Addio ad Adamo Coco, se ne va un pezzo di storia della Marsica

Canistro – Con i funerali, che si sono svolti secondo le norme vigenti, in piena sicurezza, nella Chiesa di San Giovanni Battista di Canistro Superiore, è stato dato l’ultimo addio ad Adamo Coco, un pezzo di storia di Canistro e della Marsica tutta. Aveva 86 anni e si è spento nella sua casa di Canistro circondato dall’affetto dei suoi cari, la moglie Mirella Di Curzio e i figli Antonio, Emiliano e Dina. Adamo Coco è stato tra i fondatori dell’azienda Acqua Minerale Santa Croce e imprenditore di successo. Significativa la lettera letta dal nipote Aleandro Mariani al termine della cerimonia funebre.

Caro Nonno,

Descriverti non è facile, non saprei da dove iniziare… Ma posso dire però a tutte queste persone qui presenti quella che era una nostra giornata tipo.

Lo vorrei fare però camminando, o meglio pensando di camminare al tuo fianco, con il grappolo di uva in mano, con le ultime raccomandazioni di Nonna Rita che si sentono il lontananza, mentre scendiamo la discesola di casa tua per raggiungere la piazzetta, si sentono quasi come un’eco: “Stai attento, non ci andare”. Arriviamo in piazza, poggi il grappolo sul tavolo sopra il tuo fazzoletto, ti prendi il caffè al bar, ti fai una bevuta alla fontana, sciacqui il grappolo, me ne dai un pezzetto e con amore mi dici “Jamo Nepo’” ed io con orgoglio e vitalità “Jamo No’”.

Camminiamo, camminiamo Nonno e mentre camminavamo cominciavo a chiederti cosa dovevamo caricare sul tuo amato camioncino rosso, ed ecco nel frattempo la prima sosta, zia Vincenzina che ci saluta dalla finestra “Zi Ada’ a do va’?” e tu con contentezza “Ae Nepo a novelle’” ed io “Ciao Zi, stengo a i con nonno” dovevo ripetere tutto quello che facevi. Arriviamo in piazza Risorgimento, il camion è parcheggiato con la cabina esattamente sotto l’ombra dell’albero, mi apri lo sportello e mi dici “forza metti il piede sopra la gomma e sali” “ecco no’ faccio subito”. Partiamo, direzione Magliano, “a no’ a do emo?”, “Alla cava nepo’, mo te faccio vede la ruspa”.

Ed ecco che comincia il viaggio, io in estasi, in visibilio, ero con il mio eroe sulla sua navicella spaziale, ripetevo esattamente tutti i rumori del camion; la doppietta per cambiare le marce, lo sfiato del compressore ad aria, tutto… curva della lamata prima strombazzata, secondo tornante seconda strombazzata, sapevo tutto, sembrava come se dirigessi un’orchestra di fiati, tutto questo nonno con il fazzoletto in testa, i pantaloni alzati leggermente per scoprire le caviglie, l’occhiale a specchio e il telefono nel taschino della maglia, (sembra quasi un film degli anni ’80). Seconda tappa, gelateria a Capistrello, “signorì due coppette nocciola e crema per favore”, prese al volo e di nuovo in viaggio, mentre mangiamo il gelato, prendiamo la superstrada ed io inizio la pratica di convincimento “a no’ la fa ‘na strombazzata dentro la galleria? Famme sentì come rimbomba…“ lui impassibile, ed ecco che entriamo dentro il tunnel “vai no vai no sona.. Pa paaaaaa!! Grande no!! così!”, e tu subito ritornavi nella tua serietà con la smorfia sotto il naso e con tono patriarcale calmavi la mia fanciullezza dicendomi “mo basta però, addurmite”.

Mi preparavi il cuscino con il tuo borsello riposto dietro il tuo sedile e sopra mi ci mettevi le carte che avevi sul cruscotto; e io mi appisolavo, come mi sono appisolato l’altro ieri prima di lasciarti, mi sono rifatto una dormita al tuo fianco come quando ero bambino e ho sentito la tua mano che ogni tanto mi raddrizzava per non farmi cadere dal sedile.
Ecco chi eri, una persona che sapeva dividere con gli altri quello che aveva, rispettata, seria nel lavoro, amorevole, dolce e premuroso, semplice, un padre per tutti. La tua rigidezza era semplicemente un modo per difendere la tua grande bontà, quanta ne avevi, e quanta ne hai data, a tutti, pure a chi non la meritava, ma come mi dicevi sempre “fai del bene e scordatenne”.

Hai messo da parte il tuo successo personale per far vincere il principio di collettività, di fratellanza di comunità.
Quando parlavi di Canistro ti si illuminavano gli occhi, gonfiavi il petto e chiudevi i pugni, guai a chi ti toccava i Canistrari, per te organizzare le feste non era un palcoscenico personale, non ne avevi bisogno, la tua personalità era più forte di qualsiasi proscenio, lo facevi soltanto perché eri contento che veniva tanta gente a Canistro, perché Canistro doveva essere unico.

In molti in questi giorni mi hanno detto “era la storia di Canistro; Adamo rappresentava Canistro”. Quando si parlava di Canistro, si parlava di Adamo Coco; non so nonno se è vero, ma so soltanto che è dura andare avanti pensando che non ti posso chiamare più, che non possiamo pranzare più insieme, farci una chiacchierata oppure farci semplicemente una partitella a carte… So soltanto però che l’unico modo per mantenerti in vita è rispettare tutti gli esempi e i sacrifici che ci hai lasciato, con serietà e dedizione. Avevi un sorriso per tutti, una primizia, una caramella da regalare, piccoli gesti che oggi in una società dove i sorrisi si nascondono dietro una maschera, sembrano ciclopici.

Potrei stare qui a parlare per ore, mi piaceva condividere con voi un ricordo, senza entrare troppo in polemica, come tu mi dicevi sempre, caro nonno “le chiacchiere se le porta jo vento, l’adà prima fà e po’ po parlà…”. In questi mesi abbiamo cercato di darti tutto il possibile, sapevamo che prima o poi questo sogno eterno potesse scomparire, mia sorella ti è stata sempre vicino, mia madre, mio padre, tutti gli zii e le zie, tutti i nipoti, ma la vera roccia però è Nonna Rita.

Cara Nonna posso solo immaginare il tuo dolore, tu e nonno avete fatto una vita insieme, tra amore e qualche  vaffa qua e là, d’altra parte l’amore non è bello se non è litigarello. Ci tengo però a dirti cara nonna che non sei sola, hai tutti noi al tuo fianco ancora più di prima! Ringrazio a nome mio e della mia famiglia tutte quelle persone che hanno avuto un pensiero per Nonno, siete stati in molti, tantissimi, grazie. In ospedale quando i medici mi dissero “ma tuo Nonno chi è, un politico? Un avvocato? Un magistrato?” E io con fierezza e orgoglio risposi: “nonno era un semplice commerciante…” ricordo ancora la faccia sorpresa di tutti. Questo per dirvi che i  titoli non servono, l’umanità e la serietà valgono molto di più. Grazie Nonno, a presto.

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