Feudalità baronale e feudalesimo ecclesiastico: la politica di accorpamento del vescovo Corradini (1693)

Le frequenti oscillazioni del lago Fucino continuavano a essere fonte di danni per le colture e, soprattutto, per i centri ripuari spesso quasi sommersi dalle acque. Occorreva, quindi, prendere nuovi provvedimenti quando nel 1683 giunse ad Avezzano, incaricato dalla curia romana, il celebre Raffaele Fabretti (1) per occuparsi dell’espurgo dei cunicoli di Claudio. Più tardi, gli ingegneri di Torlonia (Brisse e Rotrou), scrissero di lui: «Non inferiore per iscenza a quelli che fino allora avevan negata l’esistenza dell’Emissario, ma superiore ad essi per buon senso, fece quel che avrebbero dovuto fare gli altri prima di scriver tante pagine, per negare in modo categorico un fatto di cui era molto facile assicurarsi. Egli si recò al Fucino, per esaminare quel che restava dell’opera romana. La relazione di quest’esame è degna del nome dell’autore, ne attesta com’egli possedesse mente limpida e giudiziosa» (2).

Al tempo stesso, pur fra alterne vicende, andranno collocate nella ricerca dei caratteri peculiari e dell’identità storica del Mezzogiorno nella seconda metà del 1600 (in situazioni e in momenti diversi), varie vertenze giurisdizionali che investirono direttamente la Curia diocesana dei Marsi sempre in contrapposizione con i baroni del posto per la nomina dei propri accoliti ai benefici di cappellanie ed altro. D’altronde, sul controllo dei beni della Chiesa da parte dei feudatari locali, ben insistono numerosi storici, specialmente sulle contraddizioni del sistema di nomina feudale, regia o vescovile dei benefici. Esaminando il carteggio degli atti processuali del «Cappellano Maggiore» se ne può avere piena conferma leggendo numerosi dispacci, tra cui gli atti dell’exequatur per le bolle pontificie e i decreti di expedit per gli affari concernenti le assegnazioni di regio patronato. Oltretutto, sono particolarmente indicativi quelli che riguardano l’attività giudiziaria e i processi diversi, che iniziano nel secolo XVI; oppure, quelli delle congregazioni e dei luoghi pii che chiedevano il regio assenso. 

Tra il 1614 e il 1703, incoraggiato dai viceré Lemos e Villena, questo importante funzionario governativo vide accrescere le sue attribuzioni riferendo tramite il consultore addetto alla sua Curia, le numerose vertenze e gli innumerevoli reclami dei vescovi presentati tre volte l’anno (3). In una di queste dispute datata 1693, si legge tra l’altro: «Protesta di Monsignor Corradini di non pregiudicar mai alla libertà della Chiesa di Marsi nelle bolle spedite con la clausola Ut Asseritur nelle Beneficij de Colonnesi e Savelli» (4). In realtà, il nuovo vescovo Francesco Berardino Corradini, stava tentando di rimettere ordine nella diocesi marsicana, laddove in passato sia i Colonna sia i conti di Celano, approfittando della loro forte posizione a Roma e Napoli, elargirono: «Alcuni beneficianti, e canonicati di Collegiate, Chiese parrocchiali, Beneficij semplici, Cappellanie perpetue sia per la nota potenza e grande autorità di dette due Eccellentissime case, noncuranti verso le bolle e senza veruno atto giudiziario prescritto dal Sacro Concistoriale Tridentino e con la clausola preservativa Ut Asseritur Jus Patronatus, e col supposto che dette Eccellentissime Case potessero avere con verità li pretesi Jus Patronati dei Beneficij in detti loro Stati». L’attento presule, ben intenzionato a ripristinare i poteri zonali, aveva scoperto moltissime irregolarità, avvenute con usurpazioni perpetrate dai baroni del posto negli anni precedenti. Le clausole delle nomine fanno riferimento a tre elementi: il privilegio della Curia vescovile, la corretta discendenza ed esperienza del nominando, il giuramento di fedeltà al pontefice, al sovrano e al presule. Un triplice giuramento di fedeltà, dunque, che rispecchiava la particolare condizione in cui si trovava a operare un notaio o un giudice nominato dal monsignore. Del resto, si trattava di un riferimento a tre ordini di poteri che, sulla scala territoriale, convivevano in una complessa dialettica di convergenze e divergenze, di compromesso e conflitto che caratterizzerà a lungo e per tutta la durata dell’antico regime, la vita quotidiana della Marsica e del regno di Napoli (5).

