La scrittrice Maria Assunta Oddi ricorda con una poesia l’anniversario del terremoto della Marsica.
Dalla residenza provvisoria di Tagliagozzo, il Vescovo dei Marsi, Monsignor Pio Marcello Bagnoli, commentò l’immane catastrofe che nella giornata del 13 gennaio 1915 colpì la Marsica con queste parole :” Una tremenda sciagura ha gettato nel lutto e nella desolazione la nostra cara Diocesi: il terremoto che la mattina del 13 corrente commosse tanta parte dell’Italia centrale esercitò la sua azione devastatrice e funesta nel bacino già sì ridente del Fucino; Avezzano, la gentile e industriosa cittadina che della Marsica poteva dirsi capitale, è oggi un cumulo di rovine polverose: mille appena , e forse nemmeno, dei suoi circa quindicimila abitanti sono potuti scampare alla morte!”.
Il Vescovo, afflitto da un evento catastrofico che straziò il cuore di coloro che sopravvissero, invocò la Misericordiosa Provvidenza ma anche la solidarietà fraterna: “Ai poveri morti abbiamo implorato la pace; ai superstiti, alle loro impellenti necessità, spirituali e temporali, sono ora rivolte le nostre cure più premurose e paterne. E per questo invochiamo con fervida speranza la carità dei pietosi”.
La solidarietà immediata e generosa permise non solo la ricostruzione architettonica della città intorno al nuovo progetto urbanistico dell’ingegnere Sebastiano Bultrini, ma anche la conservazione dell’identità del popolo marsicano. Ed è la solidarietà, di cui i nostri antenati in tempi segnati dalla devastazione, dalla guerra e dalla mancanza di libertà hanno dato testimonianza, che deve muovere ogni azione presente nel continuo processo di civilizzazione. Come diceva Albert Einstein ogni crisi dovrebbe essere un invito universale rivolto ad ogni uomo e donna ad essere una grande famiglia per la costruzione di un domani migliore.
Alla memoria di ogni luogo colpito dal terremoto dedico questa poesia.
Terremoto
Non lo schianto amico
Del ciocco sul focolare
Ha destato nel buio
Della notte fonda
La mia casa.
Un tremito improvviso
Terrore di morte
Striscia guardingo
Negli occhi smarriti
Del mio sposo
Niveo come fiocco di neve.
Non odo il boato della piazza
Posarsi sulle chiuse persiane
Né il rintocco delle ore
Né il lento e severo
Ondular della campana.
Il silenzio cerula tenebra
Intorno al borgo medievale
Sbigottito e muto
Appunta una spina nel mio cuore.
Il candido giorno ora
Si accresce di luce
A ricordar che tutti fratelli
Siamo nel mondo.