Sconcerta che il rispetto di norme basilari venga visto come una vessazione. Le “vittime” sono gli animali selvatici non chi pensa allo “spettacolo” e al guadagno.
Le aquile reali volano ogni giorno sul Gran Sasso e sugli altri parchi abruzzesi. Grazie alla tutela di questi territori le aquile reali presenti nelle aree protette della regione sono in aumento e raggiungono le 20-25 coppie, con la ricolonizzazione di territori un tempo abbandonati a causa del disturbo e delle uccisioni illegali.
Questi dati sono raccolti fin dagli anni ’80 in maniera scientifica dagli ornitologi abruzzesi e non solo, in un lavoro di campo che poi viene sottoposto agli altri ricercatori per le numerose pubblicazioni, sia nazionali che internazionali, prodotte in questi anni.
Nei parchi oggi è sempre più facile osservare gli animali in piena libertà, spesso anche senza binocolo. Basta un minimo di educazione e di consapevolezza.
Sconcerta che dopo tanti anni dall’istituzione delle aree protette, davanti a un falconiere dedito ad usare per propri spettacoli animali allevati in cattività, addirittura in maniera irregolare a Rocca Calascio visto che in tanti anni, da quello che leggiamo, non aveva neanche chiesto il permesso e svolto la necessaria Valutazione di Incidenza Ambientale (ed è bastata una segnalazione di volontari per far venire tutti i nodi al pettine), ci sia qualcuno che veda nel sacrosanto diniego dell’ente parco una sorta di vessazione.
Tutto ciò quando in parchi e riserve è vietato per gli umani uscire dai sentieri oppure è obbligatorio portare al guinzaglio il proprio cane ben addestrato proprio per evitare il disturbo della fauna, come orso, camoscio o uccelli che nidificano a terra o che si alimentano. Ricordiamo il rilievo accordato giustamente dalla stampa abruzzese al recente comunicato dell’ente parco d’Abruzzo in cui si chiedeva di non avvicinarsi agli orsi dopo che alcuni orsetti avevano perso la madre costringendo il personale dell’ente parco a cercare di rimediare per giorni, purtroppo non riuscendo a ritrovare uno dei cuccioli.
Figurarsi introdurre a scopo di spettacolo animali, addirittura appartenenti a specie o sottospecie non autoctone, che possono interagire negativamente con specie rarissime protette a livello comunitario. L’associazione scrivente ha individuato la prima coppia italiana di Gracchio corallino, una specie protetta a scala continentale, nidificante in situazione sinantropica a Rocca Calascio nel 1994, oggetto di successiva pubblicazione per l’interesse suscitato (al convegno italiano di ornitologia). Poi, con altre associazioni ed enti, ha monitorato questo sito e uno lì vicino (a parte le coppie nidificanti nelle aree rocciose naturali dei massicci abruzzesi). Una specie a forte rischio, in declino come abbiamo dimostrato all’ultimo convegno di Segovia in Spagna svoltosi ad ottobre scorso organizzato dal CNR spagnolo.
In quel luogo nidificano almeno altre tre specie tutelate a livello comunitario (Averla piccola, Calandro e Coturnice). Non si tratta, tra l’altro, solo di rischio di predazione ma anche del solo disturbo portato in maniera del tutto innaturale.
La prossima volta, se dovesse passare la “logica” usata dal falconiere, chiunque potrebbe ritenere giusto comprare un ghepardo o altri animali per lasciarli scorrazzare per Campo Imperatore. Se qualcuno solleva problemi potrà sempre dire “non l’ho allevato per predare ma solo per fare spettacolo”? Una volta, per dire, ci fu chi propose di portare in una riserva abruzzese i suoi due bisonti per i quali non aveva più spazio nel giardino di casa. È normale che chiunque si svegli possa operare in maniera arbitraria? Per caso non devono esistere regole? Dover rispettare le norme acconsente al vittimismo?
Ricordiamo che la legge sui parchi, la 394/1991, ha tra le finalità principali la “conservazione di specie animali o vegetali…e di processi naturali” come l’interazione preda-predatore tra animali selvatici. Quindi lasciamo stare i gracchi corallini e le aquile reali alle loro evoluzioni in aria, naturali e assolutamente spettacolari. Invitiamo i cittadini che magari non conoscono i cicli naturali a scoprire cosa accade normalmente in natura senza dover ricorrere ad artifizi e rispettando le giuste norme come richiesto dallo stesso ente parco.
Una chiosa merita il riferimento a Federico II di Svevia fatto dal falconiere. L’imperatore scrisse il trattato De arte venandi cum avibus (“Sull’arte di cacciare con gli uccelli”). Per questo la falconeria è trattata nel nostro ordinamento nella norma sulla caccia; falchi ed aquile da falconeria sono considerati alla stregua di cani da caccia e per questo vietati nelle aree protette. Ora si pretende di associarla a spettacoli e a invenzioni come quella di mettere una telecamera sopra un animale per il divertimento e il gusto egoistico di vedere un video spettacolare. Gli animali, sia selvatici che nati in cattività, in ogni caso non sono oggetti tipo peluche.
Il nostro invito ai cittadini è di andare nelle aree protette “in punta di piedi” in modo tale da poter osservare scrutando il cielo lo splendido volo delle aquile reali che nidificano nei parchi, conoscere il comportamento sociale del Gracchio corallino e guardare le altre meravigliose interazioni del mondo animale che sopravvive in questi splendidi angoli della nostra terra.
Ovviamente rimaniamo a massima disposizione per la stampa per approfondire queste tematiche afferenti lo studio della fauna e le questioni collegate alla conservazione degli animali, con il giusto approccio scientifico utile in questi casi.