La visita dell’onorevole Alessandro Sardi nella Marsica: tutti i comuni aderiscono al fascio

Nell’autunno del 1922, il perdurare delle violenze fasciste contro i seguaci dell’avvocato Vincenzo Ludovici, costrinse alle dimissioni le amministrazioni municipali di Tagliacozzo, Cerchio, Luco e Carsoli. In diverse circostanze i carabinieri della zona intervennero usando le armi. In almeno tre episodi si fece ricorso alla violenza: nel duro scontro tra luchesi e trasaccani per questioni territoriali (bosco della Candelecchia); durante l’invasione delle vigne di Luco e nel tentato incendio del comune di Tagliacozzo. Bilancio dei disordini: quaranta arresti, un morto e sei persone ferite; mentre purghe e manganelli entravano in azione giornalmente. Squadre fasciste motorizzate, organizzavano spedizioni punitive colpendo simpatizzanti di sinistra, inseguiti e perseguitati(1).

In questo clima e nei primi giorni di ottobre, l’onorevole Alessandro Sardi (sottosegretario ai lavori pubblici e astro nascente del fascismo aquilano), iniziò il suo giro propagandistico nella Marsica, accompagnato dal commendatore Luigi Lodi, redattore del Giornale d’Italia, scortato dall’avvocato avezzanese Luigi De Simone e dal vice console tenente Enrico Panfili. La cronaca giornaliera descrisse con enfasi le tappe del giro: «Dovunque egli si reca è accolto da entusiastiche ed indimenticabili dimostrazioni di affetto». Oltretutto: «Domenica a sera, i fascisti reduci da Pescina, hanno voluto tributare una gentile manifestazione di omaggio al comm. Luigi Lodi, decoro del Giornale d’Italia». Durante il banchetto, l’onorevole Sardi, pronunciò discorsi di ammirazione per il festeggiato, che rispose ringraziando, commosso della «spontanea manifestazione di affetto ed ebbe parole gentili per la terra d’Abruzzo» (2). 

Accompagnato dalle personalità nominate e da un nucleo di squadristi avezzanesi, l’onorevole Sardi raggiunse poi Cerchio «accolto dall’intera cittadinanza e dai locali fascisti». Venne ricevuto dall’avvocato Carlo Iacobacci e dal segretario comunale che, in nome dell’amministrazione, rivolse all’insigne ospite «un vibrante affettuoso saluto». Tra applausi e grida di: «Viva il Fascio, Viva l’Italia», il parlamentare pronunciò parole inneggianti alla concordia e alla fusione dei due partiti fino a quel momento esistenti nel paese; in seguito, la numerosa comitiva partì alla volta di Pescina. Proprio in quell’occasione e sotto i migliori auspici, si costituì nel borgo posto sul fiume Giovenco «una sezione del partito Nazionale Fascista». L’ingresso in paese delle camice nere fu salutato dalla popolazione con bandiere tricolori e canti patriottici accompagnati dalla banda. Infine: «Al Teatro Comunale, di fronte ad un pubblico numerosissimo, l’avv. Goffredo Taddei ha parlato a nome dell’Amministrazione Comunale di cui è uno dei principali esponenti. Ha poi parlato l’avvocato Mameli Tarquini presentando l’on. Sardi. Il giovane deputato è stato accolto con fragorosi applausi. Ha parlato lungamente salutando i combattenti e spiegando come il gruppo dei deputati fascisti abbia sempre cercato gli interessi spirituali e materiali dei combattenti. Ha ricordato il progetto di legge presentato allo scopo di ottenere benefiche provvidenze a favore delle vedove dei morti e dei minorati in guerra». La cronaca della giornata (firmata da un anonimo Vice.) terminò con queste parole: «Pescina che fu un tempo teatro della demagogia socialista, ha domenica scorsa riaffermato la sua fede ed il suo patriottismo».

