La grandezza che ci scorre nelle vene: storia del popolo Marso

La storia dei Marsi, come già visto in precedenza in altri scritti, ha origini molto antiche ed è giusto attribuirgli il meritato contributo raccontando nei dettagli il lungo cammino che hanno intrapreso per arrivare fino ad oggi.

Il nome “Marsi” ha un’etimologia importante, deriva, infatti, dalla divinità che essi veneravano: Marte, dio della guerra, che in lingua sabellica si pronunciava “Mars” o “Mors”. Questo spiegherebbe l’indole guerriera, fiera ed indipendente di questo popolo. I Marsi erano genti italiche di lingua osco-umbra. Non è noto il momento esatto in cui si stabilirono nell’area del Fucino; il gruppo che sarebbe emerso storicamente come Marsi raggiunse la regione seguendo la valle del Salto. Si insediarono nei territori attorno al lago di Fucino, sulla riva sud-orientale , estendendosi nelle tre vallate del Giovenco, di Ortucchio (AQ) e di Trasacco (AQ), nel I millennio a. C., creando così i primi villaggi. Si dedicavano all’agricoltura, alla pastorizia ed alla pesca lacustre. Le origini di questo antico popolo sono avvolte nel mistero delle leggende, circondate da un alone di ancestrale magia. Si dice che ebbe inizio da Marso, figlio della famosa maga Circe; che qui regnò anche il figlio di Medea; ed ancora, che Marsia fosse la sorella di Angizia, divinità principale dei Marsi, legata all’arte di incantare i serpenti ed alla magia.

Proprio la dea Angizia, insegnò ai Marsi l’arte della magia e della medicina, utilizzando erbe medicinali per curare. La loro città principale era Marruvium, l’attuale San Benedetto dei Marsi (AQ), mentre Antinum (Civita D’Antino – AQ), Cerfennia (Collarmele), Fresilia, Milonia (Ortona dei Marsi), Plestinia, Angitiae (Luco dei Marsi – AQ) e Supinum (Trasacco – AQ) i loro principali centri fortificati. Le prime notizie sui Marsi e sulle altre tribù autoctone della zona vengono esclusivamente dalla storiografia romana. La parte centrale della zona fucense era occupata dai Marsi, a nord-ovest erano presenti gli Equi che sconfinavano nell’odierno reatino, mentre a sud c’erano i Volsci, che occupavano la parte sud della Valle Roveto. Le prime tracce del Fucinus lacus si hanno a seguito di un violento scontro avvenuto tra i Romani e i Volsci nel 408 a.C., con il conseguente controllo del lago da parte dei romani sotto il comando del tribuno consolare Publio Cornelio.

I Marsi, con i Vestini, i Marrucini e i Peligni, si allearono contro i Romani entrando in conflitto durante la Seconda guerra sannitica, nel 325 a.C. Contro di loro Roma inviò il console Decimo Giunio Bruto Sceva. Bruto devastò le campagne per costringerli a scendere in battaglia in campo aperto; lo scontro fu sanguinoso e anche l’esercito romano subì gravi perdite, ma i nemici furono costretti fuggire nelle loro cittadelle. In seguito ci fu uno scontro tra le legioni di Quinto Fabio Massimo Rulliano e i Sanniti, a cui presero parte anche Marsi e Peligni. Dal 325 a.C. in poi ci furono varie ribellioni, alle quali Roma reagì insediando in territorio marso la colonia latina di Alba Fucens . Nel 304 a.C., dopo la grave sconfitta subita dagli Equi per mano dei Romani con a capo i consoli Publio Sempronio Sofo e Publio Sulpicio Saverrione, i Marsi, come i Peligni, Marrucini e Frentani, inviarono ambasciatori a Roma per chiedere un’alleanza, che fu stipulata attraverso un trattato. Questo decise la vittoria romana. Nel 301 a.C., a seguito di una rivolta dell’Etruria, i Marsi si opposero alla colonia di Carseoli (o Carsioli), appena fondata da quattromila uomini. Di conseguenza Roma nominò dittatore Marco Valerio Corvo, che sbaragliò i Marsi in una sola battaglia; li costrinse a rifugiarsi nelle loro cittadelle, prima di conquistare Milonia, Plestinia e Fresilia. Fu stabilito così che i Marsi avrebbero dovuto rinunciare a parte del loro territorio, prima di rinnovare l’alleanza con loro.

Il rapporto tra i Marsi e i Romani non fu mai facile. Il loro spirito indipendente e fiero li portò ad alternare momenti di pace e di alleanza a improvvise ribellioni, che spingevano Roma a duri interventi repressivi. La rivolta più incisiva delle popolazioni fucensi, successe nel 91 a.C., allo scoppio della Guerra sociale, detta anche Bellum marsicum , che coinvolse quasi tutta la penisola e gettò Roma nella guerra civile tra Mario e Silla. L’esercito italico, ripartito in due tronconi, uno sabellico guidato dal marso Quinto Poppedio Silone, l’altro sannitico affidato a Gaio Papio Mutilo, contava contingenti di numerosi popoli; quello marso era guidato da Tito Lafrenio. Nel 90 a.C. Lafrenio fu il primo difensore di Ascoli (città non marsa), assediata da Gneo Pompeo Strabone; con l’aiuto dei Piceni di Gaio Vidacilio e dei Peligni di Publio Vettio Scatone. In seguito i Marsi di Lafrenio assediarono lo stesso Pompeo a Fermo, prima di essere battuti da Mario. Poppedio, alla testa di Marsi e Vestini tese un’imboscata che fece soccombere il romano Quinto Servilio Cepione il Giovane , prima che la vittoria di Roma sui socii ribelli finisse con la presa di Ascoli da parte di Pompeo. La rivolta fu poi sedata dal console Gaio Mario con la concessione della cittadinanza romana a tutti i confederati. I Marsi divennero cittadini romani. Conservarono ampi margini di autonomia interna come popolo alleato e mai sottomesso; la loro politica, tuttavia, non entrò mai in contrasto con quella di Roma anzi la seguirono. I loro territori furono intensamente colonizzati, soprattutto sotto Silla. Ottenuta la cittadinanza, i popoli sabellici furono incorporati nelle tribù romane: i Marsi, con i Peligni, furono iscritti nella gens Sergia.

La romanizzazione fu rapida, la scomparsa delle loro lingue, sostituite dal latino lo dimostra. Rimasero fedeli a Roma anche durante le Guerre pirriche. I Marsi combatterono al fianco di Roma nella Seconda guerra punica partecipando nel 225 a.C. a un contingente di cavalleria di quattromila armati insieme a Marrucini, Frentani e Vestini. Durante i vari conflitti che coinvolsero la piana del Fucino, i Marsi si guadagnarono la fama di guerrieri invincibili e coraggiosi, testimoniata da un proverbio romano: “Non si può vincere né senza i Marsi né contro essi”. Le leggende sui Marsi citano un altro proverbio latino secondo il quale “per fare un guerriero marsicano sono necessari quattro legionari romani”. Nei secoli successivi i Marsi diventarono la spina dorsale delle legioni romane. Essi mantennero nel possibile le loro usanze. Erano governati da meddix, supremi magistrati che i Romani identificavano con i loro praetor. Il meddix aveva amplissimi poteri: oltre a essere il capo politico del popolo, esercitava anche funzioni militari e giudiziarie; dalla loro carica dipendeva il calendario, nel quale gli anni erano identificati con il meddix in carica, come a Roma con i consoli.

I Marsi erano politeisti; come i Peligni, adoravano i Dioscuri (Iovies Pucleis in marso). Erano considerati maghi e stregoni. Pare fossero dediti alle arti magiche. Guarivano ferite e malattie con erbe officinali ed erano dei potenti incantatori di serpenti, riuscendo anche a guarirne i morsi con impacchi di erbe misteriose e parole magiche. L’Eneide ci ha tramandato il nome di Umbrone, giovane sacerdote, medico e serparo, che combattè al fianco di Turno contro i troiani di Enea, dal quale venne ucciso. I Marsi parlavano un dialetto sabellico, derivante dalla lingua umbra che subì forti influenze latine. Poco si conosce del costume funerario del popolo marso. Non si riscontrano sepolture né a tumuli né a menhir ma si ipotizza l’uso delle stele antropomorfe in pietra (esempio la Valle di Amplero a Collelongo).
Probabilmente le necropoli dovevano occupare le balze rocciose delle rive meridionali del Fucino, con tombe a camera di tipo rupestre.

Nel territorio marso si è accertata la presenza di officine specializzate nella lavorazione del bronzo e nella creazione di dischi corazza che recavano incisi simboli astronomici (sole splendente e stelle). Archeologicamente la zona della Marsica è ancora giovane. Non ci sono grandi interventi al riguardo, anche se ultimamente sono affiorati reperti importanti nei pressi dei boschi sacri (Luco). La nostra storia è ancora per la maggior parte seppellita ma sarebbe bello far riemergere tutti i tasselli che compongono il percorso di questo grande popolo. Oggi i figli di quei coraggiosi Marsi che si opposero a Roma e la costrinsero a stipulare un’alleanza, sono ancora qui e molti ignorano le proprie radici ma è giusto sapere da dove veniamo, chi siamo stati e chi potremmo ancora essere se solo ricordassimo la grandezza che ci scorre nelle vene, quello stesso sangue che ha intriso di gloria la terra su cui camminiamo.

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