La congiura del governatore di Avezzano in un contesto sociale corrotto e instabile (1680-1688)

castello baronale|Stemma dei Colonna
castello baronale|Stemma dei Colonna

Nel regno di Napoli e nella Marsica, come andiamo affermando, gli accordi tra viceré spagnoli e poteri feudali per il controllo delle risorse del territorio appaiono, per gran parte del Seicento, come duri contrasti difficili da sanare. Tuttavia, quando le leggi sull’eversione della feudalità del 1806-1808 intervennero pesantemente sulla feudalità, privando il baronaggio dei suoi antichi diritti e, soprattutto, del potere giurisdizionale, queste avevano già subito un consistente ridimensionamento, costrette a rinunciare in parte alle antiche consuetudini. Di fatto, come vedremo più avanti, a fine Ottocento, la resistenza delle proprietà colonnesi e quella dei conti di Celano (come istituzioni), divenne più tenace e vigorosa, poiché in parte erano sopravvissuti alle restrizioni governative alcuni privilegi d’antico regime come immunità corrose. Come ben afferma lo storico Nicola Santamaria, la feudalità ormai: «uscendo dal suo periodo eroico e giovanile era entrata rapidamente in quello della sua decadenza» (1). In complesso, i «signori» della Marsica (occidentale e orientale) non conoscevano che i loro castelli e i loro possedimenti rosicchiati nel tempo anche al demanio comunale. In ogni favorevole circostanza, avevano sempre tentato di ostacolare le attività primarie alle istituzioni governative e, in loro assenza, per mezzo dell’erario locale fecero riscuotere abusivamente tasse non dovute. 

Non è facile nemmeno definire la quantità dei loro beni alienati dalla nobiltà locale a discapito del «feudatario assenteista», laddove gli interessi personali prevalsero su quelli generali. Abbiamo visto come un groviglio d’influssi, «preparati da lunga mano col malcontento interno e le cospirazioni, ora bruschi ed inaspettati, prodotti da guerre ed urti interni ed esteriori», impedivano la sicurezza e la garanzia dei propri diritti nel contado marsicano, nel bel mezzo di mutamenti degli ordinamenti politici europei (guerra franco-spagnola). 

In questo scenario, molto appropriate e interessanti sono le valutazioni del Santamaria rilevate in vari e dettagliati capitoli della sua profonda indagine sull’argomento. 

In alcuni paragrafi si possono apprendere i difficili rapporti tra le «Università» e l’arroganza dei feudatari, con attinenze spesso caratterizzate da speculazioni e prestazioni assurde, come il diritto proibitivo di pesca preteso dal comune di Capistrello sulle anguille catturate nel fiume Liri o altre varie proibizioni  imposte al comune di Collelongo, dove il feudatario fece sequestrare il mulino nel pieno esercizio, appropriandosi di locali e attrezzature. 

Gli stessi rilievi possono essere attribuiti al conte di Celano, che pretese dal municipio di Ortucchio il pagamento di un’annua prestazione chiamata «l’Adoa di Agosto»; mentre, i comuni di Civitella Roveto e Avezzano, sotto il titolo di prestazione feudale, dovevano pur pagare il cosiddetto «Procaccio» (2). 

Se comunque risulta difficile individuare un minimo comune denominatore tra tutti queste ed altre imposizioni zonali è possibile, tuttavia, individuare una chiave di lettura di una parte assai significativa della nostra storia. Insomma, un senso di appartenenza a una diocesi in fermento e un’area feudale intrisa di particolari vicende: situazioni che ci permettono di conoscere alcune allarmanti vicende avvenute sul territorio marsicano. 

Il 24 marzo 1688, l’Uditore di Tagliacozzo (3) scoprì una congiura ai danni di facoltosi cittadini avezzanesi, quindi immediatamente allarmò le autorità della cittadina con una messaggio in cui si comunicava di: «una congiura fatta da molti particolari cittadini, di voler ammazzare li principali saccheggianti, e abbruggiarli le case, et perché per quanto intende gli dubbi, come primo il Sig.r Gov.re Francesco Della Valle, fomentava questa congiura». Infatti, il giorno di S. Giuseppe (29 marzo), sotto l’azione dello stesso governatore di Avezzano, la plebaglia sarebbe stata indotta al saccheggio, tentando di assassinare tutti i benestanti. Proprio per questo imminente pericolo, il rappresentante governativo chiese soccorso all’Udienza aquilana per colpire i fautori della cospirazione con un «castigo esemplare». In realtà, Giovanni Mariani, bracciante giornaliero nelle vigne intorno al lago, riferì che il governatore di Avezzano e il medico condotto (ambedue originari dello Stato pontificio) intendevano dar man forte a un nucleo di popolani pronti al saccheggio e rapire «ciascheduno una delle migliori Gentildonne, e fuggirsene nella campagna di Roma alli loro paesi». Fortunatamente il complotto appena svelato non ebbe gravi conseguenze (4). 

Tra altri inquietanti avvenimenti, andrà considerato il fenomeno di un banditismo sempre latente. Il 29 settembre 1680 fu trasmessa un’altra relazione da Lecce nei Marsi all’Episcopio di Pescina. Si trattava della denuncia dettagliata di una rapina compiuta ai danni del proprietario di gregge Giovan Domenico Papa. Il documento da noi esaminato, descrive la cattura e il sequestro dell’armentario che, durante la transumanza verso la Puglia, ebbe salva la vita dopo trentasei giorni di prigionia, solo quando i figli Angelo, Pietro e Giuseppe cedettero ai malviventi metà della consistenza del branco (5).

NOTE

  1. I feudi, il diritto feudale e la loro storia nell’Italia meridionale, per Nicola Santamaria, Editore Ricc. Marghieri Di Gius., Napoli 1881, pp.7-54.
  2. Ivi, p.333 sgg. Il «Procaccio o Maestro di posta», a differenza dei corrieri ordinari e straordinari, forniva un servizio privato di trasporto. Dopo innumerevoli discrepanze, la normativa fu riordinata dal Borbone nel 1742.
  3. Le regie Udienze subentrarono ai giustizieri di origine normanna. La figura del «Preside», comparve per la prima volta in età aragonese. Questa magistratura, che aveva giurisdizione civile e penale, risiedeva in ciascun capoluogo di provincia ed era composta dal «Preside da un Caporuota, da due Uditori, da un Avvocato fiscale, da un Procuratore, da Avvocati dei poveri, Segretario, Mastrodatti e da un gran numero di ufficiali subalterni» (dopo quella di Chieti fu istituita all’Aquila nel 1641).
  4. F.D’Amore, Il manoscritto inedito della nobile famiglia Aloisi di Avezzano. Strutture familiari e rapporti sociali in una comunità marsicana fra Trecento e Settecento, Edizioni Kirke, Cerchio, febbraio 2011, pp. 82-83.
  5. L’intera drammatica vicenda si può leggere nel carteggio esistente nell’Archivio Diocesano dei Marsi, Fondo C, b.13, fasc.324, Aschi, 1680. Molte bande armate si appostavano sul «Regio Tratturo» che collegava l’Abruzzo montano con il Tavoliere di Puglia e rapinavano gli «armentari», talvolta con il sequestro dei proprietari stessi. Di solito, i furti avvenivano al ritorno verso l’Aquilano, poiché pastori e «locati» erano ben forniti di soldi e vettovagliamenti.

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