Avezzano – Sono stati condannati dal Tribunale dell’Aquila (giudice Giuseppe Romano Gargarella) i due bracconieri bloccati e denunciati dal personale del Corpo Forestale dello Stato il 12 ottobre del 2013 mentre erano intenti ad attività di caccia illegale all’interno del territorio protetto del Parco Naturale Regionale Sirente-Velino.
F.C., di 32 anni, e D.M., di 35 anni, entrambi residenti nel Lazio, sono stati condannati a 3 mesi di arresto e 600 euro di ammenda ciascuno, con confisca definitiva delle armi utilizzate, per aver effettuato attività di caccia vietata in aree protette, con l’ausilio di fucili calibro 12 e di due cani Setter da caccia. Il giudice non ha ritenuto di applicare le norme recentemente introdotte nel Codice penale che prevedono la non punibilità di fatti di particolare tenuità, in quanto il reato è stato commesso in una delle aree più remote del Parco Naturale Regionale Sirente-Velino (protetta anche a livello internazionale in quanto parte della Rete europea Natura 2000), caratterizzata da intatti habitat di alta quota che ospitano le popolazioni più importanti della coturnice, specie ornitica fortemente minacciata e protetta a livello europeo dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE. Il giudice non ha accolto neppure la tesi difensiva che affermava la mancanza di responsabilità dei due imputati in quanto il confine dell’area protetta non è segnalato chiaramente sul terreno: infatti, in base alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, i cacciatori hanno a questo proposito un obbligo peculiare di informazione, poiché i confini della aree protette sono pubblicati su Gazzette e Bollettini Ufficiali con tutte le relative indicazioni tecniche e topografiche. Il personale dell’Ufficio Territoriale per la Biodiversità dell’Aquila del Corpo Forestale dello Stato, che gestisce la Foresta Demaniale Regionale “Acquazzese” per conto della Regione Abruzzo, aveva già sorpreso altri bracconieri proprio nella stessa area e nello stesso periodo, che coincide con quello di apertura della caccia alla coturnice, della quale è consentito l’abbattimento in limitatissime aree e con severissime prescrizioni.
L’area del Monte Ocre, caratterizzata da praterie naturali e habitat rupestri a elevata biodiversità e valore ambientale in quanto ricche di specie animali e vegetali di particolare pregio, si trova proprio al centro dell’areale di diffusione della coturnice (Alectoris graeca ssp. saxatilis).Tale entità, endemica degli Appennini Centrali, conta un totale di appena poche centinaia di individui: in questo contesto, le popolazioni del Massiccio del Velino (del quale l’area in questione costituisce la parte più settentrionale) sono tra quelle più importanti dell’intero areale di diffusione della specie, in quanto ne costituiscono il principale “serbatoio biologico”. La principale minaccia alla conservazione della specie è considerata proprio la pressione venatoria. In base al Calendario Venatorio 2013-2014 della Regione Abruzzo ed a quello dell’Amministrazione Provinciale dell’Aquila, la caccia a tale specie è consentita soltanto con modalità particolari e in limitatissime aree, la più prossima delle quali si trova a circa 3 chilometri a Sud-Ovest del punto di commissione del reato.
Il territorio della Foresta Demaniale Regionale “Acquazzese”, esteso 435 ettari da 1.320 metri di quota alla cresta del Monte Ocre (m 2.209), è interamente compreso in quello del Parco Naturale Regionale Sirente-Velino e in due aree della Rete europea Natura 2000 (il Sito di Interesse Comunitario n. IT7110206 “Monte Sirente e Monte Velino” e la Zona di Protezione Speciale n. IT7110130 “Sirente Velino”). Tra le attività svolte, la sistemazione di un sentiero-natura per l’escursionismo naturalistico e il monitoraggio della flora e della fauna. Vi sono state censite circa 400 specie vegetali, tra le quali alcune rarissime e minacciate, e più di 30 specie di uccelli. Ed è proprio nei pressi del sentiero-natura appena sistemato e segnalato che il personale del Corpo Forestale ha bloccato i soggetti condannati, a caccia proprio di quelle coturnici che costituiscono una delle specie più rare e minacciate della Foresta Demaniale e di tutto il Parco Regionale del Sirente-Velino. L’area in questione si trova a 500 metri dal confine del Parco, oltre il quale i cacciatori spesso “sconfinano” alla ricerca delle loro prede, trasformandosi a tutti gli effetti, dal punto di vista giuridico, in veri e propri bracconieri.