Villa San Sebastiano – Nella sala affollata della Pro Loco si sono riuniti i cittadini di Villa, e alcuni di Scurcola Marsicana, per prendere in mano una situazione che ha visto la distruzione del loro ambiente: decine e decine le tonnellate, oltre 90mila per la precisione, di fanghi tossici scaricati sui terreni di Villa San Sebastiano. L’incontro voluto da Fabrizio Valente ha visto la presenza di Alvaro Frezzini, Enzo Colucci, dell’attuale sindaco di Scurcola Marsicana Olimpia Morgante, dell’ex sindaco Vincenzo Nuccetelli, e del consigliere regionale Lorenzo Berardinetti – Ad oggi nessuna bonifica è stata avviata.
Un argomento molto forte che non può passare in cavalleria. Il territorio non è solo Villa San Sebastiano o e/o Scurcola Marsicana, ma è la Marsica. L’ex Sindaco Vincenzo Nuccetelli ha dettagliatamente enunciato tutto il percorso giuridico. I fatti:
Nel 1990 il sig Valente titolare della ditta SIEM di Avezzano chiedeva un’autorizzazione per costruire una vasca per depositare lo stabbio. Ottenuta la concessione, nel ’93 la Biolite subentra al Sig Valente, e alla proprietà degli eredi. Chiede pertanto alla Regione l’autorizzazione a svolgere questo tipo di attività sul territorio di Scurcola Marsicana. Vengono rilasciate dal Comune le concessioni edilizie al realizzo della cabina elettrica, delle vasche, del capannone che avrebbe ospitato la produzione di compostaggio. La Biolite inizia così la propria attività che va dal 1993 al 1 aprile 1996. Alcuni cittadini visto gli eccessivi andirivieni di camion provenienti soprattutto dall’alta Italia con vari esposti sollecitano tutti gli enti preposti a fare verifiche e accertamenti fino ad arrivare ad ottenere il sequestro. Si aprono due procedimenti penali uno a carico della Biolite e uno nei confronti delle società che effettuavano lo sversamento: concerie, aziende farmaceutiche e tutta una serie di impianti produttivi, nuclei industriali di Pescara, di Rieti che conferivano attraverso la Biolite e sversavano e trattavano questo tipo di fango, ovviamente erano esclusi dalla autorizzazione regionale. I consulenti della Procura, i vari consulenti nominati accettarono che l’ 89% dei fanghi provenienti da quella attività non erano conformi all’autorizzazione regionale. L’amministrazione nel ‘96 emanò un’ordinanza con la quale invitava la Biolite a ripristinare lo stato dei luoghi, a cessare l’attività, ma nulla fu ottemperato dalla società. Il processo si concluse con il patteggiamento del legale rappresentante della Biolite a sei anni di arresto e a una ammenda. Con la sospensione condizionale non scontò né il carcere né il pagamento.
Gli altri imputati beneficiarono della prescrizione perché erano decorsi i termini per punire quel tipo di reato. Una storia di mala giustizia. Il responsabile dell’ufficio tecnico ed il sindaco dell’epoca scelsero di farsi processare e non beneficiarono della prescrizione, furono assolti, con formula piena, perché il fatto non sussisteva. Nel 2001 l’allora sindaco Silvestri su sollecitazione della Procura della Repubblica, determinò di promuovere un’azione civile per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali ed ambientali nei confronti della Biolite, il legale rappresentante aveva patteggiato ma poteva essere comunque inquisito in sede civile, e nei confronti di quelli che erano stati accertati come i sicuri sversatori delle 90mila tonnellate di fanghi tossici. Il processo inizia nel 2001 e termina nel 2014, durante il quale si alternano ben cinque magistrati; all’interno del procedimento civile intervengono altri fatti.
Il Giudice di allora, Chiara Vicini, pur non decidendo con la sentenza, emanò un ordinanza di rimessa della causa su ruolo nella quale sosteneva che sul “se” ci fosse stato inquinamento, non c’era da discutere: c’era stato. Depositano la CTU , nel frattempo cambiano altri due magistrati e il dott. Lupia nel 2014, senza concedere alle parti di depositare le memorie conclusive, fa sentenza e dice che il comune di Scurcola non era legittimato a fare la causa in quanto non proprietario dei terreni e che il danno ambientale non era più così come configurato.
