, il suo ingegno, il suo carattere
mite e bonario, il suo sguardo sincero e penetrante. Era nato a Pagliara il 9. 5. 1895, è morto a Roma il 2-7-5 1.(33) Altra bella figura di sacerdote è don Giuseppe Morosini. Non è di Pagliara ma lasciò impronte pastorali per aver predicato le S. Missioni al popolo qualche giorno prima della fucilazione ad opera dei nazisti il 3. aprile 1944. Non possiamo, infine, dimenticare la figura di don Giovanni Di Cintio, parroco di Canistro “S. Croce” (Aq). Da molti anni va effondendo nella Parrocchia di Pagliara, il suo carisma di oratore con vasta dottrina teologica ed umanistica. Ha inciso sulle coscienze, favorendo la grazia santificante e lo spirito di fiducia in Dio, con il Sacramento della Penitenza.


Note
29 G. Squilla: Valle Roveto ed. 1966 e Oronzo Tripoli: “Chiese della Marsica”, ed. ‘Ta Trozzella”, tip. A. Corsi Sora (Fr), 1986, pag. 7 e segg.
30AA. VV.: CASTELLAFIUME, ed. Kapparnedia – Pescara – 1996 pag. 38
31 Ib. Passim. nb: cfr. anche: Ughelli F.: Italia Sacra – Venezia 1772.
Ib. Passim. nb: cfr. anche: Ughelli F.: Italia Sacra – Venezia 1772.
32 cfr. Platea – 1894 -, in archivio parrocchiale.
33. Le notizie sui parroci sono state desunte dall’archivio parrocchiale di Pagliara.

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