Torlonia prosciuga il Lago del Fucino, breve storia

10 luglio 1854 iniziarono i lavori di prosciugamento del lago di Fucino. La progettazione e la direzione dei lavori era affidata agli ingegneri Franz Mayor De Montricher, primo progettista morto nel corso dei lavori nel 1858, Enrico Bermont, Alexandre Brisse e Leon De Rotrou. Come da contratto, tutte le spese del prosciugamento furono sostenute da Torlonia, ammontanti al termine dei lavori ad una somma dell’epoca pari a lire 43.137.208, corrispondenti oggi ad oltre 210 mln di euro.

Il contratto per le opere di prosciugamento tra il Regno di Napoli e la così denominata “Compagnia Anonima Napolitana”, fu stipulato il 21 luglio del 1853. La suddetta compagnia era stata costituita a Napoli il 2 giugno 1853 appositamente per realizzare il progetto dello svuotamento del lago. All’inizio Torlonia deteneva la metà del capitale sociale. Dopo pochi mesi acquistò l’altra metà dagli altri soci divenendo unico proprietario.

I lavori sarebbero dovuti terminare entro 8 anni. Oltre alle spese inerenti i lavori, la Compagnia assumeva su di sé qualunque onere relativo a rischi derivanti da caso fortuito previsto o imprevisto, ordinario o straordinario, compreso anche eventuali risarcimenti danni che l’esecuzione dei lavori avrebbe potuto arrecare a terzi, sia persone o cose che Comuni rivieraschi. La Real Casa, infatti, si riteneva libera in qualunque tempo e per qualsiasi causa, sia direttamente che indirettamente, dall’obbligo di rimborso di spese e di indennità verso la Compagnia o chicchessia. A Torlonia sarebbe andata la proprietà di tutti i terreni prosciugati.

Il 9 di agosto del 1862, dopo 8 anni di lavoro, si dette la stura alle acque per il prosciugamento del Fucino.
Dall’Incile, attraverso una galleria lunga 6301 metri scavata da Torlonia sotto il monte Salviano, seguendo grossomodo il medesimo percorso dell’antica galleria fatta scavare dall’imperatore romano Claudio 18 secoli prima, le acque andavano a sfociare nei pressi di Capistrello per confluire poi nel fiume Liri.

In quel fatidico giorno del 9 di agosto del 1862, l’apertura delle paratie per il deflusso delle acque cambiò per sempre il clima, la morfologia del territorio e la sua economia, il modo di vivere, le abitudini e la mentalità degli abitanti ripuari del lago.

Il Prefetto della Provincia del Secondo Abruzzo Ulteriore, Cavaliere Giuseppe Tinelli, alla presenza di numerose autorità, redasse il verbale di apertura, il quale recitava:
“Ad ore cinque e mezzo pomeridiane, invocato il divino favore, ed impartitasi dal signor Cavaliere Abate Iatosti, per speciale delegazione di Monsignor Vescovo de’ Marsi, la benedizione alle acque ed ai lavori, ed è stato in nostra presenza sollevato con acconcio congegno l’apparecchio che opponeva ostacolo alle acque del lago, le quali per la diga di già abbattuta s’immettevano nel canale scoperto testè costruito, onde le acque stesse sonosi precipitate a fluire siccome fluiscono per la galleria di comunicazione nell’emissario che le mena a sboccare nel fiume Liri.
A richiesta pertanto del Direttore della Compagnia, Noi sottoscritti constatiamo, che da oggi nove agosto mille ottocento sessantadue è cominciata alla presenza nostra e di tutta la popolazione convenuta sul luogo, la immissione delle acque del lago nell’emissario”.

Lo svuotamento del lago terminò negli ultimi mesi del 1871, ad eccezione del Bacinetto. Quest’area, infatti, la più depressa di tutta la piana, secondo il progetto iniziale, sarebbe dovuta rimanere piena di acqua. Tuttavia, Torlonia, non ancora soddisfatto dello sterminato terreno già emerso, decise di procedere anche al suo prosciugamento. I progettisti argomentarono la decisione sostenendo che l’area del Bacinetto, una volta svuotata, avrebbe richiesto un periodo di 3 mesi qualora la si fosse voluta riempire nuovamente d’acqua. Ciò avrebbe dato il tempo sufficiente di mettere in atto gli opportuni interventi nel caso in cui ci fosse stata la necessità di riparare qualche eventuale danno sorto all’interno della galleria di scolo con conseguente chiusura delle paratie per bloccare il deflusso delle acque. Infatti, tale blocco avrebbe determinato il riallagamento del Bacinetto, che si sarebbe completato in 3 mesi. Dunque, quella depressione avrebbe funto da vero e proprio serbatoio.

All’antico lago via via che si svuotava si sostituiva uno sterminato acquitrino fatto di melma e acqua. La dove le condizioni lo permettevano le terre emerse venivano immediatamente coltivate. Mano a mano che il livello delle acque scendeva, venivano subito iniziati i lavori di canalizzazione, che terminarono nel 1876.

I lavori di appoderamento di tutta la piana emersa terminarono nel 1903. Furono realizzati 210 km di strade, 100 km di canali, 648 km di piccoli fossi. Il lago prima del prosciugamento aveva una superficie media di 15.000 ettari circa, pari a 150 km quadrati. A Torlonia fu riconosciuta la proprietà di Ha 14.005. Nel 1862, prima di dare inizio al deflusso delle acque, la profondità massima delle acque del Fucino era di metri 18,605.

Al termine del prosciugamento il Ministro dei Lavori Pubblici affermò: “Perfettamente ultimata la grande opera del prosciugamento del Fucino, che tanto onore e vantaggio reca all’Italia”.

Anche se il sistema medievale feudale era stato abolito nel lontano 1806, il possesso di tutta la piana dell’ex lago da parte dei Torlonia costituì di fatto una vera e propria riedizione di un feudo che è durato fino al 1951, anno in cui il Fucino fu espropriato in virtù della legge di riforma emanata nel 1950.

(Bibl. “Fucino cento anni 1877-1977” autori vari; “Fucino ieri” R. Colapietra; “Lago di Fucino e dintorni” L. Lopez; “Prosciugamento del Fucino” A. Brisse – L. De Rotrou)

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