Prima di esaminare la cronaca dell’adunanza fascista di giovedì, 4 gennaio 1923, descritta con toni esaltanti dal giornalista Armando Palanza, occorre precisare che, in quel preciso momento, tutto era cambiato e: «Se il fascismo destava preoccupazioni e non gli si perdonavano molte cose, Mussolini godeva di tutt’altra considerazione; stava sorgendo il mito dell’uomo Mussolini». Di lui molti marsicani ancora indecisi, dopo la svolta fascista del ’22, erano portati a fidarsi. D’altronde, sull’onda del consenso, grazie al fascismo agrario e agli stessi avvenimenti della sua vita politica, la situazione mutò radicalmente, alimentando speranze di rinnovamento in tutto il paese (1). Queste costatazioni trovavano nell’abilità politica mostrata dal «Duce», riconoscimenti anche dagli antifascisti: basta vedere il sarcasmo non certo scevro d’ammirazione, del parlamentare socialista Francesco Buffoni (2). Questo modo di sentire era appoggiato anche dai grandi giornali d’informazione (compreso Il Risorgimento d’Abruzzo) che, salvo casi rarissimi, per un verso o per l’altro rendevano credibile il fascismo e il governo Mussolini come l’unico mezzo per risolvere una situazione senza via d’uscita, per ridare ordine e pace all’Italia e risanare così l’economia (3).
Quanto appena asserito, si può riscontrare durante l’evento della «grandiosa adunata fascista ad Avezzano» del 1923, dove: «Tutta la Marsica inneggia al fascismo e giura fedeltà ai destini della Patria» (4).
Intervennero all’importante manifestazione quasi tutti i sindaci dei trentasette comuni marsicani, consiglieri comunali e assessori, per rendere omaggio al parlamentare fascista Alessandro Sardi «figlio di adozione di questa Marsica che non dimentica».
La cronaca della giornata venne esposta ai lettori dal giornalista avezzanese, come una monumentale costruzione che mirava a rendere nota una dialettica infervorata: «Giammai speranze di ottimismi o illusione di visionario avrebbe potuto prevedere un ammassamento maggiore di popolo ed entusiasmo uguale. Gli organizzatori stessi si sono visti superare dalla realtà degli avvenimenti; i capi sono restati sconcertati davanti alla forza, non controllata e non controllabile, dell’entusiasmo che a tutto porta senza passare attraverso nessun mezzo e che conduce ai vertici sorvolando portentosamente su tutte le vie abitudinarie dell’esperienza e del luogo comune. La popolazione delle nostre valli e dei nostri monti che per la natura stessa del terreno sembra disorganizzata e aliena da ogni forma di associazione, si è dimostrata superiore ad ogni previsione, quasi se avesse riscavato negli intimi profondi del cuore i segni della razza o di una progenie nascosta. Ed è stata una rivelazione!»
In effetti, sin dalle prime ore del giorno l’animazione nelle vie e nelle piazze di Avezzano diventò caotica e ogni abitazione espose il tricolore, in attesa febbrile della «celebrazione del rito» del giuramento. Le squadre fasciste della città furono presenti al completo: il console Enrico Panfili «che tutto aveva consacrato al fascismo» e il tenente Emilio De Cesare, comandante della coorte marsicana, anch’egli reduce della schiera dei combattenti abruzzesi, furono i primi ad accorrere. Così come pure il segretario dei sindacati fascisti Ciro Cicchetti; Benedetto Angelini, l’avvocato Alessandro Corbi, Vittorino Tuzi, Emilio Reggiani, il colonnello Del Pelo Pardi, il commissario prefettizio di Celano, il colonnello Gittardi, il capitano Italo De Simone, l’avvocato Luigi De Simone, il ragioniere Cerri (presidente dei combattenti), i giudici Gatti e Mattucci, il cavalier Serafino Lanciani (presidente dell’associazione della stampa), l’avvocato Di Lisio, De Prospero e De Martinis (della federazione provinciale fascista), l’ingegner Serafino Ferri (segretario politico della sezione di Avezzano) e l’avvocato Enrico Resta, organizzatore del fascio di Popoli. Nella sezione avezzanese era presente il capo manipolo Vico Della Bitta, il centurione Alessandro Resta, l’alfiere Colacicchi; i capi squadra Vincenzo Polce, Giacomo Colacicchi, Corrado Saturnini; l’immancabile Pippo Resta aiutante del console, Boccato e Sulli; gli squadristi Rino Napoli, De Angelis e Marinacci. La sezione ferrovieri al completo, comandata dal segretario politico Adriani, vide in prima fila il fascista Amedeo Capitani, Borrozzino, Antonio D’Amore, Gamba, Fantozzi, Orsini, Severoni e altri ancora.
Il fascio di Avezzano, intervenuto numeroso, intitolò una delle sue squadre con il nome dell’eroe della Prima Guerra Mondiale «Silvio Saturnini» (5).
Nella mattinata: «S.E.Sardi ha ricevuto nella sede del Fascio il Sindaco cav.avv.Ercole Nardelli che accompagnato dalla giunta municipale, gli ha portato il saluto della città che molto ancora si attende dall’opera del giovane ministro». Nell’ambito degli interventi in ossequio al rappresentante del governo intervennero: il sottoprefetto De Feo e il presidente dell’associazione nazionale dei combattenti, seguiti da numerose commissioni dei paesi marsicani.