Evidentemente, i predecessori di Corradini, in epoche remote, temendo rappresaglie dei feudatari: «per la potenza della Casa Colonna temuta nei secoli passati, et anco corrente come dell’autorità valevole di Casa Peretti e Savelli, riportata da scrittori in cause simili, ma anche per non tirarsi addosso lo sdegno di casati così cospicui et autorevoli», persero terreno agevolando facili intromissioni dei baroni negli affari della diocesi marsicana. Tuttavia, il coraggioso monsignore, animato da spirito combattivo, ribadì che in qualche modo si era: «fatto pregiudizio al diritto della sua Chiesa dei Marsi et alla Santa Sede Apostolica, ad ogni modo per non haver a rendere conto a Dio nel punto di morte di tal tolleranza, et omissione, esso Monsignore Vescovo, avanti a detti Signori Capitolari dichiara, a protesta haver tutto operato come sopra sempre con ripugnanza del Suo Spirito e fattone in diverse congiunture posizioni, discarichi con intenzione di manifestarli alla Santità Santissima di Papa Innocenzo, da sottoscriverle anco da essi Signori Capitolari, e Testimonij infrascritti, et appresso da conservarsi un duplicato originale in carta pergamena nell’Archivio di questa Chiesa Cattedrale, et un altro in questo vescovato dei Marsi, acciò in ogni futuro tempo sia noto ai posteri la verità». Sottoscrissero l’atto notarile, stilato da Andrea Sellio: Francesco Bernardino Corradini (vescovo); don Fulgenzio Tomassetti (arcidiacono); Melchiorre Carlo De Dominicis; Francesco Cerasani (suddiacono); Blasio Tomassetti, Giovan Pietro Trombetta, Alessandro Cambise, Giovan Battista Tomassetti, Costanzo Ruggerio e Antonio Paduano (6). 

Oltremodo, il vescovo doveva far fronte anche alle lotte intestine, nell’ambito delle continue liti tra i confinanti parrocchiali, proprio quando in quest’azione multiforme ognuno cercava di procurarsi mezzi illeciti per raggiungere i propri interessi. 

Questo scenario convulso e “anarchico” scatenò l’11 giugno 1697 un’ennesima denuncia indirizzata al vescovo dei Marsi: «Contra abbatem et canonicos Terrae Luci». La segnalazione, partita da Avezzano, fu indirizzata alla corte vescovile di Pescina con tutti i dettagli della questione in atto: «Li procuratori della Chiesa di S. Bartolomeo d’Avezzano comparendo espongono a V.S. Illustrissima come per bisogno grande, che tiene detta Chiesa di esser risarcita nei contrafforti, volendo servirsi delle pietre d’una chiesuola diruta detta S. Eremo, sita in territorio d’Avezzano e spettante al Capitolo di detta Terra, come dagli instrumenti che si presentano, hanno trovato che una quantità di dette pietre è stata portata via dalli Preti di Luco. Supplicano così la V.S. Illustrissima e fanno istanza spedirseli ordine, che debbano pagar il prezzo, e intanto non s’accostino, ne facciano accostar più a detta chiesuola sotto le dovute pene, riservandosi l’azione criminale. Datum Piscinae ex Episcopali Palatio die XI Junij 1697» (7).

NOTE

  1. De columna Traiani syntagma: Accesserunt explicatio veteris tabellae anaglyphae Homer Iliadem atque ex Stesichoro, Arctino et Lesche Ilii excidium continentis & emissarii lacus Fucini descriptio, Roma, 1683. Raphaelis Fabretti Gasparis F. Urbinatis, Emissarii Lacus Fucini, Descriptio. Ad Illustrissimum et Reverendissimum D.Iacobum Cantelmum, Caesareae Archiepiscopum ed Ducibus Populi Patritium Neapolitanum, pp.385-420. Il Fabretti era già noto per un trattato sugli acquedotti romani e per aver realizzato altre opere importanti.
  2. A. Brisse–L. De Rotrou, Prosciugamento del lago Fucino fatto eseguire da sua eccellenza il principe Alessandro Torlonia. Descrizione storica e tecnica in 2 voll. e un atlante Roma, Tip. Poliglotta della S.C. di Propaganda Fide, 1876, pp.273-381.
  3. Per tutto il contesto si veda: A.M.Rao, Mezzogiorno feudale. Feudi e nobiltà da Carlo di Borbone al Decennio francese, fedOA Press, Napoli, 2022. Nello specifico, si veda: Archivio di Stato di Napoli, Cappellano maggiore Napoli (1530-1808), Inv. n.176 e varie Pandette.
  4. Il sottoscritto ritrovò nell’Archivio Parrocchiale della Cattedrale di Avezzano (tra i registri dei battezzati, dei morti e dei matrimoni) questa importante pergamena non classificata, segnalandola immediatamente all’Incontro dei Soci della Deputazione Abruzzese di Storia Patria.
  5. Per tutta la questione si legga l’Introduzione in: Feudalità laica e feudalità ecclesiastica nell’Italia meridionale, a c. di A.Musi-M.A.Noto, in «Quaderni Mediterranea», Ricerche storiche, Palermo 2011, pp.10-11
  6. Il vescovo Francesco Berardino Corradini, in trentasei anni di ininterrotta attività pastorale, tentò di ripristinare gli antichi diritti dell’Episcopio marsicano, combattendo gli abusi e le usurpazioni avvenute.
  7. Archivio Diocesano dei Marsi, Fondo C, b.17, fasc.397, Avezzano, 1697.

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