Le ferme ed ottimistiche dichiarazioni di Mussolini espresse durante l’assemblea dell’Associazione fra le Società per Azioni, rappresentavano in questo difficile momento, una decisa barriera alla situazione europea, in un contesto che stava scivolando, inevitabilmente, verso una grave degenerazione. Il duce, rivolgendosi ai suoi camerati, con compiacimento affermò: «Le forze vive d’Italia, sempre più compatte e concordi, quanto più aspra è la fatica, tendono ad un unico fine: superare le difficoltà odierne, per dare maggiore benessere al popolo che lavora e più alta potenza alla Nazione». Seguì, subito dopo, il discorso dell’onorevole Alberto Pirelli, che ben illustrò la crisi mondiale, quella dell’agricoltura, dell’industria, il fattore monetario e creditizio, la politica del regime e la situazione dell’economia italiana (1).
In questa prospettiva, nella vasta pubblicistica fascista, si cercavano diverse soluzioni in vista del nuovo contratto per l’imminente «campagna bietolifera» del 1931. Il 2 aprile si riunì il «Consiglio dell’Ufficio Bieticolo di Avezzano», alla presenza di Diano Brocchi (segretario); Pietro Pozzi (commissario della federazione agricoltori dell’Aquila); di Aristei (unione sindacati dell’agricoltura in rappresentanza del segretario generale Giuseppe Adragna); di Ercole Macarri (ufficio di zona della federazione agricoltori); dell’avvocato Di Lorenzo (vice podestà e vice segretario politico di Avezzano); dei consiglieri: Angelosante, Stornelli, Antonini, Calabrese e di Del Pretaro (ufficio bieticolo). In assenza del marchese Carlo Gerini, assunse la presidenza Brocchi il quale, dopo aver comunicato all’assemblea la stipulazione del contratto tra la federazione e lo zuccherificio (delegato dall’amministrazione Torlonia e con il pieno consenso della confederazione dell’agricoltura che seguiva le trattative), affermò come il nuovo accordo doveva essere un’integrazione del lodo Bottai, avendo lo scopo di stabilire: «un prezzo reale delle bietole, per quello consegnato in eccedenza e in deficienza ai pagamenti consegnati per pagamento di fitto e per quello predetto fuori Fucino, inoltre di garantire ai Bieticoltori la regolarità delle consegne durante la campagna».
Dopo aver opportunamente ricordato l’assoluta necessità già presente nel contratto nazionale, di ridurre la superficie coltivata a bietole, per non aggravare la difficile situazione, determinata dal continuo aumento degli «stocks» di zucchero invenduto e illustrando l’articolo primo del contratto, sostenne l’assoluta necessità di adeguarsi ad esso, senza cercare di sottrarsi a nuove disposizioni costruttive. Passando poi all’articolo sei (relativo al prezzo), appena chiarita la formula relativa alla determinazione del «prezzo per grado polarimetrico», spiegò come un opportuno servizio di controllo di laboratorio, disciplinato da un regolamento, procedesse alla determinazione «della media di campagna, da servire al calcolo suddetto».
Il consigliere Calabrese di Trasacco, chiese come doveva essere determinato il prezzo di valore per le eccedenze per chi avesse effettuato le consegne nel primo periodo della campagna e chi nell’ultimo. Il dottor Brocchi rispose che, per l’anno corrente e per evidenti ragioni, l’ufficio tecnico stava elaborando un modo per ottenere un’equa e perfetta attribuzione dei valori per il prodotto depositato. Poi, illustrando l’articolo otto (riguardante i compensi di trasporto), fece notare come essi rimanevano invariabili, nonostante le pesanti riduzioni subite nelle zone di approvvigionamento dell’Italia centrale. Infine, dopo aver reso evidente anche l’articolo dieci (riferito ai pagamenti), mise in risalto come in relazione alle «polpe, si sia ottenuta la riduzione di 25 centesimi a quintale sul prezzo delle fettucce [polpe] spettanti a pagamento del bieticoltore» (2).
In realtà, il lodo Bottai, già entrato in applicazione da qualche tempo, prevedeva che il criterio in base al quale dovesse essere determinato l’equo canone d’affitto per le terre del Fucino, doveva essere quello adottato «nel precedente Lodo, cioè in natura, e precisamente in bietole da corrispondersi nella stessa misura determinata nel Lodo del 1929», restando naturalmente esclusi i pochi affittuari che non coltivavano bietole, per i quali il canone in denaro era ridotto del 10%. Per tali ragioni, quasi tutti gli affittuari del Fucino, avevano la possibilità e l’obbligo, di coltivare bietole da zucchero in misura tale «da poter pagare l’estaglio [canone in denaro] per tutta la superficie tenuta in affitto».
Naturalmente, di fronte alla crisi che attanagliava l’industria dello zucchero in Italia, con rimanenze di circa un milione di quintali, fu necessario, nell’interesse degli stessi bieticoltori e dell’economia nazionale, limitare la superficie da investire in bietole. Di conseguenza, anche nel Fucino gli agricoltori dovevano strettamente attenersi ai limiti di superficie consentiti dalla legge. Oltremodo, si informarono tutti gli interessati che: «I mezzi per la coltivazione delle bietole sono anticipati, come negli altri anni, dal locale zuccherificio in ragione di L.860 per ettaro, mentre tutta l’assistenza, per quanto riguarda la consegna delle bietole stabilite e degli eventuali esuberi, è affidata alla Federazione Bieticoltori per l’Italia centrale, cui i bieticoltori corrispondono L. 0,10 per quintale di bietole consegnate al netto». In conclusione, gli affittuari del Fucino, che erano in massima parte bieticoltori, potevano coltivare le «bietole per corrispondere l’estaglio al padrone in quei limiti consentiti; le anticipazioni finanziarie sono fatte dallo Zuccherificio».
L’articolo terminava, con alcune convinzioni espresse dal duce, in considerazione dell’economia nazionale, laddove gli agricoltori del Fucino dovevano ben dimostrare anche in questa occasione: «quella disciplina cosciente a cui non sono venuti mai meno. Non mancherà ad essi così tutta l’assistenza delle organizzazioni sindacali e delle autorità politiche che hanno stabilito i relativi contratti» (3). Tuttavia, la nuova situazione fu contrassegnata dal moltiplicarsi di lagnanze, tenute sotto controllo da Giovanni Torlonia che, l’anno dopo, verrà nominato dal governo fascista, presidente della federazione provinciale agricoltori (4).
NOTE
- Il Popolo d’Italia, Anno XVIII – Num. 80, Venerdì 3 Aprile 1931. Ferme ottimistiche dichiarazioni del Capo del Governo.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno IX – Roma, 3 Maggio 1931, p. 5. La campagna bietolifera nella Marsica.
- Ivi, Anno IX – Roma, 10 maggio 1931, p.5. I contratti agrari del Fucino e la coltivazione delle bietole.
- Archivio Torlonia, IX. Amministrazioni diverse, b.141, 72.2, 19 marzo 1932 Aquila: Ritagli di giornali relativi all’insediamento di Giovanni Torlonia a Presidente della Federazione provinciale Agricoltori.