 

 

Al ritorno, l’onorevole Sardi, sempre scortato da una «schiera di fascisti in camicia nera», sostò a S.Pelino, salutato da manifestazioni di entusiasmo: «Presentato dal segretario del Fascio sampelinese, sig.Cofini Erminio, ha parlato efficacemente l’avvocato De Simone, spesso interrotto dagli applausi dell’immenso uditorio. L’on.Sardi, la cui attività politica è a tutti nota, ha poscia pronunciato una smagliante orazione inneggiando alla magnifica unione del popolo sampelinese sotto le bandiere del partito fascista. Ha spiegato il programma e le origini del partito, ha parlato dell’intima connessione esistente tra il partito Fascista e i combattenti ricordando come proprio dai combattenti scaturirono i primi nuclei dei fascisti». Dopo una cena abbondante offerta agli ospiti, la comitiva ripartì per rientrare ad Avezzano. Tuttavia, l’aver trascurato la visita a Celano, indignò le autorità municipali del paese, che espressero il loro diniego, affermando: «poiché Celano non è seconda a nessuna città, sia per lo squisito senso di ospitalità, sia per la bellezza e varietà del panorama che offre, sia infine per il suo patrimonio artistico non trascurabile». Negli stessi giorni, eludendo la vigilanza della guardia notturna, alcuni personaggi rimasti nell’ombra (forse avversari del Fascio), posero furtivamente una traversa sul binario nei pressi della stazione ferroviaria, allo scopo di provocare «il deragliamento del diretto 778 di passaggio a Celano alle 1,22». L’azione criminosa (d’indole politica) al momento fallì; ma, gli attentatori, non contenti del mancato deragliamento, ci provarono ancora senza raggiungere, però, il risultato sperato. Il maresciallo dei carabinieri Ricci, pronto a punire gli autori dell’atto vandalico, iniziò una serrata inchiesta indirizzata specialmente nei riguardi di elementi sovversivi del paese (3). 

In questa cornice si colloca la congiuntura politica favorevole al fascismo. 

È stato ribadito da insigni storici che, proprio nella prospettiva appena descritta, occorreva  approfittare subito per scardinare il vecchi regime e prendere il potere, spingendo le camice nere verso un «movimento insurrezionale». Bisognava agire tempestivamente, prima che le rimanenti forze liberali avessero agevolato il ministero del vecchio statista Giolitti. Era necessario, quindi, far precipitare la situazione con un colpo di mano e a questo doveva soprattutto servire l’azione militare con la «marcia su Roma» (4). 

In una corrispondenza da Ortona dei Marsi datata 15 ottobre 1922, Giuseppe Buccella scrisse: «Tutti sono fascisti, ma pochi sono del parere di costituire una sezione dicendo di trovarsi bene come stanno», confermando così i timori e le paure della minoranza borghese ancora titubante (5).

 

NOTE

  1. R.Colapietra, Fucino Ieri, 1878-1951, Stabilimento roto-litografico «Abruzzo-Press», L’Aquila, ottobre 1998, p.127.
  2. Il Risorgimento d’Abruzzo, Anno IV – Num.254 – Roma, 5 Ottobre 1922, p.2. Luigi Lodi, seppur anziano, era entrato al «Giornale d’Italia» diretto da Bergamini. Coerentemente alle posizioni di questo giornale, guardò con una certa simpatia al fascismo con la convinzione che esso avrebbe portato una ventata di novità nella politica italiana e sarebbe stato il baluardo dei valori nazionali contro l’anarchia e il bolscevismo. Egli si dedicò alla composizione di due libri che possono essere considerati di memorie: si tratta di Venticinque anni di vita parlamentare, da Pelloux a Mussolini del 1923 e Giornalisti, del 1930. Il primo è una dettagliatissima analisi della vita politica fra le repressioni del 1898 e la «Marcia su Roma» e rivela interessanti aspetti dei maneggi parlamentari e del costume nazionale, mentre il secondo contiene diciannove profili dei più celebri nomi che hanno fatto la storia del giornalismo italiano.
  3. Ivi, Anno IV – Num.254 – Roma, 5 Ottobre 1922, p.3.
  4. R.De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere 1921-1925, Einaudi editore, Torino 1966, p.306 sgg.

Il Risorgimento d’Abruzzo, Anno IV – Num.265 – Roma, 12 Novembre 1922.

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