Avezzano. Per i bambini che vivono nella grande città, nella Marsica, la vita è più cara. A quanto pare, però, non lo è per tutti.
E’ iniziato il servizio mensa nelle scuole marsicane ma quest’anno, a parte il nuovo servizio di informatizzazione avviato nel Comune di Avezzano, ancora non funzionante al cento per cento, poco si parla di tariffe. D’altronde, dopo quello che è accaduto con il terremoto di Amatrice, l’attenzione dei genitori quest’anno si è focalizzata sulla sicurezza delle strutture e non tanto sulla mensa e le sue tariffe.
Ad Avezzano il servizio è partito ai primi di ottobre e i genitori sono ancora in attesa di poter fruire del sito internet per andare a vedere se tutto funziona alla regola e quindi se i soldi già versati con i bonifici vengono di fatto scorporati di volta in volta, a seconda dei pasti effettivamente consumati a scuola giorno dopo giorno. Le chiavi di accesso arriveranno sulle mail lasciate alle maestre ma a quanto pare sono tante e quindi ancora non sono state tutte inserite e ci vorrà ancora qualche giorno affinché il tutto funzioni correttamente. O meglio, affinché sia tutto chiaro ai genitori. Intanto, sono stati prorogati i termini per presentare le certificazioni Isee (termine per la presentazione è il 31 ottobre) per poter usufruire di particolari agevolazioni a seconda del reddito e di quello che si possiede. Tutti conteggi che vengono affidati ai vari Caf o ai commercialisti e che poi vengono presentati al Comune per arrivare al pagamento con tariffe agevolate o addirittura di esenzione.
Tra codici, e-mail e siti internet disagi sono riscontrati dagli immigrati che spesso sono anche quelli esenti dal pagamento ma a cui il più delle volte è difficile comunicare l’iter procedurale da seguire, per via della lingua.
Dopo l’aumento delle tariffe per il servizio mensa che scatenò un putiferio in Comune con genitori agguerriti che non si fecero problemi a dimostrare il loro dissenso anche all’interno palazzo di Città, ad Avezzano continua a persistere un sistema per cui si pagano delle tariffe ridotte a seconda del reddito Isee. I pasti sono gratis per chi guadagna secondo la rendicontazione Isee, meno di 5mila euro l’anno. Altrimenti i pasti, sempre a seconda di quanto si dichiara, sono 3,23 euro, oppure 3,58, fino a 3,98.
Un euro e 60 paga il terzo figlio. Il sindaco Gianni Di Pangrazio in un’affollata conferenza stampa in Comune, all’avvio delle nuove tariffe lanciò un monito: “Attenzione a fare i furbi perché partiranno i controlli incrociati di guardia di finanza, Comune e banche e chi vuole raggirare le regole non la farà franca”.
A quanto pare, però, un “trucco” per avere tariffe agevolate e sviare ai controlli, quantomeno quelli del Comune (che poi non si sa se sono stati davvero mai avviati) c’è. E così, moglie e marito o due genitori che non sono sposati ma che comunque convivono (tanto che in alcuni casi hanno fino a tre figli insieme), basta che dichiarino che hanno due residenze diverse o che magari che i figli sono a carico di un genitore solo o “meglio” ancora che chi li ha a carico risulta per legge divorziato da un precedente matrimonio, che le tariffe magicamente si abbassano. Con tanto di agevolazioni con cui alla fine si arriva a un notevole risparmio, nonostante i genitori siano rappresentanti di importanti ditte o imprenditori che fanno parte di alcune delle più ricche famiglie della città o che comunque siano genitori lavoratori, con contratti a tempo indeterminato, firmati dalle più grandi multinazionali che operano sul territorio. Discorso a parte è per chi casomai guadagna poche migliaia di euro ma costretto alla partita iva è più quello che paga di tasse che quello che alla fine si mette davvero in tasca per andare a pagare la mensa del figlio.
Sicuramente fa riflettere il fatto che tra gli “agevolati” c’è anche il fratello di un assessore comunale di Avezzano che tutto sembrerebbe, tranne che abbia bisogno di agevolazioni per il pagamento dei ticket mensa.
Per ovviare ai furbi e ai “marciatori” che in questo Paese a quanto pare non mancano mai, gli altri Comuni marsicani hanno tirato una netta linea di distinzione e hanno previsto esenzioni solo per i non abbienti e per il resto, la tariffa è uguale per tutti.
A Celano, un buono per la mensa costa alle famiglie, 2,05 euro. La spesa per un pasto è di circa 4,20 euro ma il 51% ce lo mette il Comune. La fascia di esenti è pari solo allo 0,5%. La spesa complessiva per 65mila pasti con 954 utenti è di 273mila euro e più della metà è a carico del Comune.
A Tagliacozzo i 130 bambini della scuola materna per un buono pagano due euro. Il Comune ha previsto un capitolo di spesa di 24mila euro per l’acquisto di alimenti, a cui si aggiungono più o meno circa 20mila euro per il pagamento dello stipendio di una cuoca e di una aiuto cuoca che si occupa di sporzionare a tavola.
A Luco dei Marsi un pasto alla Materna costa circa 4,60 euro, solo 2,50 euro sono a carico del Comune. A Scurcola i genitori pagano 2,50 euro mentre il Comune ne mette 2,10.
Stesso prezzo per i bambini a Civita D’Antino e Morino, a Civitella Roveto, invece, un pasto costa due euro.
Due euro costa anche a Gioia (2,47 euro con iva ce li mette il Comune) e a Lecce, mentre a Ovindoli un buono costa 1,85 euro a fronte di una spesa totale di circa 5 euro (il resto dunque è a carico dell’amministrazione).
A Pescina un buono costa 1.80 euro. Momentaneamente i genitori lo pagheranno 2.10 euro. Quando dalle scuole di Collarmele i bambini potranno rientrare nelle loro scuole, il sindaco ha promesso che li farà pagare un euro e 50, così da recuperare la spesa superiore di 30 centesimi.
I bambini di Avezzano, però, potranno pur sempre dire che loro, a differenza degli altri, mangiano in una grande città.