La nascita delle bande d’Abruzzo si fa risalire al 1801. A Pescina e a Città Sant’Angelo si formarono i primi complessi bandistici e proprio la banda di Pescina, per la robustezza dei suoi ottoni, si guadagnò l’appellativo di “Leonessa d’Abruzzo”. La tradizione delle feste patronali resiste agli assalti della cosiddetta modernità, grazie alla presenza di complessi bandistici.
Durante le feste patronali come quelle di Pescina, Celano, Luco, Pescasseroli, Cocullo, Civitella Alfedena ed altri centri della nostra Marsica o dell’Alto Sangro, a Trasacco in occasione della festa di San Cesidio, venivano chiamati complessi bandistici tra i più rinomati: le bande di Gravina, Acquaviva delle Fonti, Lecce di Puglia, Chieti, Bisceglie, Gioia del Colle e Città di Conversano. Si trattava di complessi bandistici che esprimevano tutta la loro vitalità e riunivano tutta la popolazione nella piazza centrale del paese.
È ancora fresco il ricordo di quanto, a Opi, durante le feste di San Giovanni e San Vincenzo e in occasione delle feste che si svolgono nel mese di settembre, si faceva a gara per ospitare un musicante, portarlo a casa e offrirgli pranzo e cena per tutto il periodo delle feste. Era un onore ospitare un bandista nella propria casa. Ora tutto questo è scomparso e, nei tempi più recenti, si è aggiunta anche la pandemia che vieta gli assembramenti.
Faremo in tempo a recuperare la cultura musicale dei nostri nonni e genitori? Le bande sono la forza del Sud e dell’Abruzzo, oltre che della Puglia e della Campania. Le più famose bande d’Abruzzo sono quelle di Chieti, Lanciano, Introdacqua, Teramo, Atri e Pescina. Bisogna però continuare a mantenere vive le nostre festività e le tradizioni a loro connesse in modo da dare continuità alla cultura locale dei paesi, recuperando, proprio nei giorni di festa, un mondo da far conoscere ai giovani di oggi e di domani. Tra l’altro, le bande, sono occasione di incontro tra la banda e il popolo che spesso trasforma la festa in un momento educativo.