Marsica – I riti della luce, dell’acqua e del fuoco hanno salutato a mezzanotte la Pasqua del mondo cattolico, che celebra la vittoria di Gesù, figlio di Dio, sulla morte e consegna l’umanità alla salvezza. E’ il tripudio della vita, ma alla tavola imbandita della festa non c’è posto per tutti. E non solo nelle periferie delle grandi città, o nelle terre devastate da guerre e privazioni ormai croniche. C’è un esercito di invisibili, e neanche tanto invisibili: spesso si distoglie lo sguardo, non si vuole vedere, perché non è bella la miseria. Dà disagio vederla, evoca paure profonde e il senso di imbarazzata impotenza che spingono ad allontanarsi, e rapidamente pure, da quegli epicentri di dolore, di tristezza.
Un esercito che non è lontano dalle strade e dalle belle piazze assolate della Marsica, in questo giorno di Pasqua. Ai margini, disperati di tutte le nazionalità, che cercano di arrangiarsi come possono. Fanno la fila alla Caritas, che accoglie un numero sempre crescente di italiani tra quelli che cercano aiuto per la sopravvivenza. Tra essi c’è M.P., 51 anni, tre figli, il più piccolo di sette anni, uno sfratto sulle spalle, l’ennesimo, un tentativo di suicidio che lo ha lasciato malconcio e una disperazione che gli specialisti del Cim cercano di aiutarlo come possono ad affrontare, perché non si lasci travolgere.
Come tanti altri marsicani, aveva una casa, una famiglia e un’attività per la quale era annoverato tra i migliori nella zona. Anche lui festeggiava Pasqua alla tavola ben imbandita della sua abitazione. Oggi si rivolge a tutti. Chiede che la sua voce arrivi all’orecchio di chi può offrire non elemosine, ma un lavoro, a suo figlio prima che a lui. E’ merce rara, le stesse istituzioni sono subissate da richieste di aiuto che cercano di accogliere al meglio, ma è una lotta impari, tra le esigue disponibilità delle amministrazioni e la crescente miseria che attanaglia una parte di popolazione. Ma la società che può includere, farsi rete solidale, non è fatta solo di istituzioni. Una volta era la solidarietà istintiva tra vicini, la consapevolezza che occorreva aiutare a rialzarsi chi cadeva, l’istituzione più funzionale e più bella.
“ Sono alla disperazione, non so più cosa sperare. Ho accumulato sconfitte e errori, ho cercato di sopravvivere, infilandomi una volta anche in una circostanza sbagliata, e ho pensato anche che sarebbe stato meglio farla finita con tutto, per sempre, non soffrire più – racconta M.P. – Poi ho capito che dovevo reggere, per mio figlio di 23 anni in particolare, che è con me, ed è quello che soffre di più di questa situazione, si vergogna della miseria, ma non c’è niente, solo lavoretti per raggranellare qualcosa per mangiare e non sempre. E per me che sono padre è tremendo fare vivere un figlio così, ci hanno staccato la luce, abbiamo un altro sfratto perché non ce la facciamo a mettere insieme i soldi per l’affitto sempre, poi si accumulano le spese e diventa un burrone sempre più profondo. Ho bussato a tutte le porte , le istituzioni ci aiutano con delle somme ogni tanto, ma questa non è vita. Prego chiunque possa di darci una mano, almeno a mio figlio, restituirlo alla dignità e ridargli la sua giovinezza. Non mi lascia perché si sente responsabile di me, io gli faccio forza, cerco di non farmi vedere troppo giù, di dargli speranza, ma non è facile. Faccio un appello a chiunque abbia la possibilità di aiutarci, chiedo un lavoro, un lavoro per lui prima che per me, una cosa anche piccola ma che ci dia la possibilità di ritrovare una vita normale”.
“Una cosa anche piccola”, per una piccola vita normale. Di inestimabile valore che, spesso, tra gli affanni quotidiani, dimentichiamo, non vediamo più. Possiamo esserne grati. Per M.P. e suo figlio è un sogno, ma è legittimo sperare e perché no, proprio in questo giorno poter confidare più fortemente in un miracolo, che restituisca loro a una piccola straordinaria vita normale, Pasque incluse.
Chiunque volesse contattare questa famiglia può farlo attraverso la nostra redazione.