Per il Giorno della Memoria una poesia della scrittrice Maria Assunta Oddi ci invita a non dimenticare

All’interno della tragedia globale della Seconda guerra mondiale, si consumò il dramma del popolo ebraico. Dal 1939 al 1945 circa sei milioni di ebrei persero la vita nelle camere a gas. Fu una Shoah, parola che significa “catastrofe”. Nella distruzione totale “Il silenzio” è, a mio avviso, il vero crimine contro l’umanità.
Anche se la Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz,” Giorno della memoria”, al fine di ricordare lo sterminio degli ebrei come negazione di ogni dignità umana, ancora oggi sono perpetrati delitti. Le guerre, gli abusi e le ingiustizie tormentano il mondo.

Leggendo le parole o ascoltando direttamente la voce dei sopravvissuti al genocidio nasce la convinzione di dover ricordare quello che è avvenuto, non certo per formentare odio ma per ammonirci vicendevolmente sugli esiti nefasti, estremi, che l’intolleranza, il razzismo, la negazione di libertà portano tragicamente con sé. Perché quello che è accaduto può di nuovo accadere, come avvertiva Primo Levi, se non manteniamo la memoria del passato e vigile la coscienza critica sul presente. Il dialogo con la poesia può aiutarci a conservare la bellezza della fratellanza solidale.

Quando era nel cuore dei bimbi.

Quando Hitler era nel cuore dei bimbi

Smarriti nel cielo grigio di fango,

sassi di sangue e acciaio

fecero dei balocchi carrarmati

e melodie disperse rubarono

agli orfani di immemore libertà:

la speranza.

Quando gli sguardi innocenti di vita,

colmi di lacrime come pozzanghere

spettrali d’incubi, calpestarono

con zoccoli leggeri di puledri

le strade, i cortili solitari

e i campi devastati, 

un uragano di schegge si mescolò

ai gridi acuti d’armistizio.

Quando Hitler era nel cuore dei bimbi

Sognanti piccole aiuole tra altalene di sole,

le pupille brune d’oblio guizzarono di gioia

come codi di rondini lungo le rotte del sud,

qualcuno su nubi increspate di vento, cullò nidi di pace dove l’uomo finalmente

disarmato sta accanto a l’altro a rimirare stelle all’orizzonte.

Oh! Fratelli del mio tempo,

che tornando a casa

abbracciate nel grembo materno

tutti i fiori dei giardini e dei prati,

non dimenticate i rifugi infranti dell’infanzia

che fu, né il bianco pane negato, né la pena

della vita straziata da un solco d’odio

dentro il cuore.

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