Un’ondata di demagogia sindacale sbandierata dalle corporazioni fasciste, seguitava a turbare le speranze degli agricoltori marsicani e non solo. Come abbiamo visto, i mancati o i fittizi accordi con i rappresentanti dell’amministrazione Torlonia (Luigi Persiani, Mario Profili) e le conseguenti minacce d’invasione o di sciopero delle terre fucensi, imbarazzavano fortemente il governo, provocando continui allarmi del ministro De Bono (direttore generale della Pubblica Sicurezza). In realtà, il problema si poneva in termini sempre più preoccupanti, come ben affermò il dissidente fascista Lumbroso, che scrisse: «nei loro comizi e nei loro giornali i dirigenti sindacali dettero la stura a una demagogia reboante a base di diritti del proletariato e di borghesia sfruttatrice e, in ogni circostanza, parlarono di usare l’olio di ricino e il manganello contro gli agrari e gli industriali» (1).
Al centro dei problemi rimaneva, comunque, l’importante questione dei contratti biennali, la cui realizzazione si contrapponeva agli interessi dei Torlonia che già nell’estate del 1923 avevano fondato ad Avezzano la «Banca del Fucino», per avere un miglior controllo dell’economia locale. Pertanto, alla fine di tali trattazioni, che miravano a una necessaria risoluzione tra le parti, si giunse all’atto di convenzione del 9 febbraio 1924 e, diciassette giorni dopo, venne redatto il concordato generale, laddove i sindacati fascisti riuscirono a strappare ai principi romani solo qualche miglioria. All’interno di queste analisi, lo studioso Costantino Felice, afferma: «il concordato generale d’affitto non fa compiere sostanziali passi avanti; per certi versi, segna un arretramento. Non si parla più di durata novennale d’affitto, ma soltanto quinquennale. Il canone viene innalzato da 400 a 460 lire, con sacrificio economico e finanziario del casato romano, che chiedeva molto di più» (2). Naturalmente, nei termini del contratto si leggeva che, all’atto del rinnovo dell’accordo, sarebbero stati favoriti solo gli iscritti al sindacato fascista. Tuttavia, nel successivo patto stipulato a Roma il 31 marzo dello stesso anno: «le posizioni padronali risultano ancora vincenti» (3).
Le recenti trattative, però, non sembravano convincere l’avezzanese Rocco D’Alessandro, direttore della «Cattedra ambulante dell’Agricoltura» che, nel suo giornale L’Agricoltore Marso, continuò a pubblicare dure invettive contro il comportamento dei sindacati fascisti e le intransigenti posizioni di Torlonia, prospettando alternative non del tutto insussistenti. Oltremodo, suggerì di lasciare un’estensione territoriale da pianificare, tra coltivazione della bietola rispetto a quella della patata. Altre proposte e soluzioni di avvicendamento furono respinte: tutte, però, contenevano elementi di novità e, se fossero state approvate, avrebbero potuto rinnovare l’intera produzione del Fucino. Sostanzialmente, all’interno di questa analisi, il nuovo «concordato» tolse ogni possibilità di crescita, segnando ancora una volta condizioni statiche tra gli agricoltori e Torlonia.
Da questi rilievi, la «Conferenza agricola a Luco de’ Marsi», tenutasi alla fine di gennaio del 1924 in quadro generale della questione agraria, determinò, invece, un incredibile sforzo di riassetti poderali. Preziose sono le informazioni che ci offre un corrispondente de Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, quando nella sala consiliare del comune (concessa dal giornalista Erminio Vincenti), l’ingegner Ettore Crocenzi tenne una conferenza agricola «con speciale riferimento alla cultura della bietola da zucchero e dell’orzo per malto».
La partecipazione al congresso fu massiccia: circa settecento agricoltori ascoltarono con interesse l’insigne oratore che, con parole succinte, dimostrò come le due nuove «industrie vadano sempre maggiormente affermandosi in Italia, augurandosi poi che la Nazione, nel cammino tracciatosi per un rapido sviluppo, raggiunga presto in questo campo dell’industria applicata all’agricoltura la completa emancipazione». Allo scopo era stato aperto un nuovo ufficio coltivazione, per conto della «Società Romana Zuccheri e Società Malterie Italiane». Oltre ciò, il relatore affermò che i numerosi agricoltori del Fucino avrebbero approvato con soddisfazione tali iniziative, capaci di generare un più duraturo e proficuo lavoro: «A noi i copiosi vantaggi risultano immediatamente evidenti dal punto di vista economico, data l’immediata vicinanza degli stabilimenti la disoccupazione tanto meno ci preoccuperà quanto più a lungo sarà il periodo di lavorazione. Di più saremo spinti all’intensificazione delle colture su menzionate, sapendo che le benemerite Società nulla trascurano pur di venire in aiuto degli agricoltori».
A questo punto, l’ingegnere Crocensi rivolse l’attenzione ai terreni già assegnati dall’amministrazione Torlonia ai luchesi, ritenendo che essi non avevano quel «grado di fertilità necessaria per la coltura della bietola da zucchero e, veramente, non sappiamo spiegarci perché l’Ecc.ma Casa si ostini ancora, affittandoci gli appezzamenti meno fertili ora che i prezzi sono così elevati». Di conseguenza, era pur vero che in passato i coloni della zona avevano abbandonato parecchi ettari e fu necessario quindi introdurre maestranze da fuori regione, ma era altrettanto certo che: «parecchi proprietari di quel tempo si esaurirono con terreni ingrati che l’amministrazione Torlonia offrì subito dopo il prosciugamento. Ma non distragga questa breve, amara parentesi, in quelle particelle meno fertili meglio si adatta la coltura dell’orzo, prodotto anch’esso indispensabile per la nascente industria locale. Solo a coloro che ancora si ostinano nel voler coltivare altri prodotti, che credono saranno per i prossimi anni più redditizi, vorremmo ricordare che ogni divergenza nei prezzi di mercato, dovrà man mano scomparire, e ogni genere dovrà riprendere prossimamente quel posto nella graduatoria come nell’anteguerra». Rimase sospesa, però, una questione molto importante, un quesito dal quale occorreva uscire con nuove risoluzioni: «Agli agricoltori che sono nel contempo piccoli proprietari e lavoratori, vogliamo solo ricordare che l’orzo per la fabbricazione del malto e le bietole per l’industria dello zucchero, mentre daranno e più col tempo, maggiori vantaggi, mentre ci prospettano un programma di più intenso lavoro, ci conferiscono il diritto per un maggiore impiego della nostra mano d’opera più bisognevole di occupazione nel periodo critico della stagione autunno invernale». Dopo l’approvazione dell’ordine del giorno, si presentò altresì l’ennesimo problema da affrontare subito: il controllo nel peso dei prodotti. Così, l’assemblea dei settecento agricoltori, affidò l’incarico di attenta vigilanza al segretario locale degli agricoltori «Sig.Ciocci» che, in stretto contatto con i direttori «Cav.Cavallini, Berti e Di Genova», avrebbe assicurato una più severa sorveglianza sulle derrate (4).
NOTE
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- G.Lumbroso, La crisi del fascismo, Vallecchi editore, Firenze 1925, p.91. L’autore, di tendenza nazionalistico-reazionaria, aveva collaborato con «Critica fascista», Rivista quindicinale del fascismo diretta da Giuseppe Bottai. Nel 1929 chiese l’iscrizione al partito di Mussolini.
- C.Felice, Azienda modello o latifondo? Il Fucino dal prosciugamento alla riforma, in «Italia contemporanea», dicembre 1992, n.189, p.658. Cfr. R.Colapietra, Fucino Ieri, 1878-1951, Ente Fucino, Stabilimento roto-litografico «Abruzzo-Press», L’Aquila, ottobre 1998, p.145.
- C.Felice, Ibidem.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno V – Num.392 – Roma, 31 gennaio 1924, Conferenza agricola a Luco de’ Marsi.