Luco dei Marsi – Il racconto dal titolo “La fanciulla e i segreti del cuore” della scrittrice marsicana Maria Assunta Oddi è stata la fiaba vincitrice del Premio Nazionale “Il nonno racconta” ed è stata pubblicata su “Repubblica”.
Di seguito si riporta la bellissima fiaba.
LA FANCIULLA E I SEGRETI DEL CUORE
Non so né voglio sapere se un sogno o una dolce realtà, ma desidero pienamente vivere quest’èra in cui le strade della fantasia e quelle della realtà si uniscono e cercano insieme un mondo pieno d’amore, di libertà e di vita.
C’era una volta una fanciulla dagli occhi azzurri, profondi e pieni di bontà. Viveva poveramente, eppure aveva sempre qualcosa da donare agli altri, sicché tutti vedevano in lei la gioia di vivere. Ogni sua parola, ogni gesto faceva pensare alla primavera che fa fiorire anche le rocce sui monti e gli stagni paludosi con petali leggeri di sole. E così qualcuno nel suo paese cominciò prima a pensare e poi a dire:
<< Povera fanciulla, così bella e così innocente e pura! Sembra un cerbiatto davanti alla balestra del cacciatore. La vita le riempirà il cuore di spine, perché non c’è posto per lei in un mondo tornato sotto certi aspetti violento e primitivo.>>
La fanciulla cercava nella natura la pace che non trovava nei suoi simili. Quello che più l’affascinava erano le acque limpide. Spesso restava incantata a guardare i ruscelli di montagna fuggire come rondini verso la valle. Nei laghi, dove l’acqua era più profonda e turchina, specchiava l’animo desideroso d’amore. Una notte di plenilunio, mentre guardava i riflessi di luce sul lago, fu scorta dal principe della notte che s’innamorò di lei perdutamente. La rapì, mettendola su una barca che la condusse in un azzurro paese sotterraneo colmo di ricchezze e di piaceri. Via via che la barca si avvicinava al fondo, l’acqua assumeva i colori dell’arcobaleno. Poi l’acqua scomparve, e la fanciulla poté scorgere una spiaggia, dove la barca si fermò.
Sulla riva, seduto su un trono tempestato di diamanti, un giovane di bell’aspetto l’attendeva ansioso. La fanciulla si guardò attorno smarrita, poi chiese:
<< Dimmi, o giovane, chi sei e dove sono! Non conosco questi luoghi! >>
<<Sono il principe della notte e vivo in fondo al lago. Questo che tu ora vedi è il paese dei sogni, dove ogni tuo desiderio sarà realizzato. Diventerai regina e tutto sarà tuo>>
Aveva appena detto queste parole che per magìa un diadema si posò sui suoi capelli biondi e un manto leggerissimo le scese sulle esili spalle, mentre le sue vesti si coprivano d’oro.
<<Dimentica, dimentica!>> mormorò la voce del vento. <<E sarai felice!>>
Intanto il principe prese teneramente la mano della fanciulla e conducendola nel suo meraviglioso palazzo disse:
<<Chi giunge nel mio regno deve dimenticare tutto quello che ha lasciato sulla terra! Sarai amata immensamente dal mio cuore. Regnerai come nessun sovrano in terra potrà farlo. >>
Inizialmente la fanciulla, stordita da mille colori, invasa dalla luce lunare che dava a ogni cosa la magìa del sogno, allietata dalle continue premure del suo sposo, non capì che cosa le stava accadendo. Eppure non poteva dimenticare il paese dove era nata. Poiché i suoi giorni trascorrevano senza la speranza di rivedere il suo mondo, fu presa da una profonda malinconia. Il suo viso giorno dopo giorno acquistava una pallidezza tremenda.
Il principe, preoccupato per la sua salute, un giorno le disse:
<<Dolce amore mio, quale dolore, quale pena ti affligge?>>
E lei rispose:
<<Ti ringrazio dell’amore che mi dài, ma io non potrò mai dimenticare la mia terra, dove cresce il grano e fioriscono fiori, dove il sole splende e l’acqua scorre per il ristoro degli uomini, degli animali e delle piante, dove il fuoco arde nelle giornate d’inverno e il cielo si riempie di voli e di canti a primavera. Da quando sono venuta nel tuo regno vivo solo per ricordare il mio.>>
E il principe, sempre più amareggiato:
<<Credevo che il mio amore fosse per te la cosa più importante e che il mio regno potesse offrire al tuo animo nobile quello che nessuno sulla terra avrebbe potuto donarti. Non è forse, il tuo mondo, dimora di ogni crudeltà, dove l’egoismo mette il fratello contro il proprio fratello?>>
La fanciulla:
<<Ti prego, per l’affetto che ti unisce a me: non usare parole così severe. E’ vero che spesso l’odio separa l’uomo dall’uomo, ma c’è anche tanto amore. >>
Il principe più ascoltava la sua sposa e più vedeva perduta ogni speranza di tenerla ancora con sé. E vedendola così desiderosa di tornare da dove era venuta, pensò di alleviarle il dolore con un dono:
<<Voglio regalarti il canto dell’usignolo, affinché tu possa per un attimo avere la sensazione di essere tornata.>>
E con un gesto della mano chiamò dalla terra il canto armonioso dell’usignolo a rallegrare gli abissi del lago.
La fanciulla, che dal giorno in cui era stata rapita non aveva più sorriso, sentì un soffio di felicità penetrarle il cuore, e cominciò a parlare dolcemente:
<<Principe generoso, è il mio cuore come il canto di un uccello che non potrà mai rassegnarsi alla perdita della libertà.>>
A queste parole il principe, consapevole di aver perso per sempre l’amata, prese l’arco e scoccò una freccia verso l’usignolo dicendo:
<<Se niente è riuscito a farti dimenticare, farò tacere per sempre il canto melodioso dell’usignolo. Aspetterai invano che il canto torni ad allietarti con la sua melodia. All’apparire della luna ti trasformerai in torrente e tornerai sulla terra, ma nessuno potrà amarti come me.>>
Con queste parole il principe si congedò dalla sua sposa, e visse per sempre solitario nella sua reggia dorata.
La fanciulla, trasformata in un ruscello che scorre tra due valli, continua ancora oggi a narrare, con il suo crosciare armonioso, la storia dell’amore perduto per aver desiderato più di ogni altra cosa la libertà.
Nel suo paese, con il passar degli anni, di lei non rimase più traccia. Tante stagioni si succedettero da quel giorno e la vita si rinnovò. Tornarono gli uccelli ad allietare il cielo con mille gorgheggi. Ma ci fu chi un giorno vide aggirarsi per le valli una bambina con gli occhi azzurri e profondi.