Il Comune è legittimamente autorizzato a promuovere la causa in quanto nel 2001 si poteva agire in virtù di un’altra nozione di danno ambientale, contenuta nella Legge dell’89. La sentenza ha comunque condannato il Comune a pagare un milione 168 mila euro di spese legali entro luglio 2014. A quel punto il Sindaco si rivolge ai suoi avvocati e si evince che la sentenza non era giusta. Bisognava fare l’appello chiedendo la sospensiva, in sede di approvazione del bilancio si era preso atto di quanto stava avvenendo. La sentenza grida vendetta. A settembre del 2014 la Corte di Appello accoglie la richiesta di sospensiva e lascia così un attimo di respiro per capire sul da farsi. Da allora la causa si sarebbe dovuta decidere nel settembre 2017 per poi essere rinviata a giugno 2018. E’ ancora pendente.
La Sindaca Olimpia Morgante ha poi precisato come al danno si è unita la beffa, “Il mio Comune è in pre dissesto a causa di questa sentenza e della condanna, costretto a fare stato di riequilibrio. Speriamo che l’appello non ci veda soccombenti, e poter dare così una svolta decisiva al problema. Se ci fosse stata la somma da investire, per fare all’epoca le analisi, la sentenza avrebbe avuto esito diverso. La beffa è dover risarcire le aziende a norma che hanno scaricato solo i rifiuti autorizzati, e per questo abbiamo deciso di fare delle transazioni. Per le altre attenderemo la sentenza.”.
Accorato l’intervento di Velina Armati referente del Comitato di difesa del territorio equo.
“La situazione pur se vecchia ha lasciato uno strascico deleterio sia ambientale, poiché non si è fatta alcuna bonifica, sia economica per la comunità impoverita in quanto deve contribuire pesantemente. Sappiamo che in primis c’è un coinvolgimento delle falde acquifere, sono terreni che vengono ancora coltivati in quanto non c’è conoscenza, o c’è cattiva informazione per limitare i danni. Non siamo proprio sulla terra dei fuochi, ma questo è un territorio sul quale le infiltrazioni mafiose ci sono, e sono molto interessate al business del recupero dell’immondizia. Accordo strano con Roma, un’emergenza che sembra non finire. Noi portiamo in Emilia la nostra e prendiamo quella della Capitale. A chi fa bene questo circuito, ai cittadini o a chi si arricchisce? “ . Ha poi sostenuto, a gran voce, che non bisogna abbassare la guardia. Non bisogna dimenticare facilmente gli avvenimenti, si è cittadini e si deve vigilare, intervenire difendere il proprio territorio, ognuno è artefice dell’indifferenza politica. Bisogna essere uniti per il proprio benessere e dei figli.
Presente anche in forma privata e non politica Francesco Eliggi del Movimento 5 Stelle. “Conosco la storia della Biolite dal 1994 quando iniziarono gli scarichi dei fanghi nei terreni adiacenti anche ai miei. Al tempo, con una associazione ambientalista, riuscimmo a far venire il NOE dei Carabinieri da Roma. Oggi sarebbe bello sapere cosa fare di quelle 90mila se non 100 di fanghi da depurazione che sono stati sversati nei terreni dei Piani Palentini. L’unica speranza è pensare a una eventuale bonifica. La bonifica se non la pagano i privati, visto che è tutto prescritto e non c’è possibilità di appellarsi a chi sversò, sarà da farla a spese della comunità, come sta accadendo a Bussi. E’ necessario che la soluzione avvenga politicamente, la Regione, il Comune dovrebbero farsi portavoce in ambiti più alti ad esempio ministeriali. “
“La Regione interverrà nel sito quando sarà definita la responsabilità a processo concluso”. Così si è espresso il consigliere regionale Lorenzo Berardinetti – “La Regione interverrà come con tutti i siti inquinati, con un progetto di riqualificazione e messa in sicurezza ma ripeto, solo a conclusione del processo. La Regione ha approvato un piano “ rifiuti regionali” e questo si attuerà. Si è definito dove sono le discariche, dove gli impianti; è previsto un inceneritore. Tutto è definito. Metteremo fine agli errori fatti in precedenza.”
Biolite: per non dimenticare!