Avezzano – Al termine delle operazioni di screening in città, il rapporto dei positivi sulle persone testate, si aggira attorno allo 0,336%. Questo dato, per quanto rassicurante, merita una riflessione molto più puntuale rispetto al numero delle persone che si sono sottoposte al test gratuito voluto dalla Regione, che su tutto il comprensorio marsicano, arriva a circa un 20% del totale dei residenti.
Al netto dei positivi già certificati e registrati precedentemente in piattaforma, a cui vanno aggiunti i nuovi scovati con la campagna di questi giorni, se proiettiamo il dato statistico sull’intera cittadinanza di Avezzano, resterebbero poco più di un centinaio di persone, probabilmente asintomatiche, che girano per la città inconsapevoli di essere mine vaganti innescate pronte a scoppiare da un momento all’altro.
Se estendessimo il dato sull’intera Marsica, si tratterebbe di circa 360 soggetti, che probabilmente, nella loro mobilità, incroceranno senza alcun dubbio le strade di Avezzano. Soprattutto in questo periodo prenatalizio, col colore della Regione Abruzzo che sbiadisce per favorire lo shopping nei centri commerciali.
Tralasciando le polemiche stucchevoli alimentate da una certa politica sempre pronta ad accusare la stampa di fare allarmismo, il punto è che queste persone, girando senza sapere di essere potenziali detonatori, potrebbero essere gli inneschi della terza ondata pandemica, inevitabile per gli scienziati.
Ciò che si può fare, è non abbassare la guardia, perché ancora non è finita. Perciò sarà necessario mantenere ancora tutte le precauzioni, soprattutto durante le feste. Occorrerà continuare ad utilizzare i dispositivi di protezione, che ormai, da quasi un anno, sono entrati nella vita quotidiana di tutti.
Ciò non impedirà alla terza ondata di manifestarsi, ma forse contribuirà a diminuire la pressione sulle strutture sanitarie, che scontano da anni, un drammatico e colpevole depauperamento di risorse, e proprio per questo, non sono state in grado di rispondere con efficacia a un fenomeno eccezionale come la pandemia.
Di ciò, non si può certo accusare la stampa, è il virus che uccide, non le parole.