Dalla Collodi-Marini all’Inghilterra per promuovere la lingua e la cultura italiana

Avezzano – La maestra Stefania Cellini, marchigiana di nascita ma avezzanese di adozione, è tra i 70 insegnanti italiani, dipendenti del Ministero dell’Istruzione dello Stato Italiano, trasferiti in Inghilterra per lavorare nelle scuole britanniche e promuovere la lingua e la cultura italiana a cui il “The Guardian” ha dedicato un interessante articolo.

La maestra Cellini ha lavorato per quasi vent’anni presso il circolo didattico della Collodi-Marini di Avezzano ed abbiamo avuto l’opportunità di intervistarla.

Lei insegna Lingua e Cultura Italiana in un paese vicino Londra. Come si trova a lavorare in Inghilterra?

Mi trovo benissimo. E’ una esperienza unica e molto formativa sia dal punto di vista lavorativo sia da quello umano. Ho 22 classi, circa 700 alunni, e all’inizio avevo paura di non farcela. E invece ce l’ho fatta.”

Come mai ha pensato di fare il concorso della Farnesina?

“Ho fatto il concorso ben sette anni fa. Tutto è iniziato dalla bellissima esperienza del progetto di multipartenariato scolastico Comenius, un progetto biennale dove hanno partecipato sette Paesi della Comunità Europea. Io ero la referente del progetto in Italia. Sulla spinta di questa importante esperienza ho pensato di fare il concorso della Farnesina. Dopo diversi anni, quando ormai lo avevo quasi dimenticato, è uscita la graduatoria ed ho saputo di aver vinto. Adesso sono due anni che sono in Inghilterra. E da questa esperienza mi sono resa conto di aver lavorato in un circolo didattico, come quello della Collodi-Marini di Avezzano, di livello nord europeo, una scuola aperta all’Erasmus e promotrice e partecipe di progetti all’avanguardia.

La cultura e la civiltà inglesi sono molto diverse da quelle italiane. Come è il sistema scolastico inglese?

Si, è una realtà completamente diversa da quella italiana. Noi insegnanti siamo continuamente messi alla prova. Siamo spesso osservati e valutati non solo dalla scuola e dagli altri insegnanti, ma anche dai genitori degli alunni il cui parere ha molta influenza sulle valutazioni. Ma nonostante questa pressione sul lavoro, lavorare in Inghilterra è uno stimolo positivo continuo.

Lei è una delle 70 maestre che insegnano la lingua italiana in Inghilterra. E’ stata anche contattata dal “The Guardian” per un articolo sul suo lavoro e sull’importanza dell’insegnamento delle lingue straniere nel Regno Unito.

Noi insegnanti provenienti dall’Italia siamo dipendenti dello Stato Italiano e siamo pagate per lavorare nelle scuole britanniche e promuovere la lingua italiana. Nel Regno Unito dal 2014 è diventato obbligatorio per tutte le scuole insegnare una lingua straniera moderna o antica ai bambini dai 7 agli 11 anni. Ma senza l’aiuto da parte dei governi stranieri, alcune primarie non sarebbero in grado di permettersi un insegnamento linguistico specialistico. Il nostro lavoro, grazie allo Stato Italiano, è fare in modo che gli alunni inglesi possano apprendere ed apprezzare la bellezza della lingua italiana, così come la ricchezza del patrimonio storico e culturale del nostro Paese.”

E’ contenta della sua scelta?

Si, lo sono. All’inizio mi è dispiaciuto molto andar via dall’Italia ma un’esperienza del genere capita una sola volta nella vita. Non potevo rinunciare. Nella mia vita lavorativa ho fatto tante rinunce per i miei alunni, non ho mai voluto accettare trasferimenti per loro, per seguirli nel miglior modo possibile, e l’ho sempre fatto con piacere e dedizione per il lavoro che svolgo. Questa però è stata una cosa diversa e sono felice di averla fatta. Voglio cogliere l’occasione per fare dei ringraziamenti. Ringrazio l’attuale Dirigente dell’Istituto Collodi-Marini il Prof. Piergiorgio Basile per avermi sostenuta ed incoraggiata, il Prof. Corrado Dell’Olio per avermi dato l’incarico da referente del progetto Comenuis come Preside della Collodi-Marini di quegli anni, e la Preside del Consolato Generale Italiano la Prof.ssa Maria Emanuela Luongo per la fiducia e la stima che mi ha dimostrato fin dal primo momento.”

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