Gli antibiotici sono tra gli strumenti più importanti in medicina, ma la loro efficacia è minacciata dalla evoluzione della resistenza. Gli studi condotti per oltre 70 anni, hanno evidenziato la straordinaria capacità dei microrganismi di adattarsi non solo all’ambiente, ma anche di sviluppare meccanismi difensivi tali da generare dei fenomeni di antibiotico resistenza.
Le nuove frontiere della farmacologia, mirano alla possibilità di utilizzare una combinazione di antibiotici, per aggirare le strategie evolutive dei batteri. Vediamo che la causa principale del fenomeno dell’antibiotico resistenza è da attribuire all’uso inadeguato di tali farmaci.
Troppe volte le terapie antibiotiche non sono state seguite correttamente o la loro prescrizione non era strettamente necessaria. Le problematiche si focalizzano soprattutto per le infezioni nosocomiali, acquisite in ambito ospedaliero che rappresentano, oggi, uno dei principali fattori di mortalità, morbosità e spesa per il sistema sanitario.
Secondo il parere del professor Gian Maria Rossolini, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale Careggi di Firenze, in Europa, la prevalenza di queste infezioni, si aggira al 6% tra i pazienti ricoverati, con un numero stimato di circa 3.200.000 di casi all’anno. In Italia, invece, è leggermente superiore alla media europea, con un numero stimato di circa 300.000 casi all’anno.
Tra i ceppi più temibili, troviamo gli enterobatteri Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae, gli stafilococchi e tra i Gram-negativi non fermentanti, come Pseudomonas aeruginosa. Da non dimenticare anche alcune specie di candida. Recentemente sono state osservate nuove tipologie di germi definiti come “ultraresistenti”, decisamente difficili da trattare e resistenti alla maggior parte degli antibiotici in commercio.
Tuttavia questi ceppi non sono normalmente patogeni in soggetti sani, ma acquisiscono potenzialità morbose in soggetti immunodepressi, come nel caso di pazienti HIV positivi o in pazienti trapiantati.
In Italia il fenomeno della multi-resistenza in ambito ospedaliero, allunga i tempi di degenza e aumenta il rischio di mortalità del 40-50% per il paziente già in condizioni critiche. Stando a quanto riportato dalla rivista “Science”, le possibilità di riuscita contro questa minaccia, sono le combinazioni di antibiotici. Infatti molti farmaci di prima generazione, come le penicilline, oggi sono inefficaci.
Il paradosso degli antibiotici è che attraverso il loro uso, essi non solo inibiscono l’infezione, ma effettuano una selezione, inducendo le strategie evolutive dei batteri. In questo modo contrastano direttamente la loro efficacia a lungo termine. La crisi è stata evitata attraverso la continua modifica dei composti esistenti e la scoperta di nuovi classi di antibiotici, ma sembra non essere più sufficiente.
Infatti bisognerebbe trovare il modo per invertire completamente il vantaggio selettivo di resistenza. In considerazione del fatto che con la terapia a singolo farmaco, c’è sempre un vantaggio selettivo alla resistenza, specifiche combinazioni di farmaci possono inibire la crescita batterica, sfavorendo la resistenza ai singoli componenti .
Per conferire uno svantaggio diretto ai mutanti resistenti , sono state sviluppate tecniche che sfruttano le interazioni fisiologiche tra farmaci. Per prima cosa, la soppressione parziale del primo farmaco, rimuoverà la protezione contro il secondo, dando uno svantaggio per i mutanti resistenti. In secondo luogo, le mutazioni che conferiscono la resistenza a un farmaco, possono essere contrastate inducendo la sinergia tra il farmaco e un altro composto.
Infine, la resistenza a un certo antibiotico, determina la garanzia di sensibilità per un altro composto, la cui tossicità è mediata dal meccanismo di opposizione. Questi approcci, possono essere utilizzati per diminuire la velocità con cui la resistenza evolve o addirittura guidare una popolazione batterica resistente verso la sensibilità ai farmaci. Le barriere sostanziali a queste tecniche innovative, sono la genetica del patogeno e la specificità del singolo nel meccanismo di resistenza.
L’implementazione pratica dell’inversione della selezione, richiede una diagnosi genomica veloce, in grado di identificare non solo il profilo di resistenza del batterio, ma anche la sua potenziale evoluzione. Inoltre la maggior parte degli studi sulla inversione della selezione, sono stati eseguiti in vitro e devono essere convalidati su modelli animali.
Le strategie sono ulteriormente complicate dalla farmacocinetica che può variare a seconda del composto, a seconda del background genetico e del tempo di evoluzione degli agenti patogeni. La lotta contro la resistenza, richiede, quindi, un portafoglio di strategie che anticipano l’evoluzione dell’infezione, che prevedono il trattamento e che evitano i meccanismi di resistenza.
È auspicabile la limitazione dell’uso di questa tipologia di farmaci, neutralizzando così il vantaggio selettivo di resistenza e ripristinare la diffusa sensibilità, anche se decenni di esperienza hanno evidenziato che il fenomeno non sparisce facilmente.