Ovindoli – “Cade” tutto nel dimenticatoio con una sentenza di prescrizione – in relazione al reato di atti persecutori (stalking) e di assoluzione – in relazione al reato di peculato per l’indebito utilizzo del telefono di servizio.
Questa è la sentenza pronunciata in tarda serata dal Tribunale di Avezzano in composizione collegiale presieduta dalla Dott.ssa Zaira Secchi (Dott. Maurizio Sacco e Dott.ssa Marianna Minotti Giudici a latere).
La vicenda che ha visto protagonista l’allora Comandante della Stazione dei Carabinieri di Ovindoli ed una sua “conoscente” con cui intratteneva rapporti confidenziali.
I fatti storici risalgono all’anno 2010 e nei confronti dell’appartenente all’Arma la Procura della Repubblica di Avezzano attraverso il Dott. Barbieri, ebbe modo di effettuare specifiche contestazioni consistenti in telefonate da considerarsi di disturbo, sostare insistentemente presso l’abitazione della presunta vittima, nel recarsi presso il proprio negozio ed una sola ipotesi nel seguirla sul luogo di lavoro, circostanze queste che non hanno trovato nessun pieno riscontro processuale, visto che le telefonate effettuate tra le parti erano sostanzialmente reciproche, anzi a dismisura la donna aveva modo di effettuare punti di accesso maggiori rispetto all’uomo, e che gli altri episodi sono rimasti non pienamente provati.
Ad ogni buon conto la prescrizione ha “lavato” ed eliminato ogni forma di accertamento e di presunta responsabilità, visto il lasso di tempo trascorso. Discorso diverso è per quanto riguarda il reato di peculato e ciò in considerazione di circa 1000 telefonate effettuate dall’appartenente dell’Arma con il telefono di servizio in uso allo stesso.
Il Tribunale di Avezzano ha dovuto riconoscere che il danno patrimoniale arrecato all’ente di appartenenza non è stato un danno patrimoniale apprezzabile, ed aderendo alla richiesta del P.M. di udienza, Dott.ssa Lara Seccacini, ed al difensore dell’uomo, Avvocato Roberto Verdecchia, nonché all’attuale indirizzo delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione ha inquadrato l’indebito uso del telefono in un peculato d’uso, riconoscendo la non responsabilità dell’imputato, perché il fatto non sussiste.