Processo Fasciani, i giudici: “Non provato il metodo mafioso”

Capistrello –  “Evidenti capacità criminali, ma non provato il metodo mafioso”. Queste le motivazioni dei giudici della seconda Corte d’Appello di Roma che il 13 giugno 2016 fecero cadere l’associazione mafiosa per i componenti del Clan Fasciani, accusati di aver dominato le attività illecite a Ostia.

Per i giudici è fuori discussione che ad Ostia Carmine Fasciani e sua moglia Silvia Bartoli fossero a capo di un gruppo organizzato finalizzato alla commissione di reati di usura, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto di armi e all’acquisizione di attività economiche in modo occulto, ma non è provato il carattere mafioso del gruppo criminale.

Per il collegio dei giudici il materiale probatorio raccolto depone per singoli atti intimidatori, posti in essere nei confronti di singoli soggetti, mentre difetta la prova della pervasività del potere coercitivo del gruppo Fasciani; l’atteggiamento tenuto dai testi ascoltati in primo grado non può essere ricondotto in modo univoco a strategie intimidatorie o comunque ad uno stato di diffusa soggezione. 

Il gruppo organizzato capeggiato da Carmine Fasciani e da sua moglie ha mostrato evidenti capacità criminali seppure non sufficientemente diffusi sotto i profili quantitativo e qualitativo da configurare il reato di cui all’articolo 416 bis.

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