Strada regionale 82, la strada che muore d’inedia nella valle dimenticata

Capistrello – Nella conferenza stampa del giorno dei morti, lo scorso 2 novembre, il Presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, presentando il piano degli interventi infrastrutturali per l’Abruzzo, ha snocciolato cifre e dati per delineare quelli che, stando alle sue parole, saranno sforzi decisivi per il futuro dell’Abruzzo che potrà così, comunicare e dialogare con il mondo.

Fra le molte opere infrastrutturali citate, è stata menzionata anche la strada provinciale 63 Simbruina, una via montana di importanza strategica che collega l’Abruzzo al Lazio, dopo aver attraversato i monti Simbruini. L’arteria è destinataria di 4 milioni di euro, non abbastanza per renderla interamente fruibile in sicurezza, ma è pur sempre un inizio.

Il Sindaco di Capistrello, Francesco Ciciotti, era stato fra i primi a esprimere soddisfazione per questo finanziamento che nei suoi auspici, dovrebbe metter fine alle polemiche che avevano animato il dibattito pubblico sulla viabilità. Peccato non abbia meritato uguale attenzione, da parte della Regione, la ex strada statale 82, oggi strada di rango regionale e direttrice di collegamento principale di tutti i comuni della Valle Roveto, chiusa su più tratti da quasi due anni.

Raggiunto dalla nostra redazione e interpellato sulla ex SS82, Ciciotti si è dichiarato pronto a proporsi come riferimento istituzionale per tenere alta l’attenzione sulle necessità del territorio e della Valle Roveto in particolare, affinché siano destinate adeguate risorse per consentire la riapertura della SR82 in tempi rapidi.

È di circa dieci giorni fa un articolo pubblicato sull’HuffingtonPost, di Giuseppe Melillo, antropologo ed esperto di sviluppo locale. – il diritto dei paesi a morire – questo il titolo che evoca una certa rassegnazione all’ineluttabilità del destino. Una riflessione amara ma intellettualmente onesta sul futuro dei piccoli paesi nelle zone interne del Belpaese.

Melillo scrive «La storia ci dice che i luoghi non sono eterni, “subiscono l’ingiuria degli anni” come tutto e tutti. Non sono eterni gli imperi, figuriamoci i piccoli paesi che la storia economica ha messo ai margini delle dinamiche sociali, economiche e politiche.» e continua.

«I paesi soffrono della mancanza degli investimenti strutturali giustificati da assenza di sostenibilità economica degli investimenti stessi. La realtà racconta di paesi senza dipendenti comunali, rete internet a singhiozzo, trasporti e mezzi pubblici sempre meno presenti, ricostruzioni post terremoto o post frane mai conclusi, scuole elementari con pluriclassi, servizi essenziali assenti, biblioteche ed edicole un lontano ricordo, qualche bar in piazza, dove giovani e anziani si incrociano, attività sportive o ricreative distanti chilometri.»

«Paesi che se non cambiano le dinamiche in atto sono destinati ad essere parte del grande libro dei paesi scomparsi. E chi rimane diventa un resistente, non un resiliente, in un luogo che non non ha il ritmo della società dei consumi e dove lo spirito del tempo moderno sta “consumando” il genius loci.»

Tutto sembrerebbe quindi dipendere dalle dinamiche in atto, che andrebbero cambiate. Ma come? È del tutto evidente che una buona rete infrastrutturale di comunicazione sia la pre-condizione essenziale per invertire le dinamiche di cui sopra. Per questo, lesinare risorse alla viabilità vuol dire assecondare consapevolmente la fine delle comunità dei paesi montani.

Oggi si parla molto del cosiddetto turismo esperienziale, un concetto che evoca un turismo lento e di qualità, quello che ti porta ad immergerti nella lento fluire di un altro tempo, dove un paesaggio rapisce il tuo sguardo e i tuoi pensieri si perdono nel verde di boschi secolari.

Quello del rumore lieve di un torrente che ti abbraccia come l’aria sulla quarta corda di Bach, quello dello stormire delle foglie dei querceti che paiono il sussurro delicato della natura che ti parla.

Quello di una tavola imbandita di ogni ben di Dio, che ti aspetta al termine del giorno trascorso lungo sentieri ombreggiati, dopo aver attraversato la storia, fra eremi e castelli, guardiani silenti e fieri, delle antiche vestigia.

Tutto questo è lì che aspetta il turista in Valle Roveto, ammesso che il visitatore riesca ad arrivarci dopo quasi due anni di chiusura della SR82. Intanto, in questi giorni di novembre, non è raro incontrare qualche camminatore della domenica, facinoroso brigante, che resiste asserragliato nel suo borgo, perché è lì che ha deciso ostinatamente di restare a vivere.

E mentre le istituzioni decidono di fare qualcosa per invertire il trend, la natura si riprende i suoi spazi. La strada diventa sempre più stretta e la vegetazione invade l’asfalto privo di manutenzione. Il fondo stradale, ammalorato e insidiato da frane e smottamenti, cede il passo al tempo, ma il tempo è scaduto da un pezzo, e nessuno si vede all’orizzonte.

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