Nell’Agosto del 1983 venne annunciata una scoperta archeologia in Abruzzo e un quotidiano dell’Aquila scriveva:
“ L’Aquila – La scoperta era apparsa subito straordinaria, ma i risultati degli scavi, condotti dalla Sovrintendenza archeologiche abruzzese di Chieti, sono ancora più interessanti. Quella che ormai viene chiamata la “Cervetri d’Abruzzo”, un insediamento antichissimo a mille metri di altitudine sui monti di Forca Caruso, appare dopo il primo bilancio compiuto in questi giorni, qualcosa di eccezionale: oltre 300 circoli di pietra su appena 4 ettari di terreno, a mille metri di altitudine, presso l’antica sede della consolare Tiburtina Valeria che univa Roma alla costa adriatica attraverso i monti d’Abruzzo. I circoli di pietra, come gli archeologi avevano supposto subito, servono a proteggere le tombe. Sono molto ampi, dai 6 agli 8 m di diametro. Il tutto risale al VI secolo a.C., ma nella terra ci sono reperti risalenti al 2000-2500 a.C. E’ la prova, dicono gli archeologi, che insediamenti umani stabili si trovano sui monti di Forca Caruso in epoca remotissima. Fino a oggi sono state “violate” 12 tombe. Dentro, scheletri maschili e femminili, tutti orientati nello stesso modo (un piccolo rebus archeologico), con accanto gli stessi oggetti: armi di bronzo, vasellame in nicchie di pietra, ornamenti ossei per le donne. E anche, recente scoperta, resti di fortificazioni imponenti a protezione di quella che appare come una sconcertante, lunare necropoli d’alta montagna”.
Questa incredibile scoperta fu confermata quattro anni più tardi, a 30 km di distanza fu trovata un’ altra necropoli. In Abruzzo sono presenti molti ritrovamenti di necropoli, che sono la testimonianza di una antica civiltà di cui non si hanno notizie, ma dai ritrovamenti effettuati questa antica civiltà vi avvicina molta a quella etrusca.
Nel corso del VII sec. a.C. inizia a diffondersi l’inumazione distesa che sarà prevalente dal V-IV sec. a.C. Per evitare il contatto della terra con l’inumato è ipotizzabile l’esistenza di strutture lignee o lapidee, come dimostrerebbe la presenza di riseghe, poste a livello della deposizione, presenti in certe sepolture. A partire dal VI sec. a.C., in alcune tombe si notano degli ampliamenti al di sotto dei piedi (o accanto alla testa come nel caso di Recanati) per creare spazi destinati ad oggetti del corredo relativi in particolare alla suppellettile domestica e al banchetto (8). Alcune fosse si caratterizzano per la presenza di corredi tombali, anche piuttosto ricchi, ma per l’assenza di resti scheletrici; non è azzardato, forse, interpretarle come dei cenotafi, deposizioni cioè con un carattere prevalentemente commemorativo.
astagne” di Forca Caruso
Nell’Agosto del 1983 venne annunciata una scoperta archeologia in Abruzzo e un quotidiano dell’Aquila scriveva:
“ L’Aquila – La scoperta era apparsa subito straordinaria, ma i risultati degli scavi, condotti dalla Sovrintendenza archeologiche abruzzese di Chieti, sono ancora più interessanti. Quella che ormai viene chiamata la “Cervetri d’Abruzzo”, un insediamento antichissimo a mille metri di altitudine sui monti di Forca Caruso, appare dopo il primo bilancio compiuto in questi giorni, qualcosa di eccezionale: oltre 300 circoli di pietra su appena 4 ettari di terreno, a mille metri di altitudine, presso l’antica sede della consolare Tiburtina Valeria che univa Roma alla costa adriatica attraverso i monti d’Abruzzo. I circoli di pietra, come gli archeologi avevano supposto subito, servono a proteggere le tombe. Sono molto ampi, dai 6 agli 8 m di diametro. Il tutto risale al VI secolo a.C., ma nella terra ci sono reperti risalenti al 2000-2500 a.C. E’ la prova, dicono gli archeologi, che insediamenti umani stabili si trovano sui monti di Forca Caruso in epoca remotissima. Fino a oggi sono state “violate” 12 tombe. Dentro, scheletri maschili e femminili, tutti orientati nello stesso modo (un piccolo rebus archeologico), con accanto gli stessi oggetti: armi di bronzo, vasellame in nicchie di pietra, ornamenti ossei per le donne. E anche, recente scoperta, resti di fortificazioni imponenti a protezione di quella che appare come una sconcertante, lunare necropoli d’alta montagna”.
Questa incredibile scoperta fu confermata quattro anni più tardi, a 30 km di distanza fu trovata un’ altra necropoli. In Abruzzo sono presenti molti ritrovamenti di necropoli, che sono la testimonianza di una antica civiltà di cui non si hanno notizie, ma dai ritrovamenti effettuati questa antica civiltà vi avvicina molta a quella etrusca.
Nel corso del VII sec. a.C. inizia a diffondersi l’inumazione distesa che sarà prevalente dal V-IV sec. a.C. Per evitare il contatto della terra con l’inumato è ipotizzabile l’esistenza di strutture lignee o lapidee, come dimostrerebbe la presenza di riseghe, poste a livello della deposizione, presenti in certe sepolture. A partire dal VI sec. a.C., in alcune tombe si notano degli ampliamenti al di sotto dei piedi (o accanto alla testa come nel caso di Recanati) per creare spazi destinati ad oggetti del corredo relativi in particolare alla suppellettile domestica e al banchetto (8). Alcune fosse si caratterizzano per la presenza di corredi tombali, anche piuttosto ricchi, ma per l’assenza di resti scheletrici; non è azzardato, forse, interpretarle come dei cenotafi, deposizioni cioè con un carattere prevalentemente commemorativo.
A partire dall’VIII sec. a.C. iniziano a diffondersi delle sepolture singole, o anche multiple, racchiuse da un fossato anulare (11) originariamente coperte da un tumulo di terra. Questo tipo di sepoltura, tipica ma non esclusiva dell’Italia centrale (si conoscono esempi anche in Puglia e Veneto), non è ben definita ma prevede differenziazioni che riguardano sia la struttura del circolo, che può essere continuo o interrotto, sia il numero delle deposizioni che racchiude, singole o multiple. Allo stato attuale delle conoscenze, la più alta cronologia (X-IX sec. a.C.) e la maggiore concentrazione delle attestazioni nell’area appenninica (Terni, Tivoli, Borgorose, Scurcola, Celano, Fossa, Castelvecchio Subequo, Caporciano, Barisciano, Bazzano) lasciano supporre che questo tipo di sepoltura sia propria delle genti italiche insediate nell’area interna (12), da dove inizieranno a diffondersi nell’VIII-VII sec. a.C. anche nei territori piceni, etruschi e laziali. A Matelica (necropoli del Crocifisso, Incrocca, Cavalieri, Brecce) si datano tra la fine dell’VIII e i primi anni del VII sec. a.C. (13) mentre nell’area a sud del Conero (Numana e Sirolo) trova maggiore sviluppo in un arco di tempo compreso fra gli ultimi anni del VII e il V sec. a.C.