All’inizio del 1929, il partito fascista era diventato: «un partito molto diverso da quello di tre-quattro anni prima. Era un partito che, a dieci anni dalle sue prime manifestazioni di vita e a sette dall’andata al potere, non solo aveva mutato i suoi connotati socio-politici più tipici ma aveva trovato una collocazione nella società italiana molto diversa». In questo scenario, oltre alle particolari condizioni politiche, propagandistiche e funzionali, occorre tener conto di altri fattori ritenuti positivi che mostravano una normalizzazione del regime ampiamente illustrata dal ministro Giuseppe Bottai in: «Critica Fascista». Nel suo editoriale, egli tracciò un bilancio delle realizzazioni del governo dal 1922 al 1928, affermando che bisognava lavorare ancora molto per costruire una vera classe dirigente fascista, scaturita dai nuovi ceti piccoli e medio borghesi, espressione spontanea di ogni borgo agricolo provinciale (1).
Meno demagogico e meglio indirizzato sul piano pratico, era stato invece il monito lanciato l’anno precedente da Cosimo Palumbo sulle pagine del «Popolo di Roma», che rilevò con spirito critico un territorio marsicano imbrigliato da un’inerzia indolente. Alieno da ristrette idee campanilistiche e dai consueti egoismi regionali, il giornalista era stimato dall’opinione pubblica come: «studioso delle condizioni e dell’anima del popolo Marsicano».
Sulla scia di questo importante resoconto, Nicola Amore De Cristofaro, segretario generale della delegazione mandamentale fascista dei commercianti, si chiese allora: «Come aiutare la Marsica?». E perché, dunque, il governo nazionale fascista «che con tanto spontaneo interesse ed alta munificenza ha promesso la rinascita delle Regioni provate dalla sventura, non completa l’opera sua benemerita, dando impulso maggiore alle più importanti attività di questa zona Marsicana?» (2). Eppure era noto che la zona offriva infinite risorse, poiché da un paese prevalentemente agricolo, traevano vita le varie industrie e il commercio. Rimangono interessanti sull’argomento altre importanti osservazioni: «Il Fucino ha un’esportazione media annua di circa un milione di quintali fra patate, legumi e cereali diversi (grano duro fucense); lo Zuccherificio, fra i più grandi d’Italia, è alimentato esclusivamente dalla barbabietola del Fucino. Il suolo è ricco anche di risorse minerali: basterà ricordare le miniere di bauxite di Lecce de’ Marsi, Ovindoli e di Villavallelonga, le quali forniscono lo stabilimento di Bussi per la fabbricazione dell’alluminio; le fornaci di Capistrello, che si annoverano fra le prime d’Italia e la cava di marmi anche di Capistrello, tanto simile a quelle delle Alpi Apuane; le cave di pozzolana di Pescina, etc. Inoltre, lo sviluppo dell’energia elettrica supera i bisogni della Regione. Ma tutte queste energie e tutte queste immense possibilità se non sono alimentate e aiutate con industrie ausiliari, finiscono per esaurirsi e eliminarsi».
Occorreva pur riconoscere che ingenti furono le somme elargite dal governo fascista per la ricostruzione degli edifici ma, la rinascita della Marsica: «sarebbe seriamente compromessa e cadrebbero nel nulla gli sforzi fatti per risollevare le industrie e i commerci d’una Zona così importante d’Abruzzo, se il Governo Nazionale Fascista non persistesse ancora nella considerazione nella quale ha tenuto sempre la nostra regione». D’altra parte, affermò ancora De Cristofaro: «non dobbiamo attenderci tutto dal Governo, come la provvida manna dal cielo. Si deve invece mostrare da parte delle Autorità locali e da parte dei singoli cittadini un certo fattivo interesse e disposizione alle iniziative industriali e agricole, che l’opera del Governo dovrebbe solo potenziare. Nella nostra terra vi sono energie latenti da risvegliare che, se sfuggono all’attenzione di chi non conosce per pratica o per studio la nostra regione, non devono certo essere trascurate dalle nostre Autorità locali e dai nostri corregionali, i quali dovrebbero vedere in esse un nuovo compito di viva ed immediata attuazione». In realtà, l’analisi del segretario generale, evidenziava con nota polemica, che il governo stava incoraggiando l’impiego di capitali per lo sfruttamento delle risorse del territorio: «in vista del progresso del proprio paese e deplorava le tendenze di coloro ai quali non mancavano risorse economiche, ma preferivano godersi il frutto dei loro capitali eleggendosi uno stato di vita ignava ed inerte che cozzava con lo spirito nuovo della Nazione». In effetti, dopo un primo periodo di operosa ricostruzione, la Marsica era ricaduta in uno stato di triste abbandono, come da più parti fu segnalato. Perciò s’invitava tutta la popolazione, le autorità locali e agli imprenditori a reagire con sacrifici e iniziative personali per risollevare: «l’opera del Governo ed accogliendola nel modo migliore, dimenticando quegli istinti egoistici, già da qualcuno altra volta manifestati, per cui si volle vedere nell’opera benemerita del Governo solo una buona occasione per curare i propri interessi, indipendentemente da ogni più alto fine». L’augurio finale di De Cristofaro, fece appello al fervore fascista che pulsava in tutta Italia e, soprattutto, all’orgoglio della popolazione marsicana, combattiva e vincente, speranzosa di non essere dimenticata dai prossimi provvedimenti del governo. L’articolo terminò con un auspicio importante: «La regione Marsicana spiegherà energie nuove e un rinnovato spirito d’intraprendenza, il quale incoraggiato e convalidato dall’opera del Governo Nazionale Fascista, farà attingere sempre più alto. Hoc est in votis!» (3).
NOTE
- R.De Felice, Mussolini il fascista, II. L’organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, pp.353-354.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno XI – Num.852 – Roma, 3 Febbraio 1929, Impressioni sulla Marsica.
- Ibidem.