L’avvocato Mameli Tarquini, accompagnato dal capitano Migliori, Antonio Sclocchi, Luigi Scarsella, Pio Iacone e il dottor Biondi, preceduto da uno squadrone di cavalleria, da un nucleo di ciclisti e dal suono della banda di Pescina, fu il primo a giungere ad Avezzano, accolto trionfalmente dalla popolazione. Angelo Vernarelli e il comandante Domenico, Celestino Pietroiusti, De Gasperis e Sperandio, seguiti da una squadra femminile «numerosa e disciplinata» arrivarono anch’essi alla città ormai in grande fermento.
Una «balda schiera di camice nere e di Piccoli Balilla», condotti dal segretario politico Carlo Muri, dal comandante Concetto Maccallini e dall’alfiere Giuseppe Angelitti, raggiunse anch’essa l’ambita meta.
Con l’aiuto di questi rilievi di carattere cronachistico, possiamo rilevare altre squadre fasciste intervenute al corteo, come quelle di: S.Elpidio di Pescorocchiano (condotta dal segretario politico Ettore Del Grande); Massa d’Albe (comandante Gilberto Ciaralli); S.Benedetto dei Marsi (segretario politico Ciccio Tarquini); Balsorano (segretario politico Angelo Fantauzzi); Tagliacozzo (Domenico Amicucci); Morino (segretario politico Francesco Ferrante); Civitella Roveto (segretario politico Renato Villa); Civita d’Antino (segretario politico Nazzareno Di Fabio); Canistro (segretario politico Nicola Amore De Cristofaro); e poi ancora: Trasacco, Magliano dei Marsi, Poggio Cinolfo, Ortona dei Marsi, Cappadocia, Petrella Liri, S.Donato, Poggetello, Poggio Filippo, Villa San Sebastiano, Sante Marie, Carsoli, Rendinara, Collelongo, Santa Restituta, Castronovo, Capistrello e Corcumello.
Verso le due pomeridiane, le squadre fasciste raggiunsero Piazza Risorgimento, dove si disposero militarmente. Tra gli «alalà entusiastici, dapprima il Console, annunziato da due squilli di tromba, passa in rivista le numerose camice nere; poscia l’Onorevole Sardi, accompagnato dallo Stato maggiore fascista, passa anch’egli in rivista le squadre che indi sfilano davanti alla tribuna e si dispongono a prestare giuramento». Fecero il servizio d’ordine pubblico, un buon nerbo di «Sempre Pronti» agli ordini del comandante Nino Petricone. Poi il console con voce ferma gridò all’imponente massa la formula del giuramento e «le camice nere, i triari, la folla come un’anima sola risposero: Lo giuro!», mentre alcune bande cittadine intervenute alla cerimonia intonavano coralmente l’inno «Giovinezza», cantata da tutta la popolazione. Luigi De Simone (segretario politico della federazione provinciale fascista) e il sottoprefetto De Feo, dopo aver portato il saluto dell’intera Marsica a Benito Mussolini e al suo fedele rappresentante Alessandro Sardi, posero l’accento soprattutto alla rinascita dell’intero comprensorio distrutto dal sisma.
Quando l’onorevole Sardi cominciò a parlare, un silenzio religioso regnò in tutta la piazza. Un lungo e articolato discorso, basato sui destini della Patria e sul tricolore, bandiera con il fascio Littorio che era l’emblema della rivoluzione fascista, frutto del martirio dei suoi figli, esaltò la folla al massimo, generando un lungo scroscio di applausi. Dopo aver ammonito i nemici «che non sentono o che fingono di non sentire», l’onorevole terminò il suo lungo discorso affermando: «Non saremmo i mille di ieri ma i milioni di cittadini che nelle piazze d’Italia oggi giurano fedeltà al Duce. Siamo buoni e sapremo essere cattivi, vendicativi, inesorabili verso chiunque osasse alzare un solo dito contro questa Italia che noi abbiamo fatto grande». Alla fine, le squadre fasciste, dopo innumerevoli «alalà» rivolti al console, all’avvocato De Simone e al segretario politico Ferri, si sciolsero ordinatamente. Tutti tornarono alle loro sedi cantando l’inno fascista. Il cronista terminò la sua lunga cronaca della giornata, scrivendo: «Poi la notte è scesa dolcemente malinconica su tanti ricordi recenti e su tante promesse che non potranno mancare» (6).
NOTE
- R.De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere, 1921-1925, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, p.390.
- F.Buffoni, L’uomo nuovo, in «Pagine rosse», 25 Luglio 1923. Buffoni era stato membro della commissione affari interni; poi fu depennato dal gruppo parlamentare ed espulso anche dal Partito Socialista Italiano. Condannato a cinque anni di confino, espatriò in Francia e rientrò in Italia solo dopo la Liberazione come deputato alla Costituente. Nel 1948 entrò di diritto a far parte del senato.
- R.De Felice, Ibidem.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno V – Num.283 – Roma, 14 Gennaio 1923.
- In questo periodo di esaltazione patriottica, era naturale il ritorno alla memoria degli eroi. La triste vicenda dell’avezzanese Silvio Saturnini (pluridecorato), così era finita nelle trincee del Nord Italia: «In una grigia giornata in cui la vittoria non arrise al valore delle milizie italiane, volle sacrificarsi! Accerchiato da ogni parte dagli esecrati austriaci, quando ogni speranza di salvezza fu vana, volle morire piuttosto che darsi vinto. E si recise la carotide».
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Ibidem.