Canistro. A seguito dell’inchiesta pubblicata ieri mattina da Terremarsicane, in anteprima, sulla nomina di un amministratore giudiziario per il pacchetto di azioni della Holding Colella, dell’imprenditore molisano Camillo Colella l’ufficio comunicazione della Santa Croce ha diffuso una nota in cui parla “anticipazioni” fatte “in maniera trionfante” da alcuni organi di stampa.
Nella nota si legge:
“In seguito all’annuncio del provvedimento, non ancora notificato alla società, con cui il gip del tribunale di Avezzano ha sequestrato le azioni della Colella Holding e nominato un amministratore giudiziario, a seguito del sequestro di 20 milioni di euro all’imprenditore Camillo Colella, patron della omonima holding che controlla le società di imbottigliamento di acqua Santa Croce e Italiana Beverage, l’avvocato Alessandro Diddi del foro di Roma, legale dello stesso Colella, precisa:
Ci dispiace deludere le anticipazioni che in maniera trionfante alcuni organi di stampa hanno diffuso circa la presunta perdita del pacchetto di maggioranza della holding da parte dell’ingegner Colella.
Nel rilevare che, anche dalle parti di Avezzano, le indagini corrono a colpi di fughe di notizie (a oggi infatti nessun provvedimento è stato notificato), va rimarcato come i decreti di sequestro e di custodia non provochino alcuna espropriazione.
Come noto, esiste un’indagine la cui fondatezza deve essere ancora valutata dal tribunale. A oggi si sta discutendo di una mera ipotesi che il pubblico ministero, Roberto Savelli, ha formulato, ma che deve essere ancora vagliata in un regolare contraddittorio dibattimentale.
Nei prossimi giorni sarà depositata una richiesta di revoca dell’adottato provvedimento di custodia.
In ogni caso, il custode non potrà sostituirsi agli organi amministrativi e gestire la società esautorando gli organi sociali attualmente operativi che, quindi, continueranno a operare e a mantenere impegni con clienti e fornitori.
Spiace constatare che un’inchiesta per asseriti debiti fiscali ampiamente garantiti e in relazione ai quali esistono programmi di rimborso debba costituire l’occasione per un dileggio alla persona dell’ingegner Colella il quale, in questi anni, ha operato nell’esclusivo interesse dei lavoratori”.
Si tratta di un comunicato stampa che è stato riportato da altri giornali con titoli che parlano di “fuga di notizie”. Nel prendere atto che gli avvocati fanno il proprio mestiere e che quindi tutto il diritto hanno di scrivere la difesa dei propri clienti come meglio credono, di nuovo si ripropone un “triste” episodio che coinvolge la stampa marsicana.
Il giornalismo d’inchiesta, che è quello che porta alla scrittura di un pezzo come quello apparso ieri sulle pagine di Terremarsicane a mia firma, non è frutto di una mera “fuga di notizie”. Ha un suo nome: giornalismo d’inchiesta, appunto.
E’ imbarazzante dover spiegare ai lettori in poche parole quel che accade, ma è proprio per rispetto dei lettori che mi impongo, questa volta, di approfondire l’argomento.
Non è la prima volta, infatti, che quando la mia firma appare sotto un pezzo che anticipa tutti su alcune vicende giudiziarie di non poco conto, finisce sotto gli occhi dei lettori che le inchieste siano solo banali “fughe di notizie” che c’è solo in quel di Avezzano e dintorni.
Si chiama giornalismo d’inchiesta. Frutto di sacrificio e passione per quel che si fa. Ho seguito personalmente le vicende degli operai di Canistro, spesso “vittime” di una gogna mediatica a cui rispettosamente non si sono sottratti mai, anche quando il tutto andava enormemente a loro svantaggio. L’ho fatto andando direttamente sul posto, tutti i giorni. A mie spese personali. Ho fatto foto, video, realizzato reportage. Nulla ho lasciato al caso.
Nonostante tutto sono stata accusata “personalmente” di “essere troppo dalla parte loro”. Ho accettato che le mie inchieste il giorno dopo finissero senza firma sui quotidiani cartacei e non ho mosso un dito (si sa quando una notizia diventa poi di dominio pubblico è di tutti e dopo tante ore come lo si dimostra che ero l’unica ad aver curato personalmente la vicenda?).
Io non sono dalla parte di nessuno e riesco lucidamente a distinguere quello che penso come persona e quello che penso come giornalista. In realtà queste cose per il nostro lavoro dovrebbero essere implicite e un direttore non dovrebbe nemmeno stare qui quasi a giustificarsi.
E’ il momento di agire. Mettiamoci tutti la faccia, ognuno per il lavoro che fa. Non serve screditare il lavoro degli altri per giustificare il fatto che il proprio non è dello stesso livello.
I “buchi” li prendo anche io. Fa parte del mio lavoro. Li accetto e vado avanti.
Il